Cose che sono cambiate
Stamattina mi sono messa gli stivali con le palle. Chi mia seguita a Monaco li conosce, per gli altri, li vedete qui. Me ne ero innamorata nel 2005, appunto quando vivevo a Monaco di Baviera. Lì li portavano tutti. Qui un po’ meno. Infatti la gente mi guarda abbastanza strano. Ma il punto non è questo. Il punto è che nel 2005 pesavo 68 kg. Ricordo che gli stivali mi stringevano sui polpacci (si vede anche nella foto), e che infilarci dentro i jeans era un’impresa. Oggi peso 51 kg e i piedi ci sciacquano dentro. I jeans tendono addirittura ad uscire di fuori. Dovrei essere contenta, vuol dire che sono effettivamente dimagrita. Invece penso a come tutto sommato è lontana Monaco, e a quanto si allontani sempre di più. Non che sia un dramma. È solo un treno che è passato. Anzi meno male che sia riuscita a salirci su per tre mesi…
Cose che non cambiano
Sabato è uscito il mio racconto su Repubblica. L’ho vissuto come un fatto epocale. Non so, giudicate voi: nel 2006, più o meno sempre in quelle pagine lì dove ora c’era il mio scritto, ci avevo letto un racconto di Camilleri. Qualche settimana fa da lì era transitato McEwan. Mentre ero sull’aereo, mi faceva uno strano effetto vedere la mia vicina di posto che leggeva Repubblica. Poi, arrivata alla pagina della cultura ha drasticamente virato su Libero, quindi dubito mi abbia letta, e in ogni caso il ritrattino non è che somigliasse così tanto alla mia faccia ora.
Pensavo sarebbero cambiate delle cose, perchè i fatti epocali questo fanno: sconvolgono il normale scorrere degli eventi. Che cosa poi nello specifico dovesse cambiare, sinceramente non so dirlo. Però su una cosa ci contavo: che avreste commentato. E invece insomma. A dirmi qualcosa sono in pochi, perchè, a quanto mi è dato di capire, in pochi hanno letto. È stato un episodio, quindi. Un bell’episodio, ma senza conseguenze. Ennesima dimostrazione che la vita segue percorsi tutti suoi, che difficilmente riusciamo a dipanare.
P.S.
Pare che tra oggi e domani su www.librimondadori.it dovrebbe comparire il famigerato raccontino di Repubblica. Monitoratelo se vi va di leggerlo. Magari quando appare metto il link diretto
Cose che ritornano
Nel 2005 presi una decisione. Il post corrispondente lo trovate qua. Col senno di poi, sappiamo com è andata a finire: tre mesi a Monaco di Baviera, qualche mese in Italia a cercare senza frutto lavoro, e poi il ritorno in seno alla ricerca, nello stesso posto dove lavoro ora. Un paio di giorni fa ho chiuso il cerchio: il mio contratto scade il 31 dicembre. Avrei la possibilità di rinnovarlo per altri sei mesi e poi tentare un concorso. Non mi avvarrò di questa facoltà. Mi dimetto, mi prendo nove mesi diciamo di pausa (ma di lavorare ho comunque voglia, e lo farò), poi tenterò il concorso di dottorato. Esattamente quello cui avevo deciso di rinunciare in quel luglio del 2005. All’epoca mi venne detto che in verità nella vita c’è poco da decidere: è lei che ti porta dove vuole. Ecco, è proprio vero. Potrei enunciare le duemila ragioni che mi hanno condotto a questa scelta, e che si riassumono semplicemente nel fatto che ho bisogno di riposo, per davvero, perchè inizio a diventare isterica e non è un bel segno. Ma tutto sommato mi pare solo che il dottorato, o almeno il concorso per vincerlo, fosse nel mio karma.
Ovviamente mi sto chiedendo se è la decisione giusta, bla bla bla. È solo una decisione, per fortuna non irreversibile. Non esco dalla ricerca. I contratti ci sono sempre, magari non a tempo determinato, ma adesso è proprio il lavoro dipendente, il mio problema. Quando hai due lavori gli orari rigidi possono essere un grosso problema.
Per cui, nulla, è la mia ultima settimana qua: gli ultimi pranzi coi miei colleghi nella mensa fighissima di questo posto, le ultime lezioni nella palestra interna, gli ultimi giorni a questa scrivania. Incrociamo le dita. In futuro non mi dispiacerebbe incrociare di nuovo la via di questo posto, dove sono stata bene per un anno e mezzo. È l’ASDC che mi ha riconciliata con la ricerca, è Gaia che mi ha messo voglia di ricominciare prima e di continuare ora.
Goodbye everybody, I’ve got to go. Ma non è detto che non torni. La vita tutto sommato va avanti per grandi cerchi.