Archvi dell'anno: 2007

Ancora Interviste

Questa l’ho fatta a Mirano circa un mese fa, quando sono salita lì per una presentazione. La trovate qui. Enjoy

Intervista per Uno Tv

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Circo

Rieccomi qua dopo le feste. Ho mangiato (ma forse complessivamente meno di quanto credessi), ho aperto un sacco di regali, e adesso mi godo l’atteso riposo. Lasciamo perdere che ho già trovato nuovi argomenti intorno ai quali angustiarmi anche durante queste feste. Tanto so di essere fatta così. La verità è che la vita andrebbe presa un po’ come un pezzo alla chitarra, o un esercizio ginnico: per fartelo venire bene non ci devi pensare. Io invece ci penso sempre, ma ho la fortuna che poi alla fine le cose mi vengono bene ugualmente. Non occorrerebbe però contare troppo sulla fortuna…
In ogni caso, ieri sera sono andata al circo. Non ho una gram passione per la cosa, a parte l’innamoramento per il Cirque du Soleil. Stavolta però si trattava di circo sul ghiaccio, e a me il pattinaggio artistico piace moltissimo. Così ho resistito alle temperature non proprio miti e ben imbacuccata ho assistito alla cosa.
Innanzitutto, ennesima sensazione straniante. Tra artisti vari che volteggiavano sul ghiaccio, ad un tratto si è inserita una ragazza minutissima, dotata di un lungo drappo di stoffa bianca, che ha appeso in aria. L’hanno issata su e, a tempo di musica, ha iniziato a fare una serie di evoluzioni complicate appesa al drappo di stoffa. Suppongo abbiate capito di che numero sto parlando. Mi è sempre piaciuto molto. Non so, mi affascina questa sfida alla gravità, e la perfezione di quei movimenti appesi tra terra e cielo, e la precarietà di quell’equilibrio e di quell’eleganza, acquisita a prezzo di chissà quante ore di sudato esercizio. Aprezzo così tanto la cosa che un po’ di tempo fa ne ho scritto. È successo più o meno dopo che avevo visto il Cirque du Soleil, e da allora non mi era più capitato di vedere questo numero. È strano vedere una cosa di cui hai scritto. È come se i tuoi personaggi in qualche modo si incarnassero. Così, la ragazza che volteggiava là su in realtà non era l’acrobata russa del circo, era la ragazzina di cui avevo scritto io. A terra non c’era ghiaccio, ma una pedana in terra battuta. E nella platea, a guardare le evoluzioni dell’acrobata, c’era chi so io, combattuta tra l’ammirazione e una certa dose di invidia. Un po’ come me.
Ma a parte questo, è stata una bella serata in generale. Mi piace sempre vedere gente che abbia un controllo così assoluto sul proprio corpo, forse proprio perchè io non ne ho nessuno. Io inciampo nei miei piedi, e sto facendo una fatica del diavolo a coordinare la mia mano destra che pizzica le corde e la sinistra che pigia i tasti, quando suono la chitarra. Loro invece correvano e saltavano sul ghiaccio in un tripudio di muscoli allenati e tendini obbedienti.
Ho pensato che è bello quando il corpo ti obbedisce per davvero. Che c’è una segreta soddisfazione in un esercizio ginnico ben riuscito, in una canzone ben fatta ad uno strumento. Perchè credo sia quello il momento in cui anima e corpo vanno per davvero d’accordo. Vincere sulla nostra carne, piegarla ai nostri desideri, è riuscire ad avere un corpo che ci somiglia per davvero. È in quel momento, quando la mente si dissolve nella concentrazione dell’esercizio, e ci sono solo i muscoli che si contraggono, le dita che corrono sulla tastiera, che finalmente ciò che siamo emerge. Il corpo non è più quell’involucro che, sì, ci fa comunicare con l’esterno, ma che è anche una barriera, l’interprete imperfetto di ciò che ci si agita nel profondo. Diventa invece il fedele esecutore dei nostri sentimenti più profondi, in un’unione tra spirito e carne che ha qualcosa di esaltante. Controllare i propri movimenti, il proprio corpo, vuol dire riuscire ad esprimersi per davvero, vuol dire comunicare a tutti i livelli.
Chi scrive, tutto sommato, aggira il problema. Affida al corpo il minimo indispensabile del lavoro, il semplice ticchettio delle dita sulla tastiera. È l’anima che cerca una scorciatoia, che se ne esce in rivoli di parole da un corpo che per un motivo o per l’altro la vincola. Ma la comunicazione verbale ha dei limiti. Sarà per questo che sto cercando di imparare a suonare, non lo so. So che c’è un tale senso di calma e pace nelle mie dita che pizzicano le corde, una tale tranquillità nel mio corpo che scivola nell’acqua, quando nuoto. Come fare l’amore.
E insomma, sono stata lì a guardare questi corpi colti nella perfezione dei gesti, e ho pensato che a noi che scriviamo quelli son mondi preclusi, che al massimo possiamo raccontare. Però in fin dei conti ognuno ha i suoi talenti, e anche quello dell’affabulazione è un dono da non disprezzare. Tuttaltro.

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It’s a new dawn, it’s a new day, it’s a new life

Oggi è il primo giorno della mia nuova vita. Da oggi sono in ferie, ma in verità a lavoro non ci tornerò più. Da oggi e per nove mesi studierò, scriverò, e lavorerò a ritmi meno sostenuti di prima.
Mi mancheranno i miei colleghi (ma non credo perderemo davvero i contatti, ci vedremo solo un po’ di meno), mi mancherà la palestra e la clamorosa mensa dell’ESA. Forse mi mancherà persino l’open space, quell’invenzione diabolica che mi costringeva, ad ogni telefonata, ad uscire fuori a parlare, che fosse bello o piovesse. Però dovevo darci un taglio. Sono stata male quest’ultimo mese. Ho bisogno di riprendere possesso di casa mia e della mia vita, ho bisogno di sedermi e riflettere, di scegliere di nuovo la mia professione. Non sarà facile e lo so, perchè ci sono cose che non cambiano, difficoltà che restano anche se non devo più fare 36 ore settimanali a lavoro. Ma è da qualche mese che mi firmo sulle mail con una frase di Berserk: dovunque si vada, ciò che ci aspetta è sempre un campo di battaglia. L’ho sempre saputo. Occorre imbracciare di nuovo scudo e spada.
Tutto sommato non credo cambierà molto. Non so cosa aspettarmi. Le mie paure restano, vivono assieme a me e forse mi servono persino per andare avanti. Ognuno trova il proprio equilibrio nei modi più strani e incoerenti. Il mio passa attraverso una certa dose di autocommiserazione, di complessi di inferiorità e paure varie. È un passo avanti anche ammetterlo.
Intanto, comunque, ieri ho inaugurato il nuovo corso con qualche ora di brain storming su una nuova storia. È sempre bello farsi largo tra le nebbie del possibile, far fiorire una singola idea e cercarne di nuove. E poi quel momento fantastico, in cui senti che le cose iniziano a girare. È come se sentissi le rotelle mettersi in moto nella mia testa, e ingranare. Ieri sera è successo. Speriamo che l’idea produca i suoi buoni frutti. Io già mi sento abbastanza fomentata, e ho voglia di raccontarla, questa storia. Vedremo.
Credo che il blog non tornerà prima del 27. Stasera vado da mia suocera per la vigilia, domani vado a Benevento e ci resto fino al 26. Dunque, auguri a tutti e grazie per questi tre anni insieme. Grazie per l’affetto sconfinato, per il sostegno, per tutto quello che abbiamo condiviso da quell’aprile del 2004, in cui iniziai a raccontarvi di Nihal. Buon Natale a tutti.

P.S.
Ho messo sulla home il biglietto di auguri di quest’anno. È orrido, lo so. Purtroppo la mia conoscenza di gimps è ancora approssimativa, quindi sono dovuta scendere a patti con la mia incapacità e accontentarmi di quel che son riuscita a produrre. Mettiamola così: l’ho fatto con tanto affetto (e c’ho messo tre ore).

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Per farsi quattro risate

Adesso i filmatini sul sito Mondadori si vedono.

Primo

Secondo

Eravamo a Madrid, in questo albergo, dove si teneva la convention annuale della Mondadori, era sera, io avevo già la febbre ed ero anche come al solito brilla di mezzo bicchiere di vino. Abbiate pietà delle mie dichiarazioni :P

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Licia vs Harry Potter

Mia intervista su Harry Potter

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Breve Segnalazione

È uscito il racconto uscito su Repubblica sabato scorso u www.librimondadori.it. Il link è questo

Speciale Licia

Ci trovate anche un paio di mie intervistine fatte quando sono andata a Madrid questa primavera. Enjoy!

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A volte non si cambia idea

Ieri sera mi sono dedicata ad un atto di doverosa magnanimità: ho concesso una seconda opportunità a La Vendetta dei Sith.
A me Star Wars piace, e anche molto. Potete intuirlo leggendo qui. L’idea di base, il mondo, posseggono una potenza che è passata indenne attraverso venti e passa anni e tre film orribili che hanno aggiunto l’inutile a quel che era già perfetto in sè. Ma, l’avrete capito, non amo particolarmente i tre nuovi prequel. Dei primi due film ho parlato qua, mentre quando vidi il terzo mi produssi in questa recensione.
Però, ora che li hanno ridati in televisione, li ho rivisti. Perchè, appunto, sotto c’è comunque Star Wars, e perchè tutto sommato speravo di ricredermi.
Così, ieri sera, mi sono messa sul divano sotto la copertina e mi son goduta il film. Piccola parentesi: io ho il televisiore col digitale, ma non l’avevo mai sfruttato. Lo trovo sostanzialmente inutile. Al massimo è un televideo con una grafica più figa. Invece ieri ho scoperto che ti dà la facoltà di vedere i film in versione originale. Che è quello che ho fatto: tra le pecche di Star Wars III c’era un doppiaggio scandaloso, e mi ero sempre chiesta se le cose andassero meglio in versione originale. Così, ieri, film in inglese. Chiusa parentesi.
Sento molto le tematiche di questi prequel. È come se per certi versi mi riguardino da vicino, perchè anche a me, qualche anno fa, capitò di scrivere di una caduta. Il tema del passaggio alla malvagità di un cattivo è un tema epico, grandioso, meraviglioso, che ci coinvolge tutti. Eppure quando vedo La Vendetta dei Sith mi accorgo che anche il più grandioso dei temi può essere miseramente rovinato, se non si sa raccontare per bene una storia.
Non ho cambiato idea, insomma. Star Wars III è una promessa non mantenuta. È un racconto col tema più bello che si possa immaginare, ma raccontato coi piedi. Ho notato tante piccolezze che la prima volta mi erano sfuggite; il montaggio alternato che mostra Anakin sempre più tormentato e Padme preoccupata, mentre in lati opposti di Coruscant guardano lo stesso tramonto. L’Imperatore che tira i banchi del Senato su Yoda come fossero tessere del domino, e ride follemente. Padme che assiste alla morte della repubblica e pronuncia la frase storica: So this is how liberty dies. With thunderous applause. Piccole perle in un film che tutto sommato risulta ben girato. Poi però ti accorgi che gli attori sono praticamente tutti fuori parte, e si aggirano confusi per la pellicola, cercando di capire con quale tono uni debba recitare certe battute. Ti rendi conto che la sceneggiatura non c’è, che Anakin è un personaggio fuori fuoco, che Padme ha subito un espianto di attributi tra il secondo e il terzo film, che il pathos non c’è, nonostante la storia sia quella di una tragedia.
Mi fa sempre un po’ tristezza vedermi questi film: penso a quel che sarebbe potuto essere, a quanto maledetto potenziale ci sia sotto. Il talento e le buone idee sprecate mi mettono sempre malinconia.

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Freddo

In questa stanza siamo in cinque. I computer accesi sono sette. Il riscaldamento segna 27°. Ecco.
Io però sto lavorando conciata così

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Changes

Cose che sono cambiate
Stamattina mi sono messa gli stivali con le palle. Chi mia seguita a Monaco li conosce, per gli altri, li vedete qui. Me ne ero innamorata nel 2005, appunto quando vivevo a Monaco di Baviera. Lì li portavano tutti. Qui un po’ meno. Infatti la gente mi guarda abbastanza strano. Ma il punto non è questo. Il punto è che nel 2005 pesavo 68 kg. Ricordo che gli stivali mi stringevano sui polpacci (si vede anche nella foto), e che infilarci dentro i jeans era un’impresa. Oggi peso 51 kg e i piedi ci sciacquano dentro. I jeans tendono addirittura ad uscire di fuori. Dovrei essere contenta, vuol dire che sono effettivamente dimagrita. Invece penso a come tutto sommato è lontana Monaco, e a quanto si allontani sempre di più. Non che sia un dramma. È solo un treno che è passato. Anzi meno male che sia riuscita a salirci su per tre mesi…

Cose che non cambiano
Sabato è uscito il mio racconto su Repubblica. L’ho vissuto come un fatto epocale. Non so, giudicate voi: nel 2006, più o meno sempre in quelle pagine lì dove ora c’era il mio scritto, ci avevo letto un racconto di Camilleri. Qualche settimana fa da lì era transitato McEwan. Mentre ero sull’aereo, mi faceva uno strano effetto vedere la mia vicina di posto che leggeva Repubblica. Poi, arrivata alla pagina della cultura ha drasticamente virato su Libero, quindi dubito mi abbia letta, e in ogni caso il ritrattino non è che somigliasse così tanto alla mia faccia ora.
Pensavo sarebbero cambiate delle cose, perchè i fatti epocali questo fanno: sconvolgono il normale scorrere degli eventi. Che cosa poi nello specifico dovesse cambiare, sinceramente non so dirlo. Però su una cosa ci contavo: che avreste commentato. E invece insomma. A dirmi qualcosa sono in pochi, perchè, a quanto mi è dato di capire, in pochi hanno letto. È stato un episodio, quindi. Un bell’episodio, ma senza conseguenze. Ennesima dimostrazione che la vita segue percorsi tutti suoi, che difficilmente riusciamo a dipanare.
P.S.
Pare che tra oggi e domani su www.librimondadori.it dovrebbe comparire il famigerato raccontino di Repubblica. Monitoratelo se vi va di leggerlo. Magari quando appare metto il link diretto

Cose che ritornano
Nel 2005 presi una decisione. Il post corrispondente lo trovate qua. Col senno di poi, sappiamo com è andata a finire: tre mesi a Monaco di Baviera, qualche mese in Italia a cercare senza frutto lavoro, e poi il ritorno in seno alla ricerca, nello stesso posto dove lavoro ora. Un paio di giorni fa ho chiuso il cerchio: il mio contratto scade il 31 dicembre. Avrei la possibilità di rinnovarlo per altri sei mesi e poi tentare un concorso. Non mi avvarrò di questa facoltà. Mi dimetto, mi prendo nove mesi diciamo di pausa (ma di lavorare ho comunque voglia, e lo farò), poi tenterò il concorso di dottorato. Esattamente quello cui avevo deciso di rinunciare in quel luglio del 2005. All’epoca mi venne detto che in verità nella vita c’è poco da decidere: è lei che ti porta dove vuole. Ecco, è proprio vero. Potrei enunciare le duemila ragioni che mi hanno condotto a questa scelta, e che si riassumono semplicemente nel fatto che ho bisogno di riposo, per davvero, perchè inizio a diventare isterica e non è un bel segno. Ma tutto sommato mi pare solo che il dottorato, o almeno il concorso per vincerlo, fosse nel mio karma.
Ovviamente mi sto chiedendo se è la decisione giusta, bla bla bla. È solo una decisione, per fortuna non irreversibile. Non esco dalla ricerca. I contratti ci sono sempre, magari non a tempo determinato, ma adesso è proprio il lavoro dipendente, il mio problema. Quando hai due lavori gli orari rigidi possono essere un grosso problema.
Per cui, nulla, è la mia ultima settimana qua: gli ultimi pranzi coi miei colleghi nella mensa fighissima di questo posto, le ultime lezioni nella palestra interna, gli ultimi giorni a questa scrivania. Incrociamo le dita. In futuro non mi dispiacerebbe incrociare di nuovo la via di questo posto, dove sono stata bene per un anno e mezzo. È l’ASDC che mi ha riconciliata con la ricerca, è Gaia che mi ha messo voglia di ricominciare prima e di continuare ora.
Goodbye everybody, I’ve got to go. Ma non è detto che non torni. La vita tutto sommato va avanti per grandi cerchi.

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Segnalazione

Quanto sto per dirvi appare incredibile anche a me, ma sembra sia vero…Insomma, domani su Repubblica dovrebbe uscire un mio racconto. In realtà è un estratto dalla storia del Tiranno. Alcuni di voi erano curiosi circa questa mia storia che non è mai stata pubblicata; potrete togliervi un po’ di questa curiosità, se vi va.
Per i siciliani, l’appuntamento è a Siracusa domani sera alle 19.00.

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