Archivi del giorno: 26 maggio 2010

Lost, per l’ultima volta

Sapete tutti che Lost mi ha profondamente appassionata per lunghi anni. Il lutto per la fine (e che fine…) non l’ho ancora elaborato, così mi concedo l’ultimo (si spera) post al riguardo. Per tirare un po’ le somme e fare un’apologia.

Tiriamo le somme
Ricorderete che qualche tempo fa feci una lista di misteri che gradivo fossero risolti dal finale di Lost, pena l’autodafé degli sceneggiatori. Riprendiamo in mano la lista e vediamo un po’…

1. Cos’è l’isola.✔/✘
Nì. Se lo chiedi agli sceneggiatori, ti diranno che sì, hanno risposto. Anche se lo chiedi a tutti quelli che hanno amato The End. Diciamo che la risposta è più o meno “è un posto strano”. Ma posso capire che se scendere più in dettaglio significa rivedere cose come il tappo che se lo stappi l’isola affonda, allora forse mi posso accontentare della risposta data.

2. Cosa sono i sussurri.
Miracolosamente, questa la sappiamo. Sono le voci dei morti. Che si sono radunati sull’isola per quel che hanno fatto, e non se ne possono più andare. Ci sto.

3. Perché Walt è strano.
Non solo non c’è risposta a questa cosa, che è stata importante in ben due stagioni di Lost, ma hanno fatto finta che non sia mai esistita. Perché Walt dice a Locke più volte di non aprire la botola? Ah boh.

4. E Aaron?
Mentre su Walt si può dire che la storyline è stata abbandonata per raggiunti limiti d’età dell’attore, qui non ci sono scusanti. Una cavolata qualsiasi la potevano inventare. Invece no. Il sensitivo era un impostore, mi si dice. Un impostore che guarda un po’ piazza Claire sull’Oceanic 815, guarda i casi della vita. Resta un mistero anche perché Claire appaia a Kate dicendole di non azzardarsi a portare Aaron sull’isola.

5. Chi sono Jacob e Farlocke.
Questa ce l’hanno spiegata. Incomprensibile mi resta la scelta di non dare un nome al fumo nero. Ce l’avete già desacralizzato facendocelo vedere neonato, adolescente inquieto e adulto un po’ stronzo. Se non ha nome perché è una specie di incarnazione del male, avete toppato. Non lo è più da molto. Non che conti sapere il nome. Semplicemente, non c’è ragione, né di trama né tematica, per non saperlo.

6. Perché i numeri compaiono ovunque ogni tre per due.
Non si sa. I casi della vita, credo. Persino il fatto che siano associati ai Candidati è una mera fatalità, visto che Jacob dice che i nomi scritti sulla caverna sono solo nomi scritti su un pezzo di roccia. Per i candidati vale la legge di Enea in Troy (Enea in Troy si becca il palladio perché passava di lì in quel momento): basta che lo vuoi, poi conta nulla chi sei e che hai fatto nella vita. A patto che tu non sia Ben. Se sei Ben non sei degno. A prescindere.

7. Perché tutti i personaggi si sono incrociati almeno una volta nel passato, e si continuano ad incrociare anche nella realtà alternativa.✔/✘
Nì. La ragione sta nella realtà alternativa/purgatorio. Secondo gli sceneggiatori i losties sono destinati a incontrarsi, a tessere profondi legami affettivi, tali da farli contenti a passare l’eternità insieme nella Grande Luce Oltre la Chiesa (che culo, l’eternità con Kate…). Il fatto che si incontrino di continuo rappresenta questo. Che è un po’ come dire “perché sì”, ma, ehi boys, è una risposta!

8. Perché Widmore e Ben seguono delle regole nella loro sfida.✘
Boh. Per divertirsi, credo, anche perché le regole poi le infrangono e il mondo non finisce.
Episodio 9, stagione 4. Ben va incontrare Widmore nella Penthouse.
WIDMORE: Have you come here to kill me, Benjamin?
BEN: We both know I can’t do that.
Probabilmente intendeva che poi l’avrebbero messo dentro, o qualcosa del genere, visto poi Ben spara a Widmore senza troppi problemi. E non è perché Charles aveva infranto le regole uccidendo Alex; quello l’aveva già fatto quando avviene il dialogo citato

9. Cos’è la malattia.
Uno scherzo, credo. Una scusa per l’ennesima scena di tortura di Sayid. Un modo per fare un po’ di tensione nella sottotrama di Des e Inman chiusi nella botola. Una cazzata, insomma.

10. Cosa aveva visto davvero Desmond quando ha detto a Charlie “hai da mori’, perché così vedo Claire e Aaron sull’elicottero”.✘
Mi rispondo da sola. Niente. Desmond le avrebbe fatte tutte per andarsene e tornare da Penny, incluso far affogare Charlie. ‘Sti cazzi, era un drogato, muori che ti sta bene. Certo, questo toglie un po’ di pathos al “Not Penny’s boat”, ma in fin dei conti non ci interessa

Adesso si accettano collette per il biglietto aereo che mi permetterà di portare a termine il compito che m’ero ripromessa :P

Apologia di chi non ha apprezzato The End
Quando, in preda a furore mistico, due sere fa, alle 2.00 di notte, ho scritto il commento a The End, in cuor mio sentivo che avrei trovato molta solidarietà. Che in tanti mi avrebbero battuto una pacca sulla spalla, dicendomi con occhi tristi: “Ti capiamo, siamo d’accordo”. Il che, ok, qui sul blog è effettivamente successo, ma il mio blog è un microcosmo parziale. Quando mi sono avventurata nel grande mondo della rete, mi sono accorta che non solo nessuno mi batteva la pacca sulla spalla, ma molti mi guardavano anche con un certo schifo: io “non avevo capito”, io ero lo spettatore medio che non aveva colto la grandezza del messaggio di The End, e anzi non aveva capito proprio la serie in toto. Lì per lì ci sono rimasta male. Poi ho capito. Non avevo considerato l’Effetto Evangelion.
Evangelion trova l’unanimità dei critici fino alla puntata 20. Tutti dicono che è un capolavoro. Dalla 21 alla 26, c’è chi grida al capolavoro e chi, come me, alla paraculata finto-autoriale. In genere i secondi vengono additati come quelli che “non hanno capito”.
Ecco. Lost uguale uguale.
Io vorrei spezzare una lancia a favore di noi che “non abbiamo capito”. Perché, ragazzi, a tutti piace pensare che si è apprezzato qualcosa che è “per pochi”, ma mi spiace, non è che noi siamo scemi e voi un sacco intelligenti. Semplicemente, vediamo le cose sotto prospettive diverse.
Cosa ci dice The End? Ci dice che l’amore vince su tutto e ci salva (infatti in Chiesa sono tutti accoppiati) e ci spiega che i personaggi hanno concluso la loro parabola. Che non è che mi sembra esattamente il messaggio più originale del mondo, né più complesso da comprendere. D’altronde, il “siamo tutti morti e non lo sapevamo” è la soluzione di trama più antica del mondo, come già detto da qualcuno meglio di me. Senza contare che Claire e Kate debbono aver avuto una ben misera vita post isola (o sono morte decisamente prematuramente) se non sono riuscite a creare altri legami al di fuori di quelli sull’isola e sono liete di passare l’eternità insieme agli altri losties. Ma dico, un marito, un figlio, un cazzo di amico? No? Senza contare l’intrinseco razzismo di un messaggio che prevede la salvezza eterna solo per chi è in coppia, come se il senso di una vita fosse solo a due. Il fatto che questo valga per il 90% della popolazione mondiale non significa che questo sia l’unico modello valido di realizzazione di sé.
L’altra grande accusa a noi che “non abbiamo capito” è che non ci siamo mai resi conto che Lost È i personaggi. Che quel che ha sempre contato è solo la loro storia. E grazie. Una storia senza personaggi non è una storia. E infatti un finale che chiarisse tutti i misteri, ma non ci dicesse nulla circa il destino dei losties sarebbe stato insensato. Senza contare che la parabola di molti personaggi era chiusa già da parecchio (tipo, Kate cosa ha detto in questa stagione? E Sayid, al quale restava davvero solo da compiere l’estremo sacrificio, che però avrebbe facilmente potuto portare a termine ben prima di The End? E Miles?). Ora, se davvero Lost fosse stata “i personaggi” non c’era ragione di ambientare tutto su un’isola così strana, né di sottolinearne la stranezza ogni tre per due. E lo fanno, ah, se lo fanno. Che so, io non mi sarei mai soffermata a pensare che la statua di Tawaret ha quattro dita dei piedi. È Sayid che mi ci ha fatto pensare, rimarcandolo nel season finale della seconda stagione. Se un personaggio si perita di mettermi in evidenza un particolare del genere, io penso che prima o poi la cosa sarà importante. Non è che sono scema, è che la narrazione funziona in genere così. E invece questa cosa (secondaria, siamo d’accordo) non ce la spiega nessuno. Per altro, non è che tutte le statue di Tawaret hanno quattro dita ai piedi (questa non ce l’ha, per dire).
Questo vale per duecento miliardi di altri particolari, più o meno preminenti. Il fatto che ci si attendesse una spiegazione per tali particolari non è dovuto a cecità. È che, ripeto, una storia si racconta in genere così: se sottolineo un particolare, tipicamente poi lo spiego. Se non lo sottolineo, è una cosa che non conta. Ora, col senno di poi è evidente che l’isola e tutti i suoi misteri sono solo red herring (per i non anglofoni: elementi di trama volti solo a sviare l’attenzione). Solo che queste red herring non servono a sviare l’attenzione: stanno lì a far massa. Se il senso di Lost, quello vero, era farci vedere personaggi che evolvono, tutte le puntate sulla mitologia sono perdite di tempo, tutto ciò che approfondisce tematiche connesse agli Altri, alle donne che non partoriscono e via così sono elementi ininfluenti sulla trama, e quindi sono sostanzialmente un “errore tecnico” degli autori. Poi, vabbeh, se uno vuole fare il colto mi può dire che esistono opere che fanno della loro incompiutezza una firma stilistica: Quer Pasticciaccio Brutto de Via Merulana non finisce, ed è giusto così. Un libro che parla dell’esistenza come “gliommero”, inestricabile nodo del quale non è possibile trovare il capo, dell’impossibilità di trovare un senso, giustamente finisce a metà. Il senso di frustrazione eventualmente provato dal lettore (io non l’ho provato, comunque) fa parte del significato del libro. Ma innanzitutto il Pasticciaccio non si propone di essere un prodotto pop, come Lost, e poi lì c’è compattezza tematica. Tutto conduce a quel tipo di finale: dalla lingua alla trama, ogni cosa allude metaforicamente al caos. In Lost, francamente, no. Metà Lost punta verso The End, lo ammetto, l’altra metà punta su quaranta tematiche differenti, a volte mistico-religiose, a volte sci-fi. Al che mi rendo conto che Lost era in effetti destinato a fallire dall’inizio della stagione 3, quando nel plot, fin lì tutto sommato abbastanza lineare, sono stati inseriti tutta una serie di elementi autocontraddittori. A rendersene conto prima…
Infine, ci sono quelli che dicono “è stato tutto spiegato, e voi non avete capito”. E, di fronte a questa obiezione, io proprio taccio. Anzi, invito chiunque abbia capito tutto a venirmelo a spiegare; ammetto le mie ignoranze, quando me le sbattete in faccia.
Insomma, questa è la mia apologia. Un segno che non me ne faccio una ragione? Probabilmente. Ma giuro che da qui in avanti proverò a chiudere per sempre l’argomento e passare oltre.

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