Non è stato semplice, ma sono riuscita a tornare da Pietrasanta.
Per chi non fosse aggiornato sulla situazione, venti minuti dopo l’arrivo in loco, la batteria della 147 ha pensato bene di defungere e non dare più segni di sé fino alla mattina della partenza, quando la macchina non è partita neppure con i morsetti. Un’ora di panico prima dell’arrivo dell’elettrauto (si sarà rotto qualcosa? Si porteranno la 147 in officina? Resterò in eterno a Pietrasanta?) che ha semplicemente sostituito il pezzo e ci ha permesso di tornare quaggiù nell’afa.
Diciamo che c’è stata una vaga aura di sfiga che ha aleggiato un po’ su tutta la mia partecipazione all’evento. Per esempio, ha attaccato a piovere esattamente quando ho deciso che era tempo di farsi una bella nuotata in piscina. Che ha continuato mentre uscivo dall’albergo per andare a fare il mucchio di cose previste nel pre-presentazione. Per fortuna durante la presentazione ha solo minacciato pioggia, ma non ha piovuto.
A parte questi particolari, però, il bilancio è ottimo.
Innanzitutto perché fa sempre piacere stare un po’ con gli amici, specie quando sono lontani e non è che ci si veda spessissimo. Per altro queste sono quelle occasioni in cui uno rivede tante persone cui vuole bene, ma che incrocia solo per lavoro in contesti del genere. E poi c’era quest’aria da vacanza al mare che mi ricorda sempre le estati della mia infanzia, anche se il costume l’ho tenuto su giusto due minuti per scendere in piscina, vedere che pioveva, e tornarmene su con le pive nel sacco. C’era aria di mare, quell’atmosfera indolente da pomeriggi estivi passati sul letto a riprendersi da lunghe nuotate, e vestiti che a Roma metterei solo dopo averci pensato quaranta volte o giù di lì.
Questa brevissima vacanza per altro è stata anche un test: volevo vedere come ce la cavavamo fuori casa con Irene. Ok, c’è stato Torino, ma c’erano i miei a darmi una mano. Stavolta eravamo solo io e Giuliano a districarci tra interviste, presentazioni, incontri e mammità. Ed è andata molto, molto bene.
Mi fa piacere che Irene impari a viaggiare. Vorrei ereditasse un po’ della mia passione per il viaggio. Vorrei fosse cittadina del mondo, vorrei si sentisse a casa ovunque ci sia qualcuno che l’accolga. E quando la vedo sorridere alle persone nuove che incrociamo, quando la vedo esplorare con quei suoi occhioni e le sue manine posti che non ha mai visto, penso che siamo sulla buona strada.
E poi, certo, è andata molto bene la presentazione. Ancora non mi sono rivista. Mi hanno promossa alla piazza del Duomo, ed è stata un’esperienza lisergica: il palco da rock star, tutta quella gente assiepata là sotto…È stato bello. Spero vi siate divertiti, e non vi abbia steso a furia di chiacchiere più o meno futili. Un grazie gigantesco a Thomas di liciatroisi.eu, che innanzitutto ha trasmesso live la presentazione, e poi mi ha fatto anche una splendido regalo che asap immortalerò e vi farò vedere.
Poi, ok, confesso che, così come avevo fatto a Torino, là per là avevo pensato di seguire qualche incontro. C’era solo l’imbarazzo della scelta. Avevo accarezzato l’idea di Camilleri, per dire, che poi comunque non è venuto. Ma sapevo che con Irene al seguito e una giornata fitta di impegni sarebbe stato a dir poco proibitivo. E infatti alla fine sono riuscita a strappare solo la prima mezz’ora o giù di lì dell’incontro di Saviano. Sarei voluta rimanere fino alla fine, ma Irene ha dato parere contrario, e così sono andata via.
L’ho seguito dalle finestre dell’ufficio stampa, dove abbiamo riparato per tenere la pupa al coperto, visto che domenica sera a Pietrasanta pareva autunno inoltrato. Alla finestra, accanto a me, c’era un poliziotto che teneva d’occhio la folla. Poco prima avevo avuto un incontro strano e piacevole, di quelle storie che mi fanno capire quanto le parole scritte ti possano portare lontano, in posti dove da sola non saresti mai stata. Eravamo lì in attesa che l’incontro incominciasse, e la polizia stava piazzando i propri per il servizio di sicurezza. E c’era questo commissario (credo, sono una frana coi gradi militari), e io ero un po’ intimorita, lo sono sempre un po’ davanti all’autorità, e lui molto serio. Finché non mi ha vista, m’ha fatto un gran sorriso, s’è complimentato con me e mi ha spiegato che sua moglie è appassionata dei miei libri. Non so, m’ha fatto uno strano e piacevole effetto vederlo passare d’improvviso dalla serietà del suo lavoro a quel sorriso gentile e caldo. Eravamo in una stanza piena di libri, e Sandrone m’ha suggerito di prenderne uno e dedicarlo alla moglie. E così ho fatto, mentre lui finiva di disporre i suoi sulla piazza e nel palazzo. E io ho pensato di nuovo a quante cose tocca la carta dei miei libri, cose che io non so, che a volte sono anche più grandi di me. Ed è proprio quella carta che mi ha permesso di incontrare così tante vite, incrociarle per un attimo soltanto e condividere magari solo una stretta di mano, un sorriso timido o uno sguardo emozionato. Ma basta anche quel contatto così fugace per sentirsi uniti solo per un istante. In qualche modo quel che ho scritto, anche nella sua semplicità, anche nella sua banalità, mi ha fatto conoscere meglio i miei simili, mi ha socchiuso l’uscio su porzioni di umanità che da sola non avrei mai conosciuto.
Purtroppo, tra Irene che piangeva e io che mi sentivo in colpa perché la tenevo lì, lontana dal suo lettino per il mio piacere personale di sentire dal vivo uno dei miei scrittori preferiti, non sono riuscita a seguire al meglio l’incontro. M’ha fatto impressione veder entrare Saviano circondato da almeno una decina di persone, in una piazza circondata da carabinieri e polizia. Solo in mezzo ad una folla di almeno cinquemila persone, stando ai giornali. Solo proprio perché in mezzo a tutta quella gente. E il lungo, sentito, caldo applauso che la gente gli ha tributato mi è sembrato marcare ancor più quella solitudine. Perché per quanto potessimo spellarci le mani ad applaudire, a far sentire il nostro calore, noi siamo qui, a goderci la nostra vita, e lui è là, a combattere da solo una guerra che ci coinvolge invece tutti. E questa distanza è difficile colmarla.
Certo, è bello vedere così tanta gente star lì a sentir parlare di letteratura impegnata, di mafie. È stato bello percepire l’affetto vero di quell’applauso, del silenzio assorto che accompagnava le parole di Vargas Llosa e Saviano (a parte qualcuno che strillava da qualche parte, non riuscivo a ricostruire dove e chi). È un segno di qualcosa? Era la parte virtuosa dell’Italia, quella che stava là, come dice Giuliano, quella che magari domani cambierà le cose? Non lo so. Continuo a pensare che in questa storia a tutti noi sia richiesti un ruolo più attivo di quello dello spettatore che ascolta, applaude, e forse un po’ si commuove. Ma forse sono io ad essere un po’ pessimista.
Poi vabbeh, le parole di Saviano sulla letteratura, sulle parole che sono in grado di cambiare le cose, mi hanno scatenato pippe esistenziali su quel che scrivo a frotte. Ma quel che faccio io, le mie storie, hanno mai fatto la differenza per qualcuno, anche una differenza minima, insignificante? Parlano o stanno là mute, vivono finché le leggi, per poi morire non appena chiudi il libro? E se è così, cosa posso fare per renderle vive, per comunicare quel che ho dentro, cercare di cambiare qualcosa dalla mia scrivania? Saremo sempre innocue, io e le mie storie?
Mi consolo dicendomi che almeno ogni tanto ‘ste domande me le faccio, finché è così c’è ancora margine per un po’ di crescita.
Comunque. Come al solito il racconto delle esperienze che faccio si trasforma qui sopra in delirio informe, in una massa di suggestioni tra le quali è difficile districarsi. E tanto per aggiungere carne al fuoco, scarto, cambio argomento (più o meno) e vi avviso che oggi esce Ti Voglio Vivere di Rossella/Ninna. Io l’ho letto qualche mese fa in bozze (essere stata la testimone di nozze dell’autrice certe volte aiuta
), ma adesso lo sto rileggendo con piacere. C’ho anche le prove, esibite in fondo a questo post. Sulla copertina potete leggere il mio parere. Ragazzi, è un libro piacevole, in cui ognuno di noi può ritrovare un pezzo della propria vita. Io sono tornata indietro negli anni, ho ricordato amicizie che si sono perse nei tornanti della vita, la confusione e l’esaltazione di quegli anni, la crudeltà e la tragedia, persino. Secondo me vi divertirete anche voi a leggerlo, vedrete
.
Ah, c’è anche il sito che è un sacco carino.