Confesso di non aver guardato molte immagini del 15 ottobre a Roma. Non ne sentivo particolarmente il bisogno: quelle immagini lì si somigliano tutte, le abbiamo viste così tante volte e in così tante salse che io ci ho fatto il callo. Però, devo dire che alcune le ho guardate. È che non ci potevo credere che qualcuno le avesse scattate e qualcun altro avesse deciso di metterle tutte in fila.
Si comincia con la parata di madonne e cristi distrutti. Ora, il gesto in sé è stupido, non lo nego, ma non mi pare particolarmente più grave di sfondare la vetrina di un minimarket o dar fuoco ad una Punto del secolo scorso. Però, vuoi mettere la forza evocatrice di un’immagine del genere: l’odio che non risparmia nulla, che si accanisce contro il simbolo più alto del nostro sentire, quel crocefisso inerme…E quindi vai con immagini della madonnina rotta in tutte le salse, e sparate in prima pagina, ça vas sans dir.
Poi, la retorica dei nemici accomunati dalla violenza altrui. Ed ecco la galleria del celerino che accarezza la giovane manifestante. A me francamente pare quello schiaffetto ironico che a Roma si usa molto, seguito magari da un “ah bbella, vedi de datte ‘na carmata”, ma Repubblica ci dice che è la carezza che prelude al bacio (??).
Poi, su questo tema, baci e abbracci di giovani manifestanti. Titolo della galleria: volevano una manifestazione così. Chiosa mia: e allora vai in un albergo a ore, o fatti una passeggiata al Pincio.
Ora, perché questo profluvio di immagini mi fa arrabbiare? Perché gronda di retorica qualunquistica. Perché non è semplice atto documentale: è imposizione di uno sguardo. È una cosa che alcuni giornalisti fanno sempre: adeguare la realtà agli schemi preconcetti che hanno in testa. Quando andavo al ginnasio, partecipammo ad un progetto sulle mafie. Approfondimmo l’argomento, organizzammo anche una mostra e un evento a fine anno aperto a tutta la scuola. La cosa era in cooperazione con Libera, e forse per questo venne anche la stampa, il tg3, se non erro, comunque un tg Rai. Intervistarono un po’ di noi che avevamo lavorato sulla cosa, ma anche gente che non aveva la più pallida idea del perché fossimo là. Quando tornai a casa e guardai il servizio in tv, le interviste agli studenti erano tutte del tipo “‘a mafia è ‘na cosa bbrutta, cioè, tocca combatte’ ‘a mafia”. Confesso che ci rimasi male. Tra tutte le interviste, alcune a miei compagni di classe, che avevano detto cose intelligenti, persino necessarie, avevano pescato quelle che più facevano minus habens. Poi capii: al giornalista non interessava raccontare la nostra manifestazione, al giornalista interessava mostrare la gioventù moderna che non ha un cazzo da dire e si disinteressa. Coerentemente, aveva scelto quelle interviste che meglio si attagliavano a questa sua visione.
Ecco, le immagini delle gallerie citate (e il fatto che vengano tutte da Repubblica non è accanimento, è che io quello leggo per sapere che succede nel mondo) sono questo; uno sguardo parzialissimo che vuole ridurre la molteplicità, persino l’orrore di quel che è successo in piazza ad un frame preconfezionato: il vandalo cattivo, la gioventù che crede nell’ammòre, la situazione d’emergenza che unisce. E io, dopo quindici anni, continuo ad incazzarmici, come se non lo sapessi che funziona così.
Perché il titolo. Perché “maledetto” è l’aggettivo preferito dal giornalista pigro. Di fronte alla catastrofe, alla sfiga, o anche al disastro colposo, è tutto “maledetto”: le cronache dei nostri giornali grondano di “stanzoni maledetti”, “giorni maledetti”, “ore maledette”. Ma anche no, eh? Io non dico che l’occhio di chi racconta possa davvero essere oggettivo, e forse non sarebbe neppure giusto lo fosse. Ognuno racconta la sua verità. Possiamo però quanto meno evitare di buttarci a pesce tutti sull’unica disponibile, tipicamente quella più banale e trita?
P.S.
Oggi vi ricordo due cose. La prima è che avrò l’onore di presentare il libro di Tito Faraci “Oltre la Soglia”: il luogo è Mel Bookstore in Via Nazionale, l’ora le 18.00. Il libro, chevvelodicoaffa – mavvelodicouguale – è molto consigliato. A me è piaciuto davvero molto, per l’ambientazione, per la strepitosa idea iniziale, per i personaggi. Vi aspettiamo tutti!
La seconda è che oggi esce “Le Favole degli Dei”, primo, meraviglioso libro del Paolo Barbieri autore, oltre che disegnatore. Avrò l’onore di presentare anche lui, e così restituirgli un po’ di tutto quel che mi ha dato in questi anni. Il luogo sarà Lucca, il giorno domenica alle 12.30, presso la Sala Ingellis. Intanto prendetevi il libro, che è una pietra rara.
Concordo con Dubhe
Però hai ragione licia, maledetto lo usano in molti!
Ovviamente intendo a Lucca. xD
Sì! Allora ci sei anche domenica!
Tutto vero, tutto giusto, ma mi permetto di dissentire su un punto.
Posto che giornali e televisioni sono strumenti decaduti sia nella forma (vi viene in mente un Giornalista Serio che scriva/parli in italiano? A me no) sia nei contenuti, ma l’immagine della Madonna buttata per strada ha turbato anche me, che cristiana non sono.
Il fattore che distingue la vetrina del mini market e l’auto dal crocifisso è che quest’ultimo è il simbolo di qualcosa di sacro. Non mi interessa che vestito indossa quel sacro, se è cristiano ebreo indù, quel che vi pare; e sono d’accordo che l’importanza del minimarket nella vita del proprietario del minimarket è plausibilmente più alta di quella di una statua di gesso, ma ragazzi, è pur sempre qualcosa di sacro che è stato leso, distrutto, deriso. Ecco perchè io penso che sia un fatto molto, molto grave.
ho visto “Le Favole degli Dei” in libreria. Le immagini sono veramente spettacolari.
Magari ho frainteso io il tema del post, ma guardate che di manifestanti pacifici ce n’erano. I black bloc sono quelli del cosiddetto metodo Cossiga, cioè il metodo per il quale si fanno infiltrare nelle schiere di una manifestazione gente che va lì col solo scopo di fare casino, cosicché nessuno pensi più alle motivazioni delle manifestazioni, ma solo alla violenza.
Salto a pié pari l’argomento portante del post e mi tuffo sulla seconda parte del p.s.:ho appena ordinato “Le favole degli dei” e stando a quanto dice amazon dopodomani lo avrò tra le mie avide manine, non sto nella pelle!Ammiro tantissimo Paolo Barbieri e sono davvero contenta per lui: per il libro, per Lucca e per “Spectrum”. Spero di riuscire ad organizzarmi per essere con voi domenica!In bocca al lupo ad entrambi per tutto!
Quando ho visto le riprese su canale 5 non riuscivo a capacitarmi della semplicità con cui certe persone fanno tali gesti! Ora, io non sono la persona più cristiana del mondo, però ci sono rimasta di stucco quando ho visto come buttavano all’aria, quasi fosse un inutile pezzo di carta, la statua!Perchè quella lgente, certe cose le fa col solo intento di distruggere e di ferire! Per me si dovrebbero prendere seri provvedimenti!
P.S:Voglio ringraziarti licia per le straordinarie avventure che mi fai vivere quotidianamente leggendo i tuoi romanzi. Anche dal mio amico Ale!
Allora, qui si potrebbe discutere per ore di narrazioni, frame e altro. Discussioni nobilissime e necessarie.Si potrebbe anche parlare di giornalismo e di etica professionale.
Io preferisco parlare di mezzi di comunicazione e del fare.
McLuhan ci dice che il “medium è il messaggio” e che bisogna capire qual’è la struttura comunicativa del medium. Da questa analisi riusciamo a comprendere come il medium influenzerà i suoi fruitori, prevedendo il ccomportamento e addirittura la forma mentis che assumerà ogni volta che ne farà uso. La tv ha una funzione “rassicuratrice” e i fruitori desiderano che essa gli proponga modelli di comportamento in accordo con il loro immaginario. In questo caso la gioventù moderna che non sa che cxxo dire. Nel caso del web assistiamo ad una funzione “gratificatrice” che porta ad un aumento dell’autostima dei suoi fruitori e ad un’illusione sociale, ovvero l’appartenenza ad una più o meno ristretta comunità virtuale.
Ora aggiungiamo a questa grossolana spiegazione il fatto che i mezzi di comunicazione sono di proprietà della classe dominante, classe dominante che determina sempre quello che è il pensiero dominante.
Tutto questo ci fa capire, spero, che usufruendo di questi medium non avremo mai una rappresentazione della realtà che non sia manipolata e ristrutturata.
Cosa possiamo fare allora per cambiare le cose? Possiamo fare, agire, possiamo intervenire nel reale. Come? Innanzitutto dobbiamo decidere cosa è bene e cosa è male. Non è certemente facile e soprattutto non è una decisione che si deve prendere frequentando il virtuale, ma calandoci nella vita di tutti i giorni, uscendo nelle strade, osservando e giudicando. Troveremo dei maestri, alcuni cattivi, e non sarà facile riconoscerli, ma potremo farlo se la nostra conoscenza, la nostra cultura, sarà sufficiente. Ecco dunque la seconda cosa: studiare, leggere, imparare dal passato per capire il futuro. Il resto verrà da sè.
Non si tratta solo di ridurre la molteplicità, ma di far leva sull’emotività delle persone per strumentalizzarle e farle stare dalla parte “giusta”, ovvero quella del governo, che, inutile sottolineare, non è vittima, ma causa di questo disagio che sta sfociando in reazioni simili. Invece di rendere consapevoli le persone, il giornalismo, strumentalizzato in buona parte da chi sta al potere (o se volete sudditanza psicologica), gioca a far leva sul “sentimentalino” perché più redditizio, perché fa audience. E la gente vuole proprio questo: c’è da riflettere su tale realtà.
Licia ormai dovresti aver capito che ormai da 30 anni i giornali e le tv sono diventati di regime. Parlano solo di quello che fa comodo loro. O al massimo a quello che può interessare alla gente ignorante. Non dimentichiamoci che non abbiamo una totale libertà di stampa. E sulle immagini non mi pronuncio. Penso solo che molte foto non sono reali,ma abili trucchi fatti dai giornali per far vedere solo quello che vogliono loro.
Per ora mi limito a consigliare anch’io i libri che citi…a dopo un commento più approfondito sul “resto”
Capisco che a un cattolico vero dia noia e si parli di gesto blasfemo.
Penso però che chi si è trovato l’auto bruciata o il negozio devastato non sia poi così d’accordo sull’importanza della statuetta.
E’ la potenza e la superficialità delle immagini. Immagina se i giornalisti non avessero avuto a disposizione foto e filmati da mostrare e avessero dovuto raccontare ciò che è accaduto solo con le loro parole. Forse, ai fatti di Roma si sarebbe reagito “di testa” e non “di pancia”.
A proposito di parole, non voglio fare la maestrina, ma ti prego: “ça va sans dire”
Non capisco e probabilmente non capirò mai perché la distruzione di una statua di gesso sia più “importante” del resto. Chi non ha rispetto delle persone e delle idee non ha rispetto di nulla, e allora perché quell’immagine dovrebbe contare di più? io credo che abbiamo un grosso problema con la “scala dei valori” o forse è “sballata” la mia.