Pensavo oggi di parlarvi dell’incidente che ho fatto sabato mattina. Per togliermelo dalla testa, perché in genere funziona così: per rendere ormai storia qualcosa che mi è capitato, per poterlo considerare passato, mi serve scriverne. A volte solo per me, più spesso perché anche gli altri leggano, ma devo scriverne.
Solo che adesso, alla prova dei fatti, non so se ne sono capace. Da sabato mattina mi è toccato ripetere la dinamica dei fatti almeno dieci volte, in tutte le salse, e ogni volta diventava una specie di droga, per cui continuavo a parlarne, come se le parole fossero un gorgo, e io ogni volta ci finissi dentro. E ogni volta che ne parlavo, ricordavo cose che, con una certa fatica, ero riuscita a dimenticare.
Intendiamoci: nessuno si è fatto male. Né noi, né conducente e passeggera dell’altra macchina coinvolta. Ma per interminabili frazioni di secondo, durante e dopo l’urto, sono stata invasa da quella sensazione di ineluttabilità, quella netta percezione che stesse accadendo qualcosa di enorme, e contro il quale non potevo far nulla. Il muro, l’urto, l’odore dell’esplosivo dell’airbag, e poi quel silenzio definitivo che scende solo dopo gli eventi spiacevoli, il silenzio del “stavolta l’hai pagata”. E conta poco che invece, questa mattina, la vita non ti è venuta a presentare il conto. Resta la sensazione che avrebbe potuto, e non c’è davvero ragione, se non una smaccata fortuna, se non un sommarsi di stupide coindenza, per cui non l’ha fatto.
Ogni giorno facciamo una decina di sciocchezze. Le facciamo consapevolmente o meno, e non ci fermiamo mai a riflettere sulle implicazioni; per qualche ragione, crediamo ci andrà sempre liscia. E invece, un giorno, fai una sciocchezza che hai ripetuto due miliardi di volte in passato, e la paghi. Perché la vita funziona così, e non puoi farci niente. È questo, probabilmente, più dell’urto, della paura, dello shock, che mi fa rivedere quel palo e quel muro a ripetizione, da sabato mattina.
Non è successo niente. Le macchine si aggiustano, o si ricomprano, anche se, per qualche ragione, mi si stringe il cuore a dover dar via l’auto che mi ha letteralmente salvato la vita. Questo è quello che, a ragione, probabilmente, mi dicono tutti. E invece qualcosa è successo, ma non capisco bene cosa. Qualcosa di spiacevole. Forse deve solo passare un po’ di tempo.
E alla fine sono stata anche capace di scriverne, anche se non come avrei immaginato. Meglio, va’, almeno ho qualche speranza che questa storia della scrittura terapeutica funzioni ancora .
SPOTLIGHT
Presentazione per la Libreria Spartaco ed eventi passati
19 novembre 2020, 11:30
Sono giorni complicati e pienissimi di cose. Settimana scorsa, come avete visto, ho fatto tanti eventi. Un altro ci sarà stasera; l’appuntamento è alle ore >>>
I miei prossimi appuntamenti
Venerdì 6 Dicembre – Sabato 7 Dicembre 2019 – Più Libri Più Liberi – Roma
Venerdì 6 Dicembre
h 16.00 – 17.00
Firma copie presso lo stand Comics&Science
h 17.00 – 18.00
Firma copie presso lo stand Tunué
Sabato 7 Dicembre
h 14.00 – 16.00
Firma copie presso lo stand Tunué
h 17.30
Presentazione de Il Re dei Rovi di Marcelo Figueras. Interverranno Francesco Troccoli e l’autore in collegamento da Buenos Aires.
Licia, mi rendo conto che questo non è il post più adatto per chiederti quello che sto per chiederti. Mi scuso per la mancanza di tatto. Da studente di psicologia so bene quanta influenza possa avere un incidente sulle condizioni psicocomportamentali di un individuo. E non voglio che questa mia uscita dal tema venga presa come una mancanza di rispetto verso il tuo attuale stato di dolore e di sofferenza. Da animalista però mi sento in dovere di chiedere il tuo parere e magari anche quello di Babil se gentilmente foste disponibili a darmelo. Premetto che sono consapevole del fatto che voi vi occupate di ricerca abiologica e questa problematica probabilmente vi tocca relativamente poco nel quotidiano, ma ci tengo ad avere comunque il vostro parere. Sto preparando l’esame di metodologia della ricerca in psicologia e mi sono trovato a dover studiare integralmente il codice deontologico del ricercatore scientifico che per gli psicologi si chiama Aip. Ero abbastanza soddisfatto inizialmente, fino a quando non sono arrivato all’articolo 6, il quale disciplina il trattamento del soggetto animale. E niente, il nostro codice deontologico prevede la limitazione delle procedure dolorose sugli animali, ma di fatto le consente. Dice esplicitamente che se vi è necessità, il ricercatore può imprimere dolore all’animale, procedere con operazioni chirurgiche (purchè fatte in anestesia totale e in condizioni asettiche) e addirittura c’è la possibilità di provvedere alla soppressione. Io francamente sono rimasto scandalizzato. Sono consapevole che precludere alla scienza la possibilità di studiare il soggetto animale potrebbe impedire lo sviluppo di tecniche psicologiche che potrebbero avere applicazioni chiaramente importantissime. Sia dal punto di vista clinico (per quanto riguarda la cura e la prevenzione della psicopatologia) che dal punto di vista culturale. Ma mi chiedo se il fine in questo caso giustifica i mezzi. Mi piacerebbe sapere qual è il vostro pensiero in merito a questa questione. Inoltre vorrei chiedervi quanto conti l’etica personale nel lavoro di ricercatore. Insomma, se diventassi ricercatore, potrei rifiutarmi di fare determinate ricerche ? Per quanto riguarda l’ambito comportamentale, esistono delle tecniche che si chiamano “tecniche di debriefing” le quali servono a riportare allo stato psicologico “normale” persone o animali influenzati artificialmente. E qui, sebbene mi sentirei parecchio triste nel provocare traumi ad animali volontariamente, saprei che in qualche modo dopo rimedierei al danno. Però c’è un ambito della psicologia che si chiama “neuroscienza comportamentale” che si occupa di indagare le basi biologiche del comportamento e lì non penso possa farcela ! Anche perchè i danni potrebbero essere permanenti. Quindi vi chiedo un parere anche da questo punto di vista. Spero siate cosi gentili da volermi rispondere. Grazie di cuore.
Cara Licia,
raramente commento, nonostante ormai io segua il tuo blog da tempo, per motivi che non mi spiego bene. Forse è solo abitudine.
Fatto sta che quest’ultimo post mi ha colpita… per dire come gli inglesi “close to home.”
Sarà perchè capisco perfettamente quello che stai passando, essendoci passata anche io quasi un anno fa (anzi, l’anniversario dovrebbe essere tra poco, se non sbaglio). E mi ha colpito soprattutto quello che hai detto, su come scriverne diventa una specie di gesto catartico, perchè è esattamente quello che ho fatto io (sia per conto mio che in un post sul mio blog). E dei pensieri sull’inevitabilità, sul caso, sul ‘forse in un universo parallelo, un’altra me non è stata così fortunata’. E di come ti ritrovi a dover ripetere la dinamica dell’incidente dieci volte in una mattinata, perchè è quello che ho fatto io. E come raccontarlo di nuovo è un po’ come riviverlo, e a volte pensi proprio di non averne la forza. Perchè ho fatto anche quello.
Ti dirò, però, per quanto le prime dieci, venti volte siano dure… quando cominci a raggiungere la trentina, diventa tutto più facile. Forse perchè l’hai ripetuto talmente tante volte che comincia a sembrarti qualcosa che è successo a qualcun altro. Forse, semplicemente, lo accetti.
Non ti dirò che ad un anno di distanza è tutto passato. Perchè non è vero. Ogni volta che salgo, tutt’oggi, in macchina, mi viene da pensare: “E se oggi fosse il giorno che la pago?”
Poi però non succede. Forse non smetterò mai di pensarlo. Forse sarà proprio ciò che mi impedirà di fare quella sciocchezza che mi avrebbe uccisa.
Forse no. Ma, comunque, sembra essere completamente fuori dal nostro controllo. Con probabilità del genere, non resta niente da fare se non andare avanti.
Per fortuna che non è successo niente e ti posso dire che anche a mia mamma è capitato di finire contro un muro…
stavamo tornando da casa dopo una nevicata:in una curva la strada si era ghiacciata e la macchina é slittata e finita contro il muro.
per fortuna niente di grave,visto che mia mamma aveva paura e stava andando piano, solo un graffo sulla macchina ma lo spavento è stato tanto sia per me,che per lei,che per mio fratello e mi ricordo la paura che ho avuto in quel momento. anche si stavo dormendo quindi mi sono svegliata con la angosciante senzazione che fosse successo qualcosa di davvero tremendo poi pian pianino tutto attorno a me si è chiarito e ho realizzato che la gravità dell’incidente FORTUNATAMENTE non era tanta.
ma poi con il tempo lo shock pian pianino va via=)
spero che ti riprenda presto=)
un bacione ciao=)
10 dicembre 2007. Quel giorno ho distrutto la mia auto contro non uno, ma due alberi. Non mi sono fatto un graffio. Circa dieci minuti prima avevo lasciato mia moglie da un suo collega. Avevo colpito il primo albero con il lato passeggeri, per poi fermarmi frontalmente contro il secondo. Ti lascio immaginare a cosa ho pensato. L’auto non c’è più (ho poi portato una foto del rottame a Padova, alla chiesa del Santo), ma io e mia moglie siamo qui. Non conosco la dinamica del tuo incidente, ma posso immaginare cosa provi. Porta pazienza e, ovviamente, cerchiamo sempre di imparare da queste esperienze.
Ciao
Diego
Ciao Licia
mi spiace x quello che ti è capitato.
Noi tutti che ti scriviamo ora siamo pronti a cercare di tirarti su ma solo tu puoi sapere quanto ti segna profondamente una esperienza simile. Anche quelle di un banale incidente dove solo le macchine hanno pagato…..
Coraggio Ciao tuo riccardo
magari questa storia rielaborata può servirti per un’altro dei tuoi fantastici libri
Normalmente non sono il tipo da fare commenti.
Tanto per dire, ti seguo da anni e penso di non aver mai commentato nulla, però stavolta sento di doverlo fare perché anch’io ho detto quasi le stesse parole tempo fa, quando un mio amico, un ragazzo di diciannove anni, è morto in un incidente.
Così mi sono trovata anch’io a pensare a tutte le sciocchezze che uno, specialmente noi che siamo ancora giovani, fa tutti i giorni senza pensare, credendo sempre che andrà tutto bene. Il problema è che ci crediamo invincibili e scopriamo di non esserlo solo a nostre spese, chi di più chi di meno…
Ciao cara Licia,
Mi dispiace molto per la tua brutta avventura…
Hai ragione quando parli della leggerezza con cui a volte compiamo delle azioni pericolose e subito dopo ci sentiamo fortunati ad averla passata liscia… a chi non e’ mai capitato! E quando va male pero’ capisci quanto siamo piccoli e attaccati ad un filo sempre..non bisogna mai dimenticare il vero valore della vita !
Un abbraccio forte
Mi dispiace moltissimo per ciò che ti è successo, ma l’importante è che tu stia bene.
Ora lascia che il tempo cancelli i ricordi e le ferite, e così potrai ritornare la solita Licia, con un’esperienza in più su cui riflettere.
Sono addolorato per ciò che ti è successo Licia.
Son felice però che tu non ti sia fatta male seriamente.
Prenditi un po’ di tempo per elaborare e superare la cosa così riprenderai la tua vita forte e brava come, o magari anche più, di prima
Sì, qualcosa è successo. Una percezione delle cose e della vita che si va ad aggiungere al tuo bagaglio personale. Una percezione paurosa, forse dolorosa, ma che non è detto che non dia frutti positivi
Invece la mia reazione a simili accadimenti è sempre di euforia, improvvisa gioia di vivere e appagamento, ma probabilmente non faccio testo. Naturalmente se ci si fa male il discorso cambia, difficile essere contenti quando si soffre. Invece la sensazione di ineluttabilità l’ho provata quando ero in punto di morte, cosa che mi è successa tre volte. Però anche in questi casi mi sentivo in pace e stranamente fiducioso. Che poi quando parlo di “punto di morte” le persone pensano a chissà che terribili eventi, invece in un caso la colpa era di un dente del giudizio, che mi aveva bloccato la mandibola e, col gonfiore, mi impediva di respirare. E l’ imprevedibilità della vita la si vede anche in questo, un problema quasi sempre banale che può diventare mortale.
Comunque spero che tu riesca a dimenticare in fretta questa brutta esperienza.
Vabbeh, è lo shock, le conseguenze dello spavento, come le vuoi chiamare. La volta che la macchina ha slittato e se non fosse stato per il guard rail sarei forse finito giù da una scarpata, sulle prime dissi “che culo!”, ma quella mattina tremai senza motivo.
Qualche mese fa solo la prudenza di scendere dalla macchina per controllare un tratto di strada che mi pareva strano mi ha evitato di finire nel classico burrone con fiumiciattolo in fondo, perchè era crollato un ponte.
Anche lì, per settimane ci ho ripensato sentendomi male.
Probabilmente è solo il meccanismo con cui il cervello imprime su di sè, a fuoco, quell’esperienza in modo che per quanto possibile si eviti a tutti i costi di ripeterla in futuro.
Quanto al fato, beh, siamo fisici, quindi sappiamo che tutto è regolato da rapporti di causa ed effetto e se qualcuno sapesse la funzione lagrangiana dell’universo potrebbe prevedere QUALSIASI evento (è vero, c’è la quantistica, ma anche lì si tratta di tirare dei dadi su una tabella, da nessuna parte entra il fantomatico libero arbitrio). Quindi in realtà qualsiasi cosa è ineluttabile.