Star Wars Into Darkness

No, non è un refuso.
Come avrete capito, oggi vi parlo delle mia impressioni circa l’ultimo film di Star Trek, il secondo diretto da J.J. Abrams, un nome che ancora non ho capito se mi genera brividi di panico o di piacere, un po’ come la sua creatura Lost, che a tre anni dalla fine ancora non ho capito se c’ho fatto pace oppure no.
Comunque. Star Trek. Io non sono una trekker; mio marito però sì, e dunque ho visto un bel po’ di roba connessa al marchio. Molte puntate di TOS, una vagonata di quelle di TNG, tutti i film e tutta Enterprise. Direi che ho presente un po’ lo spirito della serie, via. E Into Darkness, banalmente, non ce l’ha. Star Trek la potremmo definire “fantascienza coi superproblemi”: il punto non è tanto il tecnoblablabla – che comunque c’è – o le astronavi – che comunque generano feticismo, come prova il modellino dell’Enterprise E di mio cognato -, ma il dilemma. I nostri sono esploratori, dunque si trovano di fronte all’indagine del diverso, al rapporto che con questo altro decidiamo di stabilire. Tutte le serie che ho visto – sì, pure Enterprise – girano intorno ai dilemmi etici, anche quando si menano come orbi. C’è gente che tutto ciò lo definisce buonismo, io francamente no. È fantascienza come se n’è sempre fatta nel periodo in cui Star Trek è nato, e il fatto che presenti la realizzazione di un’utopia è solo il punto di partenza e la cornice nella quale inserire un discorso più complesso sull’immutabilità della natura umana, anzi, degli esseri senzienti. Questo non vuol dire che non si menassero: si menano, perché comunque la fantascienza è intrattenimento, e non è neppure vero che non ci fossero le donne ignude, come dice qualcuno che si lamenta di questa scena di Into Darkness – andatevi a rivedere Uhura e il suo gonnellino… -, ma non era quello il punto. Il punto era quello che c’era sotto.
Ecco, Into Darkness invece marca perfettamente la distanza che ci separa da quel modo di raccontare storie e quello che va per la maggiore oggigiorno: oggi un film di fantascienza deve puntare solo ed esclusivamente sull’aspetto visivo, perché abbiamo la possibilità di produrre effetti speciali incredibili. Il resto, è contorno. E, va detto, dal punto di vista prettamente visivo a Into Darkness non manca niente. Non solo è proprio bello da vedere, ma ha anche tutta una serie di invenzioni a livello di azione che ho trovato pregevolissime: una per tutta, la scena finale dei nostri che si muovono nell’Enterprise che rotola. Solo che, una volta che hai tolto l’aspetto visivo, che resta? Eh. Resta lo spreco più grosso della storia del cinema di un cattivo iconico e di un attore straordinario come Cumberbatch. Cioè, hai Khan, e già solo il nome fa salire la pressione al trekker medio di varie tacche, e che, incidentalmente, è un personaggio straordinario anche a prescindere, che può affascinare anche chi di Star Trek non sa un cavolo. E gli togli tutto quello che può renderlo interessante. Per altro, ti premuri anche di non renderlo esattamente il cattivo del film, che, tutto sommato, poteva anche essere una buona idea, se non c’avessi ripensato a dieci minuti dalla fine. Khan diventa così un ariano dallo sguardo di ghiaccio con la forza erculea. E morta là. Di tutto il discorso sul potere, sul superuomo, sulla nostra tendenza a piegarci alla volontà del magnanimo di turno, non resta assolutamente niente. E non venite a dirmi che non bisogna far paragoni con L’Ira di Khan – dove per altro si menano comunque moltissimo, senza però rinunciare a raccontarci dei personaggi – perché se me lo citi ogni tre per due come fanno JJ e compagnia, mi stai chiedendo in ginocchio di fare un paragone. Tralasciamo che Cumberbatch come attore si magna a colazione tutto il resto del cast, e c’è comunque spazio per un bombolone alla crema, e ce lo propini col contagocce. Vabbeh.
Sostanzialmente, il film è tutto un agitar di mani per nascondere il fatto che la sceneggiatura sostanzialmente non regge, senza contare, per altro, che ogni volta che la suddetta sceneggiatura cerca di far capolino le sparano. Letteralmente. Appena due personaggi buttano lì più di tre battute, succede qualcosa, accompagnato da effetti sonori da terremoto del millennio. Fateci caso. Inutile star qua a rimarcare che, senza una caratterizzazione di Khan, tutto il suo piano risulta abbastanza oscuro, così come non si capisce perché Marcus debba ammazzare i compagni di Khan sparandoglieli addosso, invece di ammazzarli prima a scopo cautelativo, o come mai risvegliarli sembri una cosa impossibile, fino a quando non serve la capsula criogenica per Kirk. Irritanti anche tutti i continui riferimenti alla serie classica: ha ragione Leo Ortolani, pare ci sia lì JJ che ti strizza l’occhio e si finga “uno di noi”, quando al massimo al massimo è uno di loro, quello dei film alla Bay, che se non esplode qualcosa ogni dieci minuti c’è il plotone d’esecuzione.
Ma veniamo al capitolo Star Wars. C’è il Millennium Falcon, parliamone. Vi giuro, Kirk ad un certo punto guida il Millennium Falcon in una scena che fa tantissimo Solo & co. sull’asteroide col vermone. I bar di San Francisco sembrano quelli di Coruscant, e Kirk e McCoy, nella scena iniziale, sembrano francamente cavalieri Jedi. Ah JJ, ho capito che sei già proiettato sul tuo prossimo progetto, ma anche no, eh? Tanto più che è universalmente noto che i fandom dei due marchi sono assolutamente non sovrapponibili.
Vabbeh, ma quindi tutto da buttare? No. Innanzitutto c’è una regia e si vede, c’è una visione, una poetica, direi, e questo piace. E poi, certo, ti diverti, poco da dire. Anche la famosa scena finale ha il suo pathos – anche se il bromance è a livelli di guardia, anche perché Spock e Kirk non è che si conoscano da una vita, come ne L’Ira di Khan – la musica ci piace, e le due orette scorrono in allegria. A patto di brasarsi il cervello dal ricordo che dovrebbe essere un film di Star Trek. Mi direte: ma l’etica c’è, c’è tutto il problema della Starfleet che Marcus vorrebbe trasformare in un’armata militare. Suvvia, è una cosa appiccicata con lo sputo e trattata con tonnellate di sufficienza, giusto perché qualcuno, al momento della stesura della sceneggiatura, deve aver ricordato a JJ che, ehi, è un film di Star Trek, ci vuole un po’ si riflessione!
Comunque, vi dicevo, il film è un buon prodotto di intrattenimento, probabilmente superiore alla media dei film d’azione di oggigiorno. Solo che non è Star Trek. E la sceneggiatura è traballante, come il 90% dei film d’azione attuali. Devo dire, però, che ho grandi speranze per Star Wars VII; non so, dopo aver visto questo qua sento che JJ è più portato per l’epica che per l’etica. Vedremo.

Post scriptum
Ieri sera mi sono rivista L’Ira di Khan. Che è ben lungi dall’essere un film perfetto. Ma, a parte una serie di piccole cose inevitabili, quanto a sceneggiatura a questo gli dà una pista. E ho capito anche il perché. È che all’epoca non avevano quest’ansia di far esplodere tutto, perché costava e gli effetti speciali erano quello che erano. Dunque si prendono tutto il loro tempo – ok, a volte troppo – per spiegarti la storia, per introdurti i personaggi, per giustificare i passaggi di trama. A parte la morte di Spock un po’ appiccicata con lo sputo, paradossalmente uno si appassiona di più a vedere un film come questo, che ha quattro set e parlano per il 70% del tempo, che in quello di JJ in cui non c’è un attimo di respiro. Ma se la smettessimo di andar appresso agli effetti speciali figherrimi e ricominciassimo a raccontare dei personaggi e delle storie?

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7 risposte a Star Wars Into Darkness

  1. Lego scrive:

    Speriamo che JJ non trasformi Star Wars in Star Trek a sto punto. :-)

    Sono d’accordo su quasi tutto,infatti sto sperando che il prossimo ST sia più spostato verso l’esplorazione pura,con problemi di umanità ai confini dell’universo annessi e connessi,il riferimento alla missione quinquennale “sarà divertente” mi fa pensare ad una specie di promessa di JJ verso i fan.

  2. robyt scrive:

    mmmm… non son proprio d’accordo.
    Premetto che le prime puntate di TOS le ho viste su telemontecarlo, che ho tutti i DVD dei telefilm (non di TOS, di tutte le serie) e che i film li ho visti tutti.
    Ho anche visto star wars al cinema all’uscita e gli altri in super 8 (altri tempi) la serie vecchia, in dvd i prequel.
    Quello che doveva fare jj era riportare star trek ad essere attuale dopo la nemesi (che ho comperato per rispetto ma che ho visto una volta sola).
    Il reboot ha messo le basi e into darkness mi è piaciuto assai, sia a livello visivo (le riprese con i flare sono fastidiose rispetto alla perfezione della vendetta dei sith ma sono decisamente più credibili) sia a livello di storia (rispetto al khan di TOS ha in più la rigenerazione, per la forza c’era anche prima, l’intelligenza pure, la voglia di vendetta anche).
    La biondina in intimo nero? Le gambe di uhura per quei tempi erano un nudo integrale e comunque se una si deve togliere i vestiti per mettersi una tuta.. rimane in intimo, che deve fare?
    Di star trek c’è la continuity verso il reboot (ovviamente), le citazioni (ci stanno) e la filosofia (il kirk, come picard che se ne fregano delle regole se gli sembra di fare la cosa giusta).
    PS: se non sembro abbastanza fan ho anche l’enciclopedia di star trek e le uniche 2 suonerie acquistate per il cell sono il tema di star wars e quello di into darkness).

  3. deborah scrive:

    da quanto ho capito, a nessun trekker sono piaciuti i due film di abrams. io da amante di star wars li ho adorati. capisco che per i trekkers possa essere un po’ avvilente, ma d’altro canto jj ha specificato in più interviste che la sua trilogia non è pensata per i fan di star trek, ma per coloro che apprezzano i film di avventura/fantascienza. che faccia qualche riferimento alla serie originale mi sembra normale visto che ne porta il nome… più che una strizzata d’occhio ai fan credo sia un tentativo di rendere i film più vicini possibili alla serie, dato che lo svolgimento della trama si discosta molto da quello classico di star trek.
    è vero, i personaggi sono poco approfonditi, ma già metà del primo film è stata spesa per presentarli al pubblico senza dimestichezza con la serie, non si può recuperare in una trilogia tutta la psicologia che sta dietro ad una serie durata decenni, no? e be’, khan/cumberbatch, anche se appare meno di quanto desidererei, ritaglia comunque bene la sua parte di gloria nella storia =)
    aspetto con ansia il terzo film (e anche star wars VII!)

    • Licia scrive:

      Chiarisco il mio punto di vista: io non credo che fare dei riferimenti a cose che solo i trekker capiscono sia un modo di avvicinare i film nuovi allo spirito di Star Trek. Sono inside jokes, roba per far sorridere i fan di lungo corso. Un reale tentativo di stare aderenti a quanto fatto in passato con Star Trek sarebbe stato cercare di mantenerne lo spirito nel modo che ho esplicitato nel pezzo. Intendiamoci, a me queste cose divertono da impazzire, ma non quando sono fini a se stesse, ma inserite in un certo contesto. Qui il contesto manca, e dunque sembrano mere strizzate d’occhio.
      Per i personaggi: ok, Uhura, Spock e compagnia cantante sono stati presentati. Perfetto. Ma Khan no. E Khan così secondo me è una buona occasione sprecata. Tu mi dirai: è comunque un buon personaggio, bisogna considerarlo in sé, e non in riferimento al Khan di TOS. Allora perché l’hanno chiamato Khan? Poteva restare un John Harrison qualunque.
      Non so, secondo me è un film che tenta troppo di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: troppo fanservice fatto male.

  4. Pantaleo C. scrive:

    “Ma se la smettessimo di andar appresso agli effetti speciali figherrimi e ricominciassimo a raccontare dei personaggi e delle storie?”
    Okay, per questa frase ti sto amando più di quanto io non abbia mai fatto! :D Non potrei essere più d’accordo di così, alla fine perchè cercare uno spettacolo fantasmagorico d’effetti se il vero spettacolo è dentro di noi?

  5. Lisa Celiani scrive:

    Post scrittum?
    No, seriously: post scriTTUM?????
    Licia, please…

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