Non se sia solo una caratteristica dell’età, come essere appassionati quando si è adolescenti, frettolosi di crescere quando si è bambini, e via così, ma da quando ho compiuto trent’anni a torto o a ragione ho iniziato a convincermi di aver raggiunto la mia forma definitiva, fisica e spirituale. Non intendo dire che poi non mi verranno le rughe, e le esperienze di vita non mi arricchiranno più. Solo che credo di aver raggiunto quel paio di punti fissi necessari per definirsi più o meno adulti. Tra questi punti fissi, c’è la generale bonarietà del mio carattere nei confronti dei miei simili e dei miei colleghi. Intendiamoci, ci sono dei momenti in cui sono veramente insopportabile con la gente cui voglio davvero bene, e non posso dire di avere davvero un buon carattere, considerando gli scatti d’ira, le incazzature inutili e le paranoie. Solo che fingo bene di essere normale, e lo faccio da così tanti anni che credo di apparire, ad una prima conoscenza, una persona tutto sommato accomodante. Il bello è che alla fine non devo sforzarmi neppure troppo ad esserlo: la gentilezza con gli sconosciuti, l’umiltà, la cortesia, sono cose la cui pratica mi mette di buon’umore. Fino a qualche tempo fa.
È un po’ che mi sono accorta che il mio grado di tolleranza nei confronti del genere umano sta calando vertiginosamente. Per esempio, ieri sera non riuscivo a dormire per una serie di sfighe che esulano dal post, per cui mi sono alzata e mi sono messa a vagare in rete. Qualsiasi cosa leggessi su Facebook mi irritava, dal commento meramente personale, all’articolo linkato col quale non ero d’accordo, all’ennesima bufala proparlata ovunque. Mi irritano le polemiche, mi irritano le opinioni, mi irritano gli atteggiamenti della gente. Mi irrita chi muove il culo per manifestare solo quando si tratta di roba che entra nel perimetro ristretto del suo giardino, e poi se ne frega quando in gioco ci sono questioni più grandi, che magari non lo interessano direttamente. Mi irritano le inutili dispute scienza/religione, di cui abbiamo le palle veramente, ma veramente piene. Mi irrita il razzismo della gente del mio quartiere, i toni saccenti di chi si ritiene sempre superiore a tutti. Non che questo poi si traduca in qualcosa di più concreto di una vaga irritazione che mi tengo dentro, e che al massimo paleso con Giuliano, o coi miei. Continuo a sorridere, a chiedere scusa anche quando la colpa è degli altri, a mantenere la calma in pubblico, perché non ho voglia di far casino, perché la gente che s’incazza per ogni minima cosa e se la prende con chi lavora m’ha sempre dato ai nervi. Ma, dentro, sto diventando una persona astiosa, e non so se è colpa di Internet o è un preludio a quel che diventerò di qui a qualche anno: una vecchietta incazzata col mondo. O forse è una versione modificata e sviata della ghiandola del veleno, che dopo dieci anni di onorata carriera ha deciso di manifestarsi anche in me. Del resto, comincio a provar fastidio anche verso tanti discorsi che si fanno intorno ai libri e agli scrittori.
Non so esattamente come porre rimedio. L’ultimo tentativo è quello di stare di meno online. Fino a quando non c’era la rete, avevi la vaga percezione che, da qualche parte, ci fossero degli imbecilli, ma, in linea di massima, non avevi con loro alcun contatto diretto. Con la rete li vedi in faccia e ci parli ogni giorno. Forse il problema è questo. Per cui studio per il mio corso sub, leggo tantissimo, mi do alle avventure grafiche. Ma il mondo è comunque appena fuori dalla finestra, con le sue meschinità, le sue piccinerie, le sue cattiverie gratuite e tutto quanto di male sappiamo farci l’un l’altro.
Sto cercando di educarmi ad una certa tolleranza. Ma non è facile. Forse è solo l’età.