In questi ultimi giorni mi è successa una cosa estremamente sgradevole, sulla cui natura non ho però intenzione di dilungarmi qui. Ovviamente, come ogni volta che succede qualcosa di brutto, uno poi finisce a rimuginarci su, a parlarne con qualcuno per cercare di liberarsi dell’evento, di metterlo nella giusta prospettiva e lasciarlo andar via. Solo che a me questo in genere non basta. Non so se si tratta di un reale problema che ho con l’espressione verbale, o solo una deformazione professionale, ma io non sono in grado di liberarmi del tutto di qualcosa che mi è successo, se questo qualcosa mi ha davvero colpita a fondo, se non ne scrivo. È il modo che ho per rifletterci su, e infilare l’accaduto nel cassetto delle cose passate, con cui ho fatto i conti e che fanno parte del mio bagaglio di vita. Fino a quando non scrivo, gli eventi restano sospesi sulla mia testa, irrisolti.
Quando succede così, e non ho voglia di mettere in piazza l’accaduto per le più svariate ragioni (ad esempio perché coinvolgono terzi che non voglio tirare in ballo), mi siedo alla scrivania e scrivo una pagina di diario. Sì, non una pagina di blog, ma del vecchio, superato diario segreto, quello che nessuno leggerà, o che leggeranno pochi intimi. Scrivere per se stessi è diverso che scrivere per gli altri, ma ha lo stesso potere terapeutico: mentre scrivi, in qualche modo esci da te stesso, e sei in grado di guardare le cose da un’altra prospettiva. Il soggettivo diventa oggettivo, e finalmente le cose ti sono chiare. Sono sicura che la gran parte di voi ha ben presente questa sensazione.
Così, sabato sera, dominata da un mood particolarmente incazzato, ho scritto le mie due pagine e mezzo private in cui mi sfogavo. E mi sono accoorta di una cosa che non avevo mai notato: scrivere una cosa per me è completamente diverso dal raccontarla. Ci sono parole che non sarei mai in grado di dire a voce, sensazione per le quali mi manca il vocabolario, quando ne parlo con qualcuno, ma che fluiscono invece in tutta la loro limpidezza sulla pagina scritta. Forse è lo schermo del foglio, che è comunque una barriera tra me e il mondo, o quella particolare confidenza che ti dà la solitudine, ma la sincerità, la chiarezza con la quale riesco a descrivere ciò che provo quando scrivo mi manca completamente quando parlo. Raccontare perché, ad esempio, quella volta, all’esame di Metodi Matematici della Fisica, mi sia messa a piangere come una scema davanti al professore mi è difficile. Ma se devo scriverlo, le sensazioni di quel giorno mi tornano in mente cristalline, come non fossero passati dieci anni, e posso descrivere con estrema chiarezza il senso di piccolezza, l’ansia, la sensazione di essere un completo fallimento, e la vergogna estrema del mostrarmi così vulnerabile davanti ad un estraneo.
Forse, nonostante l’apparenza, in certe cose sono timida e riservata, o forse ha ragione quel mio amico che mi ha sempre detto che sono una tipa tutto sommato piuttosto fredda nei confronti delle persone cui voglio bene. O forse, quando dico che raccontare storie fa parte del mio modo di essere, che è una cosa che mi ha sempre accompagnata nella mia vita, sto dicendo qualcosa di più profondo di quanto non creda. Forse io vedo la vita così, come una pagina bianca da riempire, e tutto quel che mi accade, che indago e vivo, è solo un pretesto per riempire il foglio. Vivere per raccontarla, come diceva Garcia Marquez. Anche quando la racconti solo a te stesso, o forse, soprattutto allora.
SPOTLIGHT
Presentazione per la Libreria Spartaco ed eventi passati
19 novembre 2020, 11:30
Sono giorni complicati e pienissimi di cose. Settimana scorsa, come avete visto, ho fatto tanti eventi. Un altro ci sarà stasera; l’appuntamento è alle ore >>>
I miei prossimi appuntamenti
Venerdì 6 Dicembre – Sabato 7 Dicembre 2019 – Più Libri Più Liberi – Roma
Venerdì 6 Dicembre
h 16.00 – 17.00
Firma copie presso lo stand Comics&Science
h 17.00 – 18.00
Firma copie presso lo stand Tunué
Sabato 7 Dicembre
h 14.00 – 16.00
Firma copie presso lo stand Tunué
h 17.30
Presentazione de Il Re dei Rovi di Marcelo Figueras. Interverranno Francesco Troccoli e l’autore in collegamento da Buenos Aires.
Scrivere per se stessi è sicuramente diverso che scrivere per gli altri. Quando si scrive per se stessi, non si ha mai paura di non essere capiti, perché le uniche persone che poi leggeranno quelle pagine saremo noi, e non ci sarà bisogno di spiegare cose che non siamo capaci di spiegare, parole che abbiamo messo lì a simboleggiare qualcosa, magari un’emozione intraducibile, e che hanno senso solo per noi. Quando si scrive per gli altri si parla per metafore, quando si scrive per se stessi si è diretti, perché non c’è bisogno di esempi. Secondo me è questa la differenza…
Sì… anch’io scrivo di me stessa e mi sfogo. Su fogli sparsi o su un diario. Non c’è davvero migliore “terapia”. Meglio che dirlo a parole, ché a volte si sa… mancano. La scrittura, invece, ha proprio un effetto catartico, liberatorio. Per fortuna che esiste!!!
Hai proprio ragione!:)
Quando scrivi è come se osservi la tua vita dall’esterno e così le cose ti appaiono più nitide e riesci a capirla meglio:)
Solo due volte mi sono impegnata a fondo e ho scritto per me stessa ed è stata una cosa che mi ha tolto alcuni dubbi e reso le idee più chiare sulla mia personalità…e forse non sarebbe male se scrivessi più spesso per me stessa:)
Grazie Licia per le tue splendide parole<3
Saluti!:D
Come ti capisco… Se non scrivo non mi tranquillizzo. Mai. Soprattutto perché sono una persona estremamente riservata, di quelle che vengono accusate di ripetere sempre le stesse cose ma che in realtà ripete sempre le stesse parole per non dire quelle che davvero vorrebbe urlare… Scrivere per sfogarmi, sempre. Proprio l’altro giorno ho scritto una poesia, appena entrata in classe, dietro il quaderno di greco perché era successa una cosa che mi aveva portata a scoraggianti riflessioni, e scrivere quella poesia mi ha fatta sentire meglio.
Non tengo un diario segreto, perché non riesco a scrivere le cose così come stanno. La mia riservatezza su ogni cosa che mi accada o che pensi è tale da spingermi a camuffare ogni cosa, anche quelle che forse non leggerà mai nessuno. Mi sento sempre come se qualcuno potesse scorgere quello che penso e che provo, come se la barriera fra me e gli altri sia così sottile da essere trasparente, e per questo ognuno possa leggermi dentro.
La mia è un tipo di scrittura che ti fa perdere, che ti decentra, che non punta mai il centro, una scrittura che nessuno oltre me capirà mai fino in fondo, una scrittura ermetica per così dire.
Per me è questo scrivere.
Ti capisco perfettamente. Le parole non servono. Ci vuole una penna in mano, altrimenti non va.
Scrivere d’impulso, perché sento il bisogno di farlo. Scrivere qualunque cosa, senza schemi precisi.
E’ così che vado avanti
Non si tratta di freddezza, semplicemente, a differenza del modo di fare di questa società, non si può mettere in piazza tutto di noi: ci sono delle parti, degli angoli della nostra vita che devono rimanere privati, propri spazi che ci appartengono e che non possono e non devono essere condivisi.
Succede anche a me.Ultimamente però metto tutto online. Ho inventato lo scrittore M.Medesimo e pubblico tutto su feisbuc, con minime variazioni rispetto al reale. Lo trovo assai terapeutico.
Ho visto
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Però a volte si tratta di cose troppo intime per metterle online, per cui…
Si, cose troppo intime sarebbero anche di poco interesse, e poi ci sono anche gli accadimenti recenti che coinvolgono altre persone, anche questi ultimi online non si possono mettere
Live to tell, diceva una vecchia canzone
Non sei la sola Licia…anche quando sono nervoso scrivo, sia per me che x gli altri; Mi spiego meglio, mi metto al pc e poi scrivo quello che mi viene sul momento che poi puntualmente mando ai miei amici più intimi, ed è un modo di sfogarmi x me, oltre che parlare a tu x tu!!! E questo metodo di mettere nero su bianco pensieri che altrimenti non uscirebbero dalla mia bocca mi rilassa, quindi in questo direi che siamo simili