Non ricordo se da ragazzina avessi una qualche fascinazione per le scarpe col tacco. Forse sì, ma comunque, figlia di madre che adora le scarpe rasoterra, ero intimamente convinta che non fosse roba per me. Mia madre mi raccontava sempre delle sue scarpe del matrimonio, che le piacevano tanto ma l’avevano fatta soffrire parecchio.
Adesso che ci penso, quelle scarpe una volta le misi anch’io, e forse fu il mio primo contatto col mondo del tacco a spillo. Finì che Giuliano mi dovette portare in braccio gli ultimi metri perché le piante dei piedi urlavano pietà. Però erano veramente bellissimi.
Comunque. Nella vita delle donne che diventano ossessionate dalle scarpe, c’è sempre un punto di svolta, il momento in cui ti dici “senti, ci provo”. Il mio punto di svolta è stato un amico che mi ha detto “dovresti provare a mettere i tacchi a spillo, qualche volta”. Credo me l’abbia detto quando ero incinta o poco prima, perché i primi sandali col tacco li comprai poco dopo aver partorito, in piena crisi “per nove mesi mi sono sentita una specie di mongolfiera in fase di gonfiaggio, adesso devo, devo recuperare la mia femminilità”. E niente, poi da lì è partito tutto.
Non si tratta del fatto che sono bassa. Non è che abbia mai avuto particolari problemi, se non quando viveno in Germania a stava tutto dieci centimetri sopra la mia testa, ma in quel caso usare i tacchi per vedere se il pollo nel forno era pronto non mi sembrava una grande idea. E si è trattato solo parzialmente del fatto che i tacchi ti fanno sembrare le gambe chilometriche, e l’andatura e tutte cose che siamo convinte gli uomini guardino, ma la verità è che son cose che notiamo solo noi. Ormai è una questione di arte. Mi rendo conto che io guardo le scarpe come le sculture, e più sono strane, più hanno tacchi impossibili, più mi attirano. È la sfida alle leggi della gravità, alle esigenze dell’anatomia, in cerca di un impossibile compromesso tra bellezza e capacità di far reggere dritto un essere umano. E comprarle, metterle, significa soprattutto possedere un pezzo di quella bellezza, di quell’estremo tentativo di imporsi sulla natura e sulla conformazione di un piede.
Folle, vero? Eh, lo so, ma non dubito che qualcuno si riconoscerà in questa sindrome da scarpa col tacco. L’importante, per quel che mi riguarda, è tenere sotto controllo la spesa. Non spendo mai più di un tot per una scarpa, per quanto io possa trovarla incredibilmente bella. E così la cosa riesce a risultarmi piacevole, senza che abbia la brutta sensazione di essere schiava delle mie passioni. E adesso, solo per gli occhi di noi malate di tacchite…


