Archivi del giorno: 20 novembre 2013

Apologia di Peppa Pig

Sento parlare in giro (leggi, sui social network) di Peppa Pig, the new Teletubbies. I bambini ne sono pazzi, chiunque abbia un figlio tra i due e i cinque anni deve farci i conti. Ovviamente, arrivato il successo, arrivate le critiche: è molto chic al momento parlarne male. Rincoglionisce i bambini, è disegnata male, che palle, la odio. Io, francamente, la adoro. I perché sono presto detti.
Sì, Peppa Pig è disegnata male; non peggio di Spongebob o le Superchicche, comunque. Ma è disegnata esattamente come un bambino disegnerebbe una famiglia di maiali. Il disegno è proprio di quelli che possono piacere ad un bimbo: semplice e coloratissimo. Certe scelte di animazione ti fan capire che non è scarsità di cura nella produzione (per dire, i nostri arrossiscono quando sono sotto sforzo), ma una precisa scelta artistica (che paroloni, eh?).
Le storie durano cinque minuti, il tempo medio dell’attenzione di un bimbo, e riguardano sempre esperienze in cui un bambino di quell’età può riconoscersi: il raffreddore, la gita al parco giochi (Patata City, vi giuro che sono caduta dal divano quando l’ho sentita…), la vacanza, il primo giorno d’asilo, il litigio con l’amica del cuore.
Ok, sono storie semplici, ma, devo dire la verità, divertono anche me. Ci sono piccole note di autoironia che magari a un bambino sfuggono, ma che rendono il prodotto divertente anche per un adulto. Non lo so, la puntata in cui Peppa incontra la Regina che vuole premiare la persona che lavora di più in Inghilterra (per la cronaca, la signorina Coniglio, che nel mondo di Peppa Pig c’ha il monopolio di tutte le attività: c’ha il supermercato, guida il treno, fa la pompiera, guida l’elicottero di salvataggio, gestisce parchi giochi e bancarelle di vario livello e grado…) secondo me è un capolavoro di autoironia.
Ma, soprattutto, in tutte le puntate che ho visto non ho mai beccato contenuti smaccatamente sessisti, anzi. Mamma Pig lavora, e in molteplici situazioni viene mostrata come decisamente più in gamba del povero Papà Pig, che ci fa più o meno sempre la figura del pasticcione. Le femmine fanno anche lavori maschili (la su citata signorina Coniglio, per dire, ma anche Mamma Pig lavora coi pompieri), i bambini giocano tutti assieme ad esempio a basket, maschi e femmine all together. Può sembrare una cosa da poco, ma non lo è, considerando la sessualizzazione spinta delle pubblicità dei giochi (tu, femmina, bambolotti, tu, maschio, costruzioni, macchinine e soldatini). Per dire, io la leziosissima Sofia la Principessa non la reggo, ma a Irene piace, per cui non gliela vieto, che tanto non servirebbe a niente. Peppa invece è divertente, colorata, e, via, anche intelligente. Molti di quelli che l’additano come arma di rincoglionimento di massa non hanno mai visto un episodio. Poi, vabbeh, può non piacere, questo è ovvio.
Altre critiche, comunque, si appuntano su un punto più delicato: la quantità enorme di marketing legato a Peppa Pig. C’è la qualunque di Peppa Pig, tonnellate e tonnellate di roba con cui scucire i soldi ai genitori. Ok, dà fastidio anche a me, ma viviamo in un mondo capitalistico e consumistico, in cui qualsiasi cosa viene mercificata: Peppa Pig è solo un elemento di un puzzle assai più vasto. Il marketing investe qualsiasi prodotto di successo, Peppa Pig ha più prodotti in giro solo perché ha più successo. Poi, l’abbondanza di prodotti può essere una buona occasione per far capire ad un bambino che non può avere tutto quello che vuole e che non si può comprare tutto. Io, almeno, ci provo.
Insomma, io la Peppa la difendo. Ho visto infinitamente di peggio in giro.

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