Recentemente – sempre col solito ritardo di un paio di generazioni di cui vi dicevo ieri – ho visto La Grande Bellezza. Per la verità sono ad una visione e mezza (finisco stasera); coi film di Sorrentino mi capita sempre così, devo vedermeli un paio di volte per apprezzare al meglio. La prima visione è un po’ un’indagine esplorativa, con la seconda non ho più la sensazione di muovermi in territorio sconosciuto, ed è come se tutti i pezzi andassero al loro posto. E, niente, mi è piaciuto moltissimo. Ci ho trovato alcuni difetti, ovvio, la perfezione non è di questo mondo, ma ha una colonna sonora dalla quale sono diventata immediatamente dipendente, una fotografia da urlo (e grazie, un nome una garanzia, Bigazzi) e riesce a dire cose che io non sono mai stata capace di esprimere. Innanzitutto sul rapporto scrittura/vita, sul mentire per dire la verità e sul vivere per raccontarla, ma soprattutto riesce a rendere in modo impressionate quel che sento per la mia città.
Ho parlato miriardi di volte del mio rapporto complesso con Roma. Le radici del mio amore odio credo vengano da lontano: innanzitutto dal fatto che sono figlia di immigrati, e che tutte le mie radici stanno 200 km più a sud di qua. I miei non si sono mai davvero adattati alla vita in questa città, e questa cosa per osmosi è passata anche a me. Ma non credo sia solo questo. Forse è anche che quando vivi a Roma in qualche modo ti senti obbligato ad amarla. Lo capisci dalle facce che fa la gente quando gli dici dove sei nato e dove vivi, dall’ammirazione e dall’invidia, dallo stupore quando gli spieghi che no, non senti un gran senso di appartenenza per questa città. E del resto hanno ragione loro. Roma è una delle città più belle del mondo, non c’è niente da fare. Non puoi passare dieci minuti tra le strade del centro senza percepire chiaramente questa bellezza assolutamente tremenda, alla quale davvero non puoi resistere. Roma è bella, è un concetrato di tutto quanto di bello l’Italia ha prodotto negli anni in cui era ancora un centro culturale, e sono stati secoli lunghissimi. E nel film di Sorrentino Roma è fotografata come non mai; nonostante le immagini siano tutte quelle “da cartolina”, il ritratto della città che ne viene fuori non è per nulla stucchevole o banale. È appunto quello di una grande bellezza, qualcosa di soverchiante. Perché il problema tra me e Roma sta tutto qua, in quell’aggettivo. Roma è troppo. Troppo grande, troppo bella, troppo estranea. E questa cosa l’ho ritrovata identica nel film. Il modo in cui Gep si muove per la città è il modo in cui mi ci muovo io: intorno a me tutto mi sembra estraneo e distante. Sì, bello, infinitamente bello, ma al tempo stesso algido, impersonale. C’è un distacco netto tra Gep e Roma, un distacco che poi, a dirla tutta, è quello che tante volte lo scrittore ha rispetto alla vita. È il problema del “vivere per raccontarla”, come dicevo: una parte di te sarà sempre e soltanto spettarice, come avere un mini-giornalista in testa 24 ore su 24 che non fa altro che appuntare tutto quel che vedi e senti, e ti suggerisce “questo devi scriverlo, devi raccontarlo”. A me succede piuttosto spesso, ma con Roma questa cosa è evidente. Lo faccio dire a Sofia nel primo libro de La Ragazza Drago, perché lo penso da anni: non riesco a sentirmi parte di Roma. Mi domando anzi come sia possibile appartenere ad un posto del genere, così immenso e bello da non poter essere contenuto in un solo cuore. Saranno i turisti, cui si concede sempre con grande generosità, o i segni che hanno lasciato le generazioni, infinite, che l’hanno abitata e che hanno lasciato un segno nei suoi palazzi e nei suoi monumenti. Non lo so. So solo che resta altro da me, e quando mi muovo per le sue strade, mi sento sempre turista. E queste sensazioni le ho ritrovate nel film.
Ora, probabilmente è solo una mia impressione. Altre persone che hanno visto La Grande Bellezza non condividono questa mia interpretazione. E poi il film parla anche di altro, del vuoto, soprattutto, del vuoto che siamo diventati e che ci abita, dello sfacelo di questa società in pezzi, a partire dalla testa e dai supposti intellettuali, e di ciò cui possiamo aggrapparci, quegli squarci di verità che cerchiamo tutta una vita. Ma secondo me la potenza delle grandi opere d’arte sta in questo: nella capacità di adeguarsi al vissuto di ognuno, e di raccontare a ciascuno una verità che gli appartiene. Questa è la mia. Un altro pezzetto, potete trovarlo qua, detto peggio, perché il mio mestiere è scrivere, ma comunque espresso.
SPOTLIGHT
Presentazione per la Libreria Spartaco ed eventi passati
19 novembre 2020, 11:30
Sono giorni complicati e pienissimi di cose. Settimana scorsa, come avete visto, ho fatto tanti eventi. Un altro ci sarà stasera; l’appuntamento è alle ore >>>
I miei prossimi appuntamenti
Venerdì 6 Dicembre – Sabato 7 Dicembre 2019 – Più Libri Più Liberi – Roma
Venerdì 6 Dicembre
h 16.00 – 17.00
Firma copie presso lo stand Comics&Science
h 17.00 – 18.00
Firma copie presso lo stand Tunué
Sabato 7 Dicembre
h 14.00 – 16.00
Firma copie presso lo stand Tunué
h 17.30
Presentazione de Il Re dei Rovi di Marcelo Figueras. Interverranno Francesco Troccoli e l’autore in collegamento da Buenos Aires.
Licia, devo confessarlo, stavolta hai puntato il centro.
Mentre leggevo mi è venuto il nodo alla gola…
Io sono ciociara, della provincia di Frosinone, ma ho avuto la grandissima sfortuna di essermi trasferita in provincia di Taranto quando avevo solo tre anni.
Questa non è casa mia.
Questo dialetto incomprensibile non è la mia lingua.
Questa terra piatta, immutata, con un mare stupendo, certo, ma soffocante, non è qualcosa che mi appartiene…
Sono qui, intrappolata in una realtà che non voglio, che odio, in cui mi sento soffocare… Questo posto sa trasmettermi solo vuoto, un incolmabile senso di vuoto. E non posso andarmene, a quindici anni non puoi fare quello che vuoi…
Il senso di alienazione che forse tu provi stando a Roma, il posto che sono fiera di chiamare casa, non penso che sia comparabile al dolore che provo nello stare qui.
Certo, qui sono cresciuta, qui ho fatto le prime amicizie, ma io so che tutto quello che ho qui e che per me è meno di nulla l’avrei sicuramente avuto anche lì, a casa.
Io Roma la posso vedere solo per uno o due giorni all’anno, ed è terribile…
Quando respiro quell’aria che sa di turisti, di bellezza, quando alzo lo sguardo e vedo stagliarsi le cime dei monti in lontananza, mi sento così bene… E poi la parlata romana è semplicemente una cosa che adoro, che vorrei avere anch’io…
Ma tutto finisce troppo presto.
Poi torno qui, a morire coi fumi dell’Ilva, in un posto che per me ha solo un cumulo di brutti, bruttissimi ricordi…
Ed è questo che trasmetto in quello che scrivo.
Mascherata, la vita che ho vissuto scorre nelle parole che compongono le mie storie e le mie poesie.
Scrivo per sfogarmi, per sentirmi meglio quando sto male, perché qui non c’è nulla per me, e io lo so, lo avverto…
Sogno di andarmene. Sogno una casa modesta alla periferia di Roma, con un balconcino o magari una finestra cui affacciarmi e vedere la città, la mia città. Sogno di sedermi ad un panchina in Piazza di Spagna a leggere, e visitare tutte le meravigliose gallerie d’arte di cui la città è piena.
Sogno di tornare a casa, di tornare nel posto cui sento di appartenere e a cui mi hanno strappata, per portarmi in una realtà che per me è solo buio.
Per il resto, mi sento orgogliosa delle mie origini quando anche una persona come te, che si sente turista nel posto in cui vive, si rende conto di quanta meraviglia ci sia nella città più bella del mondo.
complimenti Nihal bellissimo commento … tu hai espresso cio ke anke io provo stando come te lontana dalla mia città natale !!!
E’ bello sapere che lo pensi, grazie…