Il post su Sherlock arriva prima del previsto.
Preparatevi, sarà lungo, perché le sette puntate viste finora mi hanno stimolato una serie di riflessioni generli sullo storytelling. Così, per fingere che non mi sto tanto divertendo a vedere un’ottima serie televisiva, ma sto lavorando .
Comunque. Non sono una grande esperta di Doyle, anche se ho letto tipo un racconto su Sherlock Holmes e da bambina amavo, e ho letto svariate volte, Il Mondo Perduto, ma lì c’erano i dinosauri, e all’epoca – ma pure adesso – bastava una squama a comprarmi per la vita. Mi sono quindi avvicinata al prodotto Sherlock semplicemente perché sono orfana di serie televisive da un po’. Visto che i miei amici su Facebook non facevano che parlarne, mi sono comprata i primi due cofanetti. Visione rigorosamente in lingua originale, che così faccio esercizio, e senza sottotitoli, che non sono mai stata capace di leggerli e seguire l’azione.
Diciamo che fino alla seconda puntata della prima stagione l’ho trovato gradevole. Intendiamoci, c’era già moltissimo di apprezzabile. Ma Sherlock Holmes ha trovato otto miliardi di incarnazioni differenti nei secoli, e quel tipo di dinamica – sociopatico geniale, al contempo insopportabile e adorabile, affiancato da uomo comune saldamente piantato coi piedi per terra che rappresenta un po’ il suo lato umano – ci è stata proposta in mille salse diverse, a partire dalle riduzioni cinematografiche e televisive vere e proprie dei racconti, fino a scantonare a cose evidentemenye ispirate a, tipo il Dr. House o in certa misura il rapporto Sheldon-Leonard in The Big Bang Theory. Non che nel caso di Sherlock la cosa fosse riproposta male, o in modo banale. Solo, mi sembrava di averla già vista. Mettiamoci anche che, delle sette puntate che ho visto finora, la 1×2 è la più debole. Poi è arrivato il finale di stagione. E lì, vabbeh, niente, è partito l’amore. Probabilmente è dovuto al fatto che ho una fascinazione per i cattivi sopra le righe, psicotici e interpretati da gente che pare pazza vera, e dunque con Moriarty il mio gusto per il grottesco è stato abbondantemente titillato, sarà che la trama era intricata, complessa, e che indubitabilmente “acchiappa”, sarà che al terzo episodio tutte le dinamiche, le presentazioni del caso, erano fatte, e dunque il meccanismo ben oliato era lanciato, ma, niente, ho capito che stavo diventando dipendente. Poi arriva quel gioiellino della 2×1, e lì ero ormai perduta.
Mi ci è voluto un sacco di tempo per mettere a fuoco perché Sherlock mi piaccia, e perché certe cose, certi snodi, abbiano finito per ossessionarmi. L’impressione iniziale – di cose del genere se ne sono già viste, quanto a nucleo tematico – non è cambiata. E allora? E allora ieri, mentre mi gustavo il primo episodio della terza stagione, ho avuto la mia epifania. Ho scoperto una cosa che sapevo già: non è quel che racconti, è come lo fai. E per come, nel caso di un telefilm, intendo regia, musica, attori, sceneggiatura.
L’originalità è ormai un mito inarrivabile. Cioè, certo, c’è chi la insegue, magari la consegue anche, e fa benissimo, ma la verità è che le storie che funzionano meglio sono quelle che ci siamo sentiti raccontare miliardi di volte. Le conosciamo a memoria, probabilmente a volte ci risultano anche prevedibili, ma non possiamo fare a meno di restare catturati, perché sono seminali. E Holmes, che è sulla cresta dell’onda da due secoli, è una di queste storie. Venuta meno l’originalità, resta solo la messa in scena, il modo di raccontare. E Sherlock, sotto questo punto di vista, è magistrale, in tutto. Novanta minuti di puro godimento. Funzionano gli attori, che, cosa gli vuoi di’, dal primo all’ultimo, compreso quello che compare per mezzo nanosecondo, sono tutti bravissimi, e si producono in interpretazioni che ti resta solo da alzare le mani. Funziona la regia, dinamica, curata e a volte preziosa, senza essere però troppo “fighetta”, con artifici visivi divertenti (tutte quelle scritte a schermo…deliziose). La fotografia è qualcosa di spettacolare: hai una città dove il sole non c’è mai, dove tutto è grigio? ‘Sti cazzi! Approfittiamone! Che sia tutto luccicoso di pioggia, grigio e definito come in un quadro. La sceneggiatura…e vabbeh, pure lì hai tipo venti trenta battute a episodio che ti tatueresti sulla pelle. I soggetti spesso vengono dai libri e dai racconti, e ne sono, a quanto mi dicono coloro che li hanno letti, geniali reinterpretazioni (devo dire che la rielaborazione della famigerata caduta dalle cascate di Reichenbach, in effetti, lo è), per cui funzionano alla grande. La somma di questi elementi dà un risultato impeccabile, in cui tutto funziona, e che soprattutto produce un mondo altro. Guardare Sherlock è infilarsi per novanta minuti in una dimensione parallela e autosussistente, chiusa in se stessa, come infilarsi in una camera insonorizzata e staccare dal mondo. È la capacità della grande narrazione di genere, creare mondi, salotti all’interno dei quali il lettore è invitato ad entrare e ad ammobiliare fino a sentirsene parte. Guardi un episodio, e, non so come dire, sei a casa. Creare mondi non è solo inventarsi il pianeta X con le regole Y; è costruire ambienti che catturino il lettore/spettatore e non lo lascino andare. Sherlock è una macchina per produrre questo. E, ça va sans dir, non è tanto la storia del “caso dell’episodio”, o soltanto di uno che, armato di sola logica, mette ordine nel caos del mondo, per quanto, ovviamente, sia anche questo. È una storia di evoluzione di personaggi, dei rapporti che tessono, delle reazioni che hanno di fronte a ciò cui la vita li mette davanti. Sono i personaggi che funzionano, e quelli che appassionano. Anche questa è una banalità, eppure nella mia carriera di lettrice spesso mi sono imbattuta in libri in cui leggevo le gesta dei protagonisti e non mi interessava davvero nulla di loro o di quel che sarebbe accaduto. La gente si limitava a fare cose e vedere gente (cit.) senza produrre mai un vero coinvolgimento col lettore. A quel punto puoi anche ammazzarmeli tutti, se non sono entrata nella loro testa nessuna di quelle morti, per quanto egregiamente scritta, sarà un picco emotivo. Ecco, in Sherlock ti frega di tutti, ma proprio tutti. Nell’arco di soli sei episodi, sono diventati tutti amici miei per i quali spasimo. E non è facile.
E poi c’è questa storia del primo episodio della terza stagione, quella che davvero mi ha fatta riflettere. Da qui in giù sarò spoilerosa per chi non conosce un po’ le vicende dell’Holmes letterario, e un po’ anche con chi non è ancora arrivato a questo punto della serie. Niente di che, comunque. E insomma, la seconda stagione terminava col finto suicidio di Holmes, e lasciava alla terza l’improbo compito di spiegare come aveva fatto Sherlock, in tre secondi netti in cui Watson non guardava, a fingere di spiaccicarsi per terra ma in realtà a sopravvivere. Mi dicono che i due anni trascorsi tra seconda e terza stagione sono stati impiegati da molti fan a cercare di spiegare come questa cosa sia stata possibile. Ci troviamo insomma in una situazione à la Lost: mettere insieme gli indizi per cercare di spiegare una cosa inspiegabile. Lost se l’è cavata sparando nel misticismo. Sherlock è ancora più paraculo: nemmeno ci prova a darti una spiegazione. Ne inanella quattro o cinque nell’episodio, tutte sostanzialmente implausibili per una ragione o per l’altra (ma tutte che strizzano in qualche modo l’occhio al fandom che s’è scervellato) e conclude senza darne nessuna. La reazione dello spettatore dovrebbe essere di frustrazione e rabbia. E invece no. Al netto delle varie opinioni, non gliene frega niente a nessuno. A me non è fregato niente su tutta la linea. Ma zero proprio. E perché? Perché è tutto “a magic trick”, un gioco di prestigio. Il narratore agita le mani, e se le muove bene, a te non interesserà sapere da dove è uscito il coniglio: ti godrai la magia, sarai tornato bambino per un attimo, e il trucco sarà irrilevante. Così con le narrazioni fatte per bene. Chi sa narrare, chi lo sa fare per davvero, è in grado di far passare il lettore sopra a molte incongruenze e implausibilità. Non sto dicendo che si debba fare, non sto dicendo che la maggioranza lo fa: dico solo che quando una storia ti prende per davvero, certe cose semplicemente smettono di avere importanza. E perché? Perché, semplicemente, non sono quelle il punto. Non era importante, ai fini della trama, dello sviluppo dei personaggi, persino della loro caratterizzazione, sapere come Sherlock sia sopravvissuto. Non è il fulcro della narrazione (lo era invece, per inciso, in Lost, che ci aveva fondato su tutta la sua mitologia). Siamo tutti Watson, quando Sherlock inizia a cercare di spiegare come ha fatto a portare a casa la pellaccia. Non ci interessa sapere come ha fatto, ma perché. Tutto qua.
Ammetto che il trucchetto mi ha lasciata ammirata. È stata una scelta coraggiosa, ma assolutamente vincente: è la potenza della storia, della narrazione, che vince su tutto. Ma devi essere bravo, un sacco bravo, fuori scala.
Comunque. Come avrete capito, io in quel salotto sono entrata e mi ci sono fermata, ritagliandomi il mio bell’angolino. E ho lasciato che l’illusionista facesse su di me tutti i trucchi che voleva. Ci sono dentro. L’unico, vero problema è l’estrema brevità del tutto: ogni serie conta tre puntate, che durano 90 minuti, certo, ma fanno comunque sei episodi di una serie televisiva normale, di quelle da 26 episodi a stagione. Poco. Già oggi mi sono rifiutata di vedere la 3×02 perché poi ne manca una sola (in tutto, al momento, sono tre stagioni), poi mi tocca aspettare, che palle…Ma il marito non è stato ancora catechizzato, per cui conto almeno su una visione ulteriore. E poi, poi si aspetta. Sperando che pure questa non faccia la fine di Misfits, una delle più grandi delusioni di questi anni di serie televisive. Ma voglio essere ottimista, via .
SPOTLIGHT
Presentazione per la Libreria Spartaco ed eventi passati
19 novembre 2020, 11:30
Sono giorni complicati e pienissimi di cose. Settimana scorsa, come avete visto, ho fatto tanti eventi. Un altro ci sarà stasera; l’appuntamento è alle ore >>>
I miei prossimi appuntamenti
Venerdì 6 Dicembre – Sabato 7 Dicembre 2019 – Più Libri Più Liberi – Roma
Venerdì 6 Dicembre
h 16.00 – 17.00
Firma copie presso lo stand Comics&Science
h 17.00 – 18.00
Firma copie presso lo stand Tunué
Sabato 7 Dicembre
h 14.00 – 16.00
Firma copie presso lo stand Tunué
h 17.30
Presentazione de Il Re dei Rovi di Marcelo Figueras. Interverranno Francesco Troccoli e l’autore in collegamento da Buenos Aires.
Awww! Io praticamente adoro Sherlock!
Quando mi annoio scrivo serie su di lui. E su Irene. E su Moriarty. E su Molly. E su John. E su Mary. E su Mycroft. E su…vabbè, hai capito vero?
Oh, Sherlock! <3
Personalmente trovo che sia una delle serie TV migliori che io abbia mai avuto la fortuna di guardare.
Finora, e ho visto tutte e tre le stagioni, ho una sola critica da fare che, guarda caso, è proprio la critica che nessuno sembra muovere: Irene Adler.
Mi dispiace, ma lei proprio non mi è andata giù.
Non tanto come personaggio a sè, era un gran bel perosnaggio, ma è stata proprio la trasposizione ad essere sbagliata.
La Adler originale è stata una delle sole quattro persone che siano mai riuscite a battere Sherlock Holmes in astuzia e l'unica donna che ci sia riuscita. Per questo Holmes, che non aveva mai mostrato particolare attenzione verso le donne, arriva ad ammirarla a tal punto che, per lui, lei diventa "La Donna", con articolo determinativo e maiuscola compresi.
Irene Adler si fa, sì, imbrogliare dal trucco del finto incendio proprio come nel telefilm, ma si accorge anche di essere stata imbrogliata, capisce CHI l'abbia imborgliata (Sherlock era travestito, quando si è infilato in casa sua) e se la fila con l'amante e le foto che Holmes doveva recuperare, prima che lui abbia il tempo di organizzarsi per recuperarle, lasciandogli addirittura una lettera di saluto.
Ora, con tutto il rispetto per l'Irene della trasposizione, a me non importa che anziché farne una cantante, come avrebbe dovuto essere, ne abbiano fatto una Dominatrice, non importa del fatto che non fosse chiaramente attratta da Holmes e viceversa, mentre nel libro questo non succede, ma vederla battuta e implorante me l'ha fatta veramente odiare.
Dr. House è una sorta di Sherlock Holmes, ma della medicina (io lo adoro).
Sherlok, il telefilm è il miore che abbia mai visto basato sul famoso investigatore. E anche il film di Guy Ritchie è il più fedele in assoluto al personaggio.
House se non erro è dichiaratemente ispirato ad Holmes; del resto, anche la dinamica Holmes/Watson è simile a quella House/Wilson…
Del tutto Sherlocked, mi unisco a te. Mi unisco a te anche nella riflessione puramente narratologica, che ultimamente influenza un po’ tutte le mie recensioni sia letterarie che televisive. In qualsiasi racconto, sia esso scritto o televisivo, io ricerco una coerenza narrativa prima ancora che di trama: la sapienza del narrare a volte supera davvero l’importanza del contenuto, sebbene di contenuto ci sia bisogno. Sherlock ha un contenuto, indubbiamente, ma quello che ne fa la forza è uno show don’t tell portato all’estremo proprio nella 3×01, che giustamente hai definito “a magic trick”.
Io ho guardato tutti gli episodi in una settimana e mezzo.
Mi sono innamorata di tutto di questa serie: dalla fotografia, all’atmosfera così irresistibilmente british, alla fedeltà che mantiene rispetto ai romanzi di Doyle (che, come tutti i classici, devono essere necessariamente reinterpretati con arte!), alla sceneggiatura mozzafiato, ai momenti comici, alla recitazione, a Cumberbatch (sposami, ora).
(Avverto chi legge, attenzione possibili SPOILER!)
Qualcuno ha criticato la serie per i cambiamenti subiti dal personaggio, che strizzavano troppo l’occhio al fandom. Io non la vedo così. La scelta degli autori è andata verso un’evoluzione precipitosa dei fatti: non si ha il tempo di odiare Moriarty che è già bell’e morto, non si ha il tempo di apprezzare fino in fondo quel cinico bastardo di Sherlock che è già diventato un po’ più tenerone e quasi non lo si riconosce.
Però, a mio avviso, si tratta di una scelta anche coraggiosa. Niente viene tirato per le lunghe (come in certi filler di BSG, che continua a rimanere la mia serie preferita), niente si riduce a uno schema preimpostato, anzi cambia continuamente forma, pur mantenendo il nucleo originario. Il discorso di 3×02 a qualcuno è sembrata una scivolata nel patetico, per me era commovente, geniale e comicissimo, un capolavoro virtuosistico degli autori.
Una menzione d’onore per Mary Morstan, personaggio che ho adorato. E vogliamo parlare del gesto finale di Sherlock in His Last Vow? Non so come la pensi, ma molti fan si sono scandalizzati della conclusione. Per me era geniale e ha risolto QUALUNQUE difetto di trama potesse esserci fino a quel momento.
Sono anche speranzosa nel seguito…e per esempio riguardo al “did you miss me?” non credo che avremo un banale ritorno di M.
Perdona la lunghezza ma questa serie mi ha colpita a livelli che finora poche cose avevano fatto.
Non ho trovato assolutamente la terza serie inferiore alle altre, anzi; per consapevolezza dei propri mezzi credo sia superiore alle altre, ed è mancato anche l’episodio di mezzo debole delle altre due. Ti dirò, la 3×02 è probabilmente la mia preferita della stagione. Inoltre, ha una compattezza tematica che le altre stagioni non avevano: ci sono rimandi continui tra le puntate, e l’evidente costruzione di una trama orizzontale anche piuttosto solida. Nulla da eccepire neppure sull’evoluzione psicologica di Sherlock, mi sembra perfettamente giustificata all’interno della trama (ahò, è fintamente morto per gli amici alla fine della seconda stagione, torna dopo due anni di assenza, le persone cambiano, e anche i personaggi devono farlo). Il gesto di fine stagione di Sherlock è perfettamente coerente anche lui con tutto il resto: sì, ho letto di gente che dice che “non è da lui” e cose così, ma francamente, stanti le permesse e le caratteristiche di Magnussen, che gli restava da fare? Narrativamente è tutto lineare e giustificato, non c’è nulla in tutta la serie che non trovi giustificazione in quel che viene prima e quel che viene dopo. Le critiche e tutto il resto fanno semplicemente parte del fatto che Sherlock ormai appartiene ai fan quanto agli autori, e dunque i primi sentono (pure a ragione…) in diritto di immaginare un proprio personale sviluppo per il personaggio. Gli spettatori hanno un proprio Sherlock, e su questo modello interiore misurano i cambiamenti che il personaggio subisce nella serie. Anche gli inside jokes e le strizzate d’occhio agli spettatori sono elementi che per forza di cose dovevano entrare a far parte della serie: è la stessa cosa che accaduta con Lost, per esempio, e fa parte del successo del prodotto. Quando la gente inizia ad amare una cosa a questi livelli, in qualche modo a premere per farne parte, gli autori non possono che prestarsi, se sono persone intelligenti e con un certo grado di onestà intellettuale.
, la parte più baraccona: ma solo io preferisco tanto Freeman come attore che Watson come personaggio?
Mo’, finita la parte seria
Ooops. Ero così preso dal consigliarti quali serie televisive potevi vedere, che mi ero appunto dimenticato di dirlo che proprio perché non ho visto la terza stagione di Sherlok sottotitolata in italiano, probabilmente non posso capire alcune affermazioni. Forse questa cosa è inutile e di troppo, ma non volevo far sembrare il mio commento di prima roba troppo da spam.
Dunque, io di Sherlok non ho visto la terza stagione sottotitolata in italiano. Solo le prime due stagioni doppiate in italiano. Non ho potuto vedere la terza stagione sottotitolata perché ora come ora sto vedendo intere serie televisive che non conoscevo e a cui ero rimasto indietro. Durante il periodo festivo infatti mi sono visto tutto Dexter e Lost. Poi mi sono visto le prime due stagioni di Sherlok e poi mi sono visto gli episodi di Supernatural e Breaking Bad fino a quello che ora stanno trasmettendo su Rai 4 (stessa cosa per Walking Dead fino all’episodio di Fox). Ora sto guardando Grimm, e dopo aver finito gli episodi doppiati in italiano mi vedrò “I Borgia” e “Heroes”. Comunque Licia, se vuoi delle belle serie televisive da vedere, se non le hai già viste, io ti consiglierei C’era una volta per esempio. Quella è una serie molto bella con una storia molto interessante. Ed oltretutto è stata fatta dagli stessi produttori di Lost, ed infatti in essa troverai anche alcuni attori di quella serie (ne trovi anche uno nello Spin Off “Once Upon a Time in Wonderland”, che ti consiglio di vedere anche quello). Poi un’altra serie altrettanto interessante è Doctor Who, una serie molto bella, divertente, profonda, ed interessante (anche quella ha uno Spin off chiamato Torchwood (molto più seria e drammatica), la cui trama avviene in contemporanea a certi eventi, e quindi, per vedere entrambe senza ricevere spoiler l’ordine giusto sarebbe vedersi la prima stagione di Torchwood dopo aver visto la prima e la second stagione di Doctor Who, e vederti la seconda stagione di Torchwood dopo aver visto la terza stagione di Doctor Who, mentre la terza stagione di Torchwood la vedi dopo aver visto l’episodio di Doctor Who “la fine del viaggio”. La quarta stagione invece, dato che non ha alcun collegamento con Doctor Who in alcun modo puoi vedertela da dopo l’episodio “la fine del tempo” in poi). Poi un’altra serie davvero bella è “My Little Pony l’amicizia è magica”. Lo so che questa serie teoricamente sarebbe da bambini, ma ti assicuro che quando la vedi ti conquista. Saresti sorpresa a quante persone piace questa serie. Puoi infatti vedere qui su wikipedia quanto i fan di quella serie siano numerosi e cosa fanno http://it.wikipedia.org/wiki/Fandom_di_My_Little_Pony_-_L%27amicizia_%C3%A8_magica quindi te la consiglio vivamente. Ah, nel caso lo farai un dettaglio, questa serie ha anche un film chiamato Equestria Girls, esso è canonico con la serie, e quindi, per non creare confusione cronologica, esso va guardato DOPO la terza stagione ma PRIMA della quarta. Beh, questo è quanto. Che ne pensi? ^_^
Ciao
Questo post l’ho letto subito, perché a me sinceramente Sherlock piace un sacco… anche se il mio episodio preferito resterà sempre e comunque il primo. Comunque… anche il terzo della terza serie è fantastico, e poi ha un finale… Cioè, quando l’ho visto, io ero qualcosa tipo: “Ehi, non so perché abbiano fatto questo, ma li adoro!”. Anche il secondo episodio della terza serie è bellissimo, anche se non riuscirò mai ad amare troppo Mary… comunque, ti consiglio di guardare l’ultimo il prima possibile, perché ne vale davvero la pena (soprattutto se ti piacciono i “cattivi” sadici…)
Buonasera Licia.
No, beh il mio intervento di oggi sulle cosidette “incongruenze inaccettabili” era destinato ai risvolti importanti che compongono la trama principale di un opera letteraria o di altro genere, di la non si scappa.
Non era pertinente a quelli che sono i minimi dettagli di una trama, in cui possono essere presenti delle discrepanze/incongruenze, che di per se si notano poco o nulla.
Condivido quando dici “Ho l’impressione che se il lettore comincia a notare tutte le incongruenze… significa che tu scrittore non sai saputo appassionarlo” e sì perchè se un libro è noioso o lo molli, o l’attenzione comincia a passare in rassegna altre cose.
Per quel che mi riguarda non vado a caccia d’incoerenze, ma certamente se vado a cozzare in una grossa resto deluso.
Che dire? Sì, se ti capita e ne hai voglia leggiti “L’ultima avventura” e il Mastino dei Baskerville dove Doyle spiegherà in maniera plausibile come ha fatto a riportare in vita il detective più celebre della storia*. Il telefilm non l’ho visto ma se hanno fallito nello spiegare il suo ritorno, o non l’hanno fatto aggirando di fatto l’ostacolo è perchè nell’ultima puntata gli sceneggiatori hanno sboronato deviando dal racconto originale per scelte che, presumo, siano state dettate da necessità di spettacolarizzazione e vendita del prodotto.
In una parola marketing.
D’accordo basta così per stasera, sono stanco mortoXD
Grazie e a presto.
*Almeno prima della nascita di Lincoln Rhyme.
A dire il vero, io sono rimasta molto delusa dalla terza stagione. Tutto questo “vogliamoci bene”… mah!
Premesso che sono un fan di Doyle e ho letto quasi tutti i suoi libri inerenti le vicende del nostro caro e comune amico Sherlock non mi sono mai interessato a nulla di ciò che è stato creato in seguito ai racconti originali da parte di altri autori come pure a produzioni televisive o cinematografiche.
Tale scelta è stata dettata dalle molte delusioni che ho ricevuto, andando a vedere al cinema piuttosto che attaccarmi al caro vecchio televisore, nello scoprire che fine avessero fatto i miei libri preferiti essenzialmente mutilati per esigenze di copione o peggio di buget.
Potrei raccogliere molti esempi, ma va be sorvoliamo.
Ora volendo venire finalmente al punto vorrei dire poche cose.
Nel racconto originale Moriarty al momento della resa dei conti appare assai garbato dal momento che conferisce a Holmes la possibilità di scrivere due righe al suo amico dottore prima di cimentarsi in quella lotta che farà scrivere la parola fine sulla saga, così come desiderava l’autore fino a quando i fan lo assilleranno a tal punto da fargli cambiare idea, farlo tornare sui suoi passi e guidarlo come un automa alla sua macchina da scrivere e appunto dar vita, anche se sarebbe proprio il caso di dire, risuscitare il nostro amato Sherlock.
E qui la mia memoria si ferma, però non mi par proprio vi siano incongruenze nel testo originale.. Tra l’altro il dottor watson non era presente durante lo scontro con il prof.Moriarty e questa già di per se rappresenta uno sfregio all’originale dato che, da quel che mi è sembrato di capire i produttori televisivi ce lo hanno infilato come un involtino nel forno, quindi mi sembra ovvio che deturpato lo scenario originale sia difficile dare una spiegazione che illumini il noir con la luce della ragionevolezza esposta invece da Doyle.
Comunque quando stai scrivendo un noir le incongruenze sono un fatto inaccettabile dato che tutto alla fine deve essere spiegato e se mi permetti la magia di cui parli deve essere presente quando il crimine viene commesso tanto da lasciare tutti spiazzati e a bocca aperta simboleggiando il loro stupore con un immensa O disegnata sulla bocca,e non quando i pezzi del puzzle vanno rimessi insieme per chiudere il cerchio.
Detto questo chiudo. Spero tu non te la prenda a male per le mie osservazioni, poi sono anche un tuo fan, da poco lo ammetto, ma proprio ieri sera ho comprato il terzo volume della Ragazza Drago, riguardo al secondo mi complimento per come hai caratterizzato Fabio io non avrei saputo fare meglio anche se… magari però te lo scrivo per mail.
Alla prossimaXD.
Perché me la dovrei prendere a male? Sono opinioni, si fa per discutere. Anzi, speravo si discutesse di più, ma ormai questo blog è il deserto dei tartari…
Guarda, non so, io facevo un discorso più generale sulla narrazione, non necessariamente noir. Ho l’impressione che se il lettore comincia a notare tutte le incongruenze (e qualcuna ce n’è sempre, perché lo scrittore non è Dio, magari molto piccola e insignificante ai fini della trama, ma c’è) significa che tu scrittore non sai saputo appassionarlo. Poi, vabbeh, c’è chi parte a leggere un libro solo per trovarci le incongruenze, oppure ce ne sono nel racconti di così grosse che la sospensione di incredulità se ne va a quel paese, ma in linea di massima comincio a credere che se sei bravo l’assoluta coerenza interna non è importante. Attenzione, non dico in assoluto né in qualsiasi caso: è ovvio che ci sono panzane che uno non si può bere e punto. Ma piccole cose, sì.
Viste tutte e nove!
Devo essere sincero, inizialmente non mi aspettavo nulla di buono da uno Sherlock “moderno”, sopratutto Benedict non mi piaceva, così a pelle. Mi sono dovuto ricredere su tutto, questa serie è davvero fantastica ed essendo io un fan di Doyle, sono rimasto piacevolmente sorpreso.
Il cast, comunque, è fenomenale, sopratutto Martin Freeman (Watson) mi piace tantissimo O_O
A me Cumberbatch fa paura
. E concordo fu Freeman, che adoro e che ho apprezzato molto anche ne Lo Hobbit.
Per me la più debole è la 2×02.
Per questa serie è amore puro
Credo che Moffat vinca proprio nella caratterizzazione dei personaggi secondari e dei nemici: Moriarty e Irene Adler su tutti.
E poi Benedict è fortuitamente geniale nella sua interpretazione.