Quindici anni

1998, credo. Roma, estate.
Sono in giro con due mie amiche al centro. Ho una gonna di lino beige lunga al polpaccio e l’adorata canottiera nera coi brillantini che ho ancora (sì, ho dei vestiti feticcio). Non sono ancora rasata, ho i capelli più o meno a caschetto. Non so quanto peso, ho già smesso di usare la bilancia da un po’.
Sono ragionevolmente rilassata e contenta, è estate e sono in giro con le amiche, va tutto bene.
Ad un certo punto, un tizio poco più grande di me, in macchina, accosta, tira giù il finestrino, e mi fa: “Ahò, lo zoo e da quella parte”. Ride e sgomma via.

2014. Roma, estate.
Sono di ritorno da una presentazione, e sono in compagnia di amici. Ho i capelli rasati blu, un camicetta nera a dire il vero un po’ invereconda sulla scollatura e una minigonna nera. Ho i tacchi nonostante i sanpietrini, e le ghette di pizzo nero al polpaccio che ho preso dall’Inghilterra (siccome le adoro, pubblicità: le trovate qua). Siamo in una gelateria. Dopo una serie di scherzi col gelataio, in cui io prometto che la prossima volta comprerò il gelato lì (stavolta non l’ho preso per le solite pippe sul peso) e gli dico che mi riconoscerà dal capello, lui butta là che mi riconoscerà per altro che non sia il blu sulla testa, anche se è sposato e padre di famiglia. Esco dalla gelateria e morta là.

Non so esattamente perché vi racconti questa cosa. Un po’ è di sicuro la rivincita delle cozze: non sono mai stata bella, non credo di esserlo neppure ora, ma a quanto pare a diciotto anni ero un cesso e a trentatré mi fanno i complimenti. Ma soprattutto è che in questi quindici anni che separano i due eventi ho capito una cosa, una cosa che credo mi sarebbe stata utile capire quando ero ancora una ragazzina: che bello, brutto sono parole un po’ senza senso. Si può passare dall’una all’altra in un battito di ciglia. A parte il peso, che è l’unica reale differenza tra le me stessa del 1998 (ma ancora non pesavo 68 kg, comunque, non credo avessi addosso più di un sei chili più di ora), non sono cambiata da allora. È cambiato tutto il contorno. È cambiato che ad un certo punto della mia vita ho deciso di assomigliare più all’immagine mentale che avevo di me stessa. È cambiato che volevo star bene nella mia carne, che non avevo più intenzione di vergognarmi a mettermi una maglietta attillata, che volevo essere come mi percepivo nella mia testa. E questo è bastato a far di me, agli occhi degli altri, una persona diversa. L’ho già detto, ho trentatré anni e finalmente ho un avatar di cui non mi vergogno, e in cui mi ritrovo perfettamente. E questo credo si percepisca. Non ho più problemi a truccarmi, anzi, ne ho fatto un’ulteriore espressione di creatività (non avete idea di quanta roba cerchi di sperimentare con ombretti et similia), non ho problemi a mettermi una gonna corta, o ad andare in giro coi capelli blu, o con le ghette. Sono io, e non ne ho vergogna. Ed è questa sicurezza che mi rende forse più interessante.
Per il resto, intendiamoci, l’aspetto fisico non mi ha mai né ostacolata né aiutata. Ho conosciuto mio marito che ero piuttosto pienotta, camminavo curva e vestivo solo con jeans e magliette, e lui s’è innamorato di me per questo. Le tette mi hanno persino ostacolata in un esame, con una professoressa che era gentile coi ragazzi e un po’ più acidella con le ragazze (ma mi mise comunque 30). Ho sempre puntato su altro, ed è con altro che ho guadagnato quel che ho: la faccia tosta, la fantasia, una certa capacità (acquisita, perché da piccola ero un disastro) nei rapporti sociali. Perché allora ad un certo punto ho voluto cambiare il mio aspetto? Per star bene con me stessa, e basta. Per non sentirmi sempre il brutto anatroccolo in mezzo alle mie amiche, che mi scelgo sempre bellissime :P . Per sentirmi bene, ancora, nella mia pelle.
Il senso di questo sproloquio? Se non vi piace qualcosa in voi, cambiatelo. Si può fare. Non vi risolverà la vita, non la cambierà dall’oggi al domani, ma se vi fa sentire a disagio, forse vale la pena di cambiare. Ma fatelo soprattutto per voi. Tanto, se non state bene con voi, conterà poco essere “belli”, qualsiasi cosa significhi. Ci dobbiamo assomigliare, dobbiamo essere come vogliamo, che desideriamo essere grassi, magri, muscolosi o mingherlini, strani o uguali a tutti gli altri. Basta che sia quel che vogliamo. La verità è che la sicurezza in noi stessi è tutto.

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9 risposte a Quindici anni

  1. Hera scrive:

    Cara Licia,
    i miei quindici anni (ovvero tanto tempo fa) non sono stati idilliaci:
    Punto primo ero la classica sfiga, non troppo secchiona ma apprendevo con una cerca rapidtà.
    Punto secondo, non sono mai andata troppo appresso alla moda, si può dire che mi vestito come mi pareva e non come dettava la moda, allepoca (che detto tra noi, era una moda orribile!)
    Punto terzo, è troppo facile dire che bisogna vestirsi cme ci si sente perché non è affatto così. La società ti impone certe regole, se le rispetti sei dentro, se no sei fuori e poi sono cavoli tuoi se vieni etichettata come “quella fuori moda o che non si sa vestire, o peggio, una che si veste alla cavolo”.
    Io ci son passata e tante volte mi ha fatto male essere giudicata “solo” per quell’accessorio fuori moda – ma che a me piaceva tanto- ed essere ignorata dalle altre ragazzine IN.
    Ancora oggi è così nelle scuole ma nella società.
    Ciao

    • Licia scrive:

      I miei tredici sembarno assai simili ai tuoi quindici: la secchiona della classe, l’abbigliamento sciatto e via così. Ma francamente della “società” a me frega poco, altrimenti dovrei essere una madre patologicamente devota alla prole o una che usa il sesso per avere vantaggi, perché questi sono i due unici modelli di femminile presentati. Sono contenta di essere fuori da questo tipo di società. Ma “la società” è un moloch gigantesco che al suo interno ha diverse anime, e tra queste anime sono riuscita a ritagliarmi un mio spazio, in cui la mia eccentricità non è motivo di rifiuto, ma anzi spesso è apprezzata. La gente che mi giudica per il capello colorato, per l’abbigliamento e così via c’è, ma è gente il cui giudizio per me non conta. Conta invece il giudizio che su di me come persona mi danno coloro che stimo e alla cui amicizia tengo. E a loro non interessa come vesto.

  2. Abc scrive:

    Sicura che il tizio del 1998 non ti chiedesse informazioni per tornare a casa sua? Forse gli mancavano le sue sorelle scimmie (senza offesa per le scimmie, loro non farebbero mai una cosa così tanto stupida). Inoltre bella o non bella, tu sei diventata una scrittrice di successo e sei entrata nel cuore di moltissime persone, lui? Probabilmente sarà un depressone che sfoga la propria frustrazione derivante dal fatto di essere il nulla assoluto insultando le persone che un valore ce l’hanno. Io da lettore non posso far altro che vederti bellissima, perché bellissime sono le emozioni che sei riuscita a lasciarmi. Se la bellezza fosse proprio questo?

  3. Nihal scrive:

    Certo, il primo passo per piacere agli altri è piacersi, però non è detto.
    Voglio dire, magari noi ci piaciamo così come siamo però agli altri non andiamo bene.
    Ma proprio a nessuno. Nemmeno alle persone che ti stanno accanto da una vita.
    Io personalmente mi reputo carina – per carità, la maggior parte delle persone che conosco sono più belle di me, ma non sono uno schifo, anzi sono completamente innamorata dei miei boccoli dorati e non li taglierei né li tingerei per nulla al mondo – però tutti che mi criticano per come mi vesto, per il fatto che non metto né trucco né gonne.
    Il trucco mi fa sinceramente un po’ schifo – paranoie mie.
    Le gonne… Oh, beh, lunga storia…
    Insomma, è importante piacersi, questo non lo metto in dubbio assolutamente. Però a volte mi chiedo a che serve mettere i vestiti che mi piacciono di più quando per gli altri – tutti gli altri – sono invisibile o semplicemente un di troppo.
    Non mi reputo antipatica, però sono schiva, non mi piacciono le persone, però se non piaccio a qualcuno almeno ci provo a farmi accettare. Perché le persone non lo fanno con me?
    Non credo che si sia capito qualcosa di quel che voglio dire, ma il punto è che, certo, piacersi è importanti, però noi soli non basteremo mai a noi stessi, ed è brutto essere se stessi e vedere che il mondo non ci accetta, ci rifiuta. Almeno l’angolo di mondo che ci è concesso di conoscere.

    • Licia scrive:

      Io credo che semplicemente tu non abbia ancora trovato una compagnia che ti corrisponda veramente. Anch’io per molti anni dell’infanzia mi sono sentita sola e non capita da un sacco di coetanei. Poi, alle superiori, ho trovato molta gente per la quale il mio aspetto fisico e le mie stranezze non erano un problema. Quando le troverai, vedrai che non sarà più un problema come ti vesti o come sei. In fin dei conti, avrei difficoltà a chiamare amico una persona che ha da ridire su come mi vesto. I miei amici magari non approvano, ma a loro non interessa se ho i capelli blu o castani.

  4. Gaia dell'intervista scrive:

    Sono pienamente d’accordo :)

  5. _sibi_ scrive:

    lacrimo :’)
    sono parole bellissime quelle che scrivi, davvero.

  6. Alessandra scrive:

    Davvero belle parole… Mi hai fatto riflettere molto!

  7. Barbara scrive:

    Grande Licia! Hai detto una cosa che io, che sono più vecchiarella di te, riesco a consigliare agli altri, ma non so mettere in pratica. Perchè in fondo il giudizio delle altre persone non è nulla se non siamo noi le prime a trovarci belle e, per trovarsi belle, non serve avere l’aspetto di una modella, ci si deve accettare, amare e fregarsene di quello che pensano gli altri. Sai, credo che proverò a metterlo in pratica su di me, in fondo tentare è già un inizio. :)

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