Archivi del giorno: 12 febbraio 2016

Onde gravitazionali

Era più o meno metà settembre. Irene aveva da poco iniziato la scuola, e quella per noi era la gran novità del momento. Io pensavo a tutt’altro, insomma, quando una sera Giuliano mi disse che al suo gruppo di ricerca era arrivato un alert per la ricerca di possibili controparti ottiche di onde gravitazionali. Era una mail che veniva dall’America, e indicava una grossa porzione di cielo in cui cercare.
«Mi stai dicendo che abbiamo visto le onde gravitazionali? Dopo settant’anni è più che le cerchiamo?» chiesi io già con una certa accelerazione del battito cardiaco.
«Sembra di sì».
Per capire perché fossi emozionata, occorre fare un passo indietro. Di cento anni, per la precisione, a quel geniaccio di Einstein che, se c’è un aldilà, oggi sta brindando alla faccia nostra.
Tutti conoscete la forza di gravità, una delle forze fondamentali della natura. La forza di gravità agisce tra le masse, tutte le masse, e le fa attrarre. La sua forma matematica è stata elaborata da Newton, e credo la conosciate tutti.

gravità

Sostanzialmente significa che i corpi si attirano con forza maggiore tanto più grandi sono le masse coinvolte, e che questa forza decresce abbastanza rapidamente con la distanza.
La forza di gravità la sperimentiamo tutti i giorni: è quella che fa cadere gli oggetti, che ci tiene saldi a terra, che fa girare la Terra intorno al Sole.
Nel 1915, cercando di spiegare una serie di effetti sperimentali che non tornavano con le teorie, Einstein diede una descrizione più precisa della forza di gravità con la sua Teoria della Relatività Generale. La teoria della relatività dice sostanzialmente questo: lo spazio e il tempo sono un’entità unica, lo spazio-tempo, appunto. Le masse sono in grado di deformare lo spazio-tempo; per capire cosa vuol dire immaginiamo di vivere in uno spazio a due dimensioni, per comodità, un bel telo elastico. Se è ben teso, il telo è piatto e, per andare da A a B (vedi disegno a) la via più breve è una linea retta.

relatività

Se però metto tra A e B un peso, questo deforma il telo. Per andare da A a B rimanendo vincolati al telo la via più breve sarà una linea curva (disegno b). La stessa cosa succede nello spazio-tempo, solo che è impossibile da visualizzare facilmente, perché lo spazio-tempo ha quattro dimensioni, ma l’effetto è, sostanzialmente, lo stesso.
Ora, in linea di massima parrebbe che tanto l’interpretazione di Newton che quella di Einstein portino allo stesso risultato: nel caso del sistema solare, ad esempio, i pianeti girano intorno al Sole sia che la si veda come Einstein che come Newton. In realtà ci sono effetti osservativi che la relatività spiega, e Newton no. L’esempio più straordinario sono le lenti gravitazionali. Vi incollo qui sotto un esempio.

Cheshire Cat

Questo è il Cheshire Cat, lo Stregatto; quelle che vedete formare il contorno del volto e il sorriso del gatto sono lenti gravitazionali. Funzionano così: immaginiamo di avere un grosso oggetto tra noi e una stella lontana. Se consideriamo la legge di gravitazione universale di Newton, non dovremmo essere in grado di vedere la stella; i fotoni non hanno massa, quindi non risentono della forza di gravità. Secondo la relatività generale, invece, i fotoni si muovono comunque sullo spazio-tempo, e dunque sono costretti a seguirne la curvatura. L’effetto è che, nonostante la presenza del grosso oggetto, noi vediamo comunque la luce della stella: deformata, e ci sembrerà venire da un’altra direzione, ma la vedremo. La cosa è esemplificata da questo disegno.

lenti gravitazionali

Tornando allo Stregatto, sorriso e il profilo del volto sono galassie poste dietro un ammasso (gli occhi del gatto), che non dovremmo vedere; ma poiché lo spazio-tempo è curvato dall’ammasso, i fotoni “girano” e dunque le vediamo lo stesso. Einstein aveva previsto quest’effetto, che venne osservato per via sperimentale nel 1919, durante un’eclisse di Sole.
Fin qui, però, non s’è parlato di onde gravitazionali. Sono un’altra predizione della teoria della relatività generale. Un’onda, vabbè, lo sappiamo tutti cos’è: pensate al mare. Lì la superficie dell’acqua viene in qualche modo modificata, perturbata si dice, e questo movimento si propaga. Notate che le particelle non si spostano realmente: oscillano intorno a una posizione d’equilibrio. Le onde elettromagnetiche, tra le quali annoveriamo anche la luce, sono perturbazioni del campo elettromagnetico. Le onde gravitazionali sono dunque perturbazioni del campo gravitazionale. Si generano quando delle masse subiscono un’accelerazione, e il problema è che sono minuscole. Tecnicamente, se ne producono di continuo. Qualsiasi massa accelerata le produce, ma sono così minuscole che non siamo in grado di vederle. Possiamo captarle solo quando a produrle sono masse molto, molto grandi.
Ora, le onde gravitazionali le cercavamo da qualcosa come settant’anni. I primi rivelatori risalgono agli anni ’50, e nessuno ha mai visto niente. Ci sono antenne che stanno lì a cercare di captare qualcosa da decenni. Ogni tanto arriva un falso positivo; un terremoto ad esempio, perché, quando il segnale da rivelare è così piccolo, le sorgenti di rumore (ossia i segnali che disturbano la mia misura) sono veramente tantissime. Ma mai, mai era stato visto niente. Confesso, io pensavo non le avremmo mai trovate.
Ora, facciamo un salto avanti e fermiamoci al 2003. In questo anno entrano in azione due nuove antenne per la rivelazione di onde gravitazionali: LIGO, negli USA, e VIRGO, in Italia, a Cascina, vicino Pisa. Si tratta di due interferometri. Funzionano così:

LIGO

ci sono due lunghissimi fasci laser (4 km per LIGO, 3 km per Virgo). I due fasci sono perpendicolari, vengono riflessi, e infine ricombinati su un rivelatore. In questa situazione i due fasci interferiscono producendo una figura di interferenza nota. Immaginiamo che come in figura passi un’onda gravitazionale: a seconda della direzione, modificherà la lunghezza dei due bracci in modo diverso. Cambiando la lunghezza dei bracci, cambia anche la figura di diffrazione, e dalla sua modifica, grazie alle predizioni teoriche, saprò che è passata un’onda gravitazionale. I rivelatori sono due (in verità tre, perché LIGO è composto da due antenne distanti migliaia di km) per rendere più robusta la rivelazione (un segnale visto contemporaneamente, simile, in due antenne ha meno probabilità di essere un “falso positivo”) e per permette di identificare meglio in cielo la sorgente. Detto così, potrebbe sembrare semplice (spero :P ). Si tratta di misurare una differenza in lunghezza. Pari a 10^-18 m su 3 km; per chi non ha troppa dimestichezza con questo tipo di notazione, 10^-18 è uguale a 0,000000000000000001 metri. Su 3000 metri. Durante la già celebre conferenza stampa di oggi pomeriggio Catherine Nary-Man ha detto che è come voler misurare lo spessore di un capello sulla distanza tra la Terra e il Proxima Centaury. E, infatti, la storia della ricerca delle onde gravitazionali è stata fin qui soprattutto la storia di una sfida tecnologica, nel cercare di produrre strumenti sempre più precisi, sempre più accurati. Senza risultato.
Così, nel 2010 i tre rivelatori vengono spenti per aggiornarli in modo da renderli più precisi. Gli anni passano, e, finalmente, nel settembre del 2015, LIGO torna operativo. VIRGO, nel frattempo, è ancora spento. Il 14 settembre, alle 5:51 del mattino ora locale, all’improvviso le due antenne di LIGO rivelano qualcosa. Questo.

LIGO detection

Vi spiego un po’ il grafico. Hanford e Livingston sono le due antenne. In alto, vedete il segnale osservato. Si nota immediatamente che è pressoché identico tra le due antenne (nel grafico di destra le due curve sono anche state sovrapposte per farlo vedere). Al centro, c’è il segnale previsto dalla relatività generale. In basso, la differenza tra dato e previsione, nel quale si vede sostanzialmente solo il rumore della misura. Notate anche, al netto del rumore, quanto il segnale rivelato sia simile a quello previsto. In base alle previsioni teoriche, i ricercatori sono anche in grado di dire cosa ha generato l’onda captata: si tratta della coalescenza di due buchi neri. Un buco nero è un oggetto densissimo, per quanto ne sappiamo con densità infinita. Sono oggetti così densi che la loro forza di gravità è in grado di intrappolare persino la luce; per questo sono “neri”. Due buchi neri coalescenti sono due buchi neri che si girano intorno avvicinandosi sempre di più, fino a fondersi. Fino a quel 14 settembre, due buchi neri del genere sono un oggetto teorico, di cui non si hanno prove sperimentali dirette. Le caratteristiche dell’onda permettono di risalire alle masse: uno ha 36 volte la massa del Sole, l’altro 29 volte. L’oggetto finale nato da questo scontro mostruoso ha 62 volte la massa del Sole (sì, la massa finale è minore della somma, perché parte di questa massa si è persa in energia gravitazionale).
Questo, però, è solo l’inizio della storia. Iniziano le verifiche per essere sicuri che non sia un errore, e parte la macchina della collaborazione: il protocollo prevedere che si cerchi in cielo una controparte, ossia una nuova sorgente in una delle bande nelle quali studiamo l’Universo (ottico, il visibile, o alte energie, raggi X e gamma). Potrebbe essere lei ad aver generato l’onda gravitazionale. È a questo punto della storia che Giuliano mi fa il suo annuncio, e io percepisco chiaramente che siamo tutti sull’orlo di un momento storico.
C’è però un ma. La macchina che dalla rivelazione porta infine alla determinazione che sì, abbiamo visto le onde gravitazionali, è complessa, e coinvolge centinaia di persone (questo è l’articolo originale; contate il numero degli autori…e sono solo una parte delle persone coinvolte). Per questo, ogni tanto si testa l’efficacia del tutto. Nella collaborazione esistono tre persone che possono iniettare nell’antenna un falso segnale, per testare che tutto vada secondo i piani. Nessuno, a parte chi ha iniettato il segnale, sa che si tratta di un falso allarme. Lo dice solo alla fine, quando la collaborazione è sul punto di dare la notizia, altrimenti che esercitazione sarebbe…È già successo in passato, e la collaborazione era pronta per la conferenza stampa di annuncio. Per questa ragione c’è anche una regola, che vincola tutti i partecipanti al progetto: è un accordo di segretezza. In caso di rivelazione, nessuno può parlare prima della conferenza stampa pubblica.
Comunque, la macchina si mette in moto. Solo che il 24 settembre compare questo tweet.

Krauss tweet

Krauss non è l’ultimo arrivato, ed è anche noto al grande pubblico per un bel libro di divulgazione, La Fisica di Star Trek. Solo che il suo tweet significa che qualcuno ha parlato, contravvenendo alle regole (e rischiano anche di essere cacciato dalla collaborazione). Per mesi le indiscrezioni si rincorrono, in uno spettacolo assai poco edificante. E se fosse stata tutta una simulazione? O un errore? Ve li ricordate i neutrini superluminali del Gran Sasso? Lì era stato un errore.
E io intanto guardavo alla cosa dall’esterno; guardavo mio marito e i colleghi andare avanti col lavoro, vedevo la notizia farsi sempre più concreta…e me lo tenevo per me, ovvio :P .
Fino a ieri pomeriggio.
Ora, io sapevo cosa avrebbero detto. Perché era assurdo che facessero una conferenza stampa per dire “guardate che era un falso allarme”. Io lo sapevo, eppure, quando hanno annunciato di aver captato per la prima volta le onde gravitazionali, ebbene, il mio cuore ha fatto un salto, ho abbracciato Irene, chiamato mio padre e scritto a mio zio. Perché era un momento storico, era la fine di una ricerca lunghissima, e l’inizio di una nuova pagina per l’astrofisica. Sì, perché la cosa straordinaria non è tanto – o solo – che dopo settant’anni abbiamo visto le onde gravitazionali. Prove indirette della loro esistenza c’erano già. No, è che ora è possibile studiare l’Universo in una nuova banda, non più solamente la luce visibile (l’ottico) o le alte energie. In sintesi, non possiamo più misurare solo l’emissione elettromagnetica dei corpi celesti. Adesso possiamo misurare anche l’emissione gravitazionale, aprendo un campo completamente nuovo di indagine. E questo significa chissà quanti altri misteri da spiegare, quante altre scoperte che ci attendono. È un cambiamento di paradigma, e per questo è una scoperta da premio Nobel; cambia l’astrofisica per davvero e per sempre.
Io sono onorata di aver avuto la fortuna di assistere, e per di più abbastanza da vicino, a un momento del genere nella mia vita. Quasi sempre la storia ci passa di fianco sotto forma di guerra, tragedia, e sconvolge le nostre vite. È così bello, invece, quando è la conoscenza a toccarci, a farci capire innanzitutto che, sebbene a fronte del cosmo, della sua vastità nello spazio e nel tempo, siamo nulla, restiamo pur sempre, per quanto ne sappiamo, l’unica forma di vita in grado di capire l’Universo. È così bello sapere che, quando ci mettiamo assieme, siamo capaci di cose straordinarie. È così bello che per una volta – non l’unica, certo, per fortuna, ma a me così vicina per gusti e per sentire – sia la pace a scrivere la storia.
Io sono eccitata e contenta. Spero di avervi resi partecipi di questa storia che stiamo scrivendo in questa forma da più di 400 anni, da quel Galileo Galilei che è stato – a ragione – molto citato oggi, ma che viene in realtà da molto più lontano: dalla prima volta in cui abbiamo alzato gli occhi al cielo e ci siamo chiesti perché.

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