Un riflessione

Scrivo questa cosa a cuor relativamente leggero: tutti i discorsi che abbiamo fatto sulla comunicazione allarmistica o meno adesso non hanno più senso. Nell’emergenza ci siamo dentro, e ognuno di noi ha già fatto la sua scelta tra paura e ottimismo. Per cui, mi sento di poter condividere una riflessione su quel che sta succedendo.
Di tutte i vari accidenti che possono capitare a una comunità, l’epidemia è probabilmente quella che più evoca scenari apocalittici e che maggiormente fa paura. Non a caso le epidemie sono al centro di moltissime opere di fiction di ogni genere; anche i film sugli zombie alla fine sono una variazione sul tema del contagio. Ma perché è così?
Qualsiasi altra cosa ci accada, abbiamo sempre qualcosa cui possiamo appoggiarci, ossia il senso di comunità. Una catastrofe naturale, un attentato terroristico, persino una guerra: tutte queste cose molto spesso ci spingono a stringerci gli uni agli altri, a cercare conforto nel lavoro di gruppo e nella solidarietà. Insieme ce la possiamo fare. Je suis Paris, New York, Rome, qualsiasi cosa. Un’epidemia no. Un’epidemia ci tocca nel vero cuore del nostro successo evolutivo sulla Terra: la nostra capacità di cooperare. Solo perché siamo in grado di creare società complesse siamo arrivati dove siamo arrivati. Persino quando eravamo cacciatori-raccoglitori e la nostra storia era agli albori, già allora la nostra arma vincente è stato certo il nostro cervello, ma anche la nostra capacità di fare gruppo. Siamo programmati per essere esseri sociali, e non solo perché nessuno di noi, senza avere contatti con gli altri nostri simili, potrebbe sopravvivere: non sappiamo procacciarci il cibo da soli, non sappiamo farci i vestiti da soli, non siamo in grado di curarci da soli. Ma anche perché la socialità ci serve anche da un punto di vista meramente psicologico, perché è sulla fiducia nei confronti dell’altro, sui rapporti che con l’altro sappiamo tessere, che sono basate tutte le attività produttive dalle quali la nostra vita ora dipende. L’epidemia ci tocca propria là: insieme non si vince l’epidemia. L’epidemia distrugge il tessuto sociale, dilania quanto di più caro abbiamo: l’idea che la nostra casa sia un posto sicuro e i nostri cari un rifugio. Non c’è un noi contro il quale fare gruppo, perché il nemico siamo noi stessi: ognuno di noi può portarselo già dentro, e diventare minaccia per gli altri. O gli altri possono essere una minaccia per noi stessi. Non ci si saluta più, si cammina a testa bassa su lati opposti della strada, siamo di nuovo soli, e lo siamo di fronte a una natura che d’improvviso percepiamo come incurante di noi. E sì che la natura di noi se ne frega sempre, solo che non ce ne accorgiamo, nel nostro mondo tecnologico e iperconnesso.
Non voglio con questo dare giudizi di merito su quel che sta succedendo o fare profezie sul futuro: nessuno lo sa, e in verità non lo sappiamo mai. Avete mai visto un economista prevedere un crollo della borsa? Un politico prevedere la svolta autoritaria? Nessuno di noi sa mai cosa succederà. Solo che adesso siamo spaventati, e allora vorremmo certezze, e capiamo d’improvviso una verità essenziale, che esiste da sempre: che il mondo è un posto infinitamente complesso, e quindi il futuro non lo possiamo prevedere. Mai. L’epidemia – che, val la pena ricordarlo, esiste da quando l’uomo ha iniziato a praticare la pastorizia e siamo bene o male sempre sopravvissuti – ci rivela al mondo e a noi stessi. Ci piaceranno le risposte che troveremo? Non credo, ma comunque potremo farne tesoro.
Per il resto, io sono andata a passeggiare sul Tuscolo, oggi, ho incontrato due persone e per il resto c’era solo una natura muta e bellissima, gli uccellini che cinguettavano e un cielo blu che faceva spavento. E in questa assoluta noncuranza da parte del bosco nei confronti di tutto quel che succede a noi, come al solito, mi sono sentita confortata. C’è tanta bellezza, al mondo, che ci sopravviverà in ogni caso.

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2 risposte a Un riflessione

  1. Lauryn scrive:

    bellissima riflessione Licia, ho tanto da dire anche io in questi giorni, ma ancora non mi riesce di mettere i pensieri in fila. sicuramente presto sentirò il bisogno di mettere giù qualche pensiero anche io. a presto.

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