Archivi categoria: web

Contro la rete

Che palle, un altro post autoreferenziale sulla rete. Sì, avete ragione. Probabilmente avrei dovuto tirar dritto col mio post su Falling Skies, ma il telefilm è così noioso che mi stavo annoiando anche a scriverne. Comunque.
Continua la querelle Vasco Nonciclopedia, ma, come osservato da Valberici su Twitter, tra due giorni nessuno se ne ricorderà più. Però val la pena fare qualche osservazione su cosa questa storia ci sta mostrando, anche se, ça va sens dir, non saranno osservazioni originali. La ha già fatte Lipperatura, per dire.
La cosa che trovo più interessante di tutta la faccenda è la mutevolezza della rete, che è direttamente mutuata dalla mutevolezza delle folle. Il web, d’altronde, è una folla 2.0, costituita da una piazza virtuale di milioni di individui. Appena scoppiato il caso, la rete si è divisa tra pro e contro. L’hashtag #vascomerda è stato il terzo più citato su Twitter nella giornata di ieri. L’hashtag in sé fa immediatamente capire che il confronto non è stato per niente civile, e che anzi la prima reazione della rete è stata trovare un colpevole: Vasco Rossi per alcuni, Nonciclopedia per altri. Tra l’altro, si è osservato il solito fenomeno, quello che ho visto riprodursi in miliardi di post e su un numero spropositato di forum. La cosa va così:
1. Caio dice la sua
2. una serie di persone commentano dicendo quanto ha ragione, lodando Caio
3. passati quei primi commenti di fisiologico apprezzamento, arrivano quelli che sono contrari
4. i primi messaggi contrari sono pacati, poi, man mano che il confronto procede, va tutto in vacca, si fa fuori tema e ci si inizia ad insultare.
Fateci caso. Succede sempre così. Ieri è successo allo stesso modo.
Altra cosa che ho osservato: fino a ieri sui blog era un profluvio di link contro la Legge Ammazzablog, tutti lì a copiare il post esplicativo di Valigia Blu. Poi, ieri, d’improvviso ci si accorge che, ehi, ma in rete c’è anche la diffamazione. E tutti giù allora a dire che la libertà di parola non è diritto di offendere, che c’è libertà e libertà. Forse ho capito male io, ma la legge Ammazzablog vuole proprio questo: limitare la diffamazione a mezzo web equiparandola a quella a mezzo stampa. Se qualcuno ha capito diversamente e vuole spiegare, ben venga nei commenti. Comunque, qui il fatto interessante è che si è passati da una crociata all’altra con grande disinvoltura.
Che conclusioni traggo da queste osservazioni? Che la rete è un mezzo, un mezzo potenzialmente potente, ma che ne stiamo facendo un uso veramente limitante. È come avere una Ferrari e andarci nel cortile di casa.
La rete innanzitutto semplifica, sempre, e lo fa perché tutti hanno voglia di parlare e nessuno di ascoltare. Meglio: perché tutti hanno voglia di sentirsi parte di qualcosa, di una fazione, di una petizione, di un movimento d’opinione. La rete ti dà la possibilità di sentirti un intellettuale impegnato con un semplice click: a volte basta il “Mi Piace” su Facebook. Ormai per molti è diventato un riflesso pavloviano, come quando ti inoltrano una catena di Sant’Antonio senza domandarsi se il bambino in pericolo di vita da due anni perché gli è caduta la televisione in testa sia poi sopravvissuto o meno. Per cui è molto più facile scrivere #vascomerda o #Nonociclopediafascista piuttosto che star lì a domandarsi il perché delle cose. E, pensateci, questo è quel che succede in una qualsiasi manifestazione di piazza, che sia la festa della parrocchia o uno sciopero. Le ragioni e gli intelletti dei singoli si sciolgono nella ragione della folla, che per forza di cose deve semplificare e tagliare con l’accetta.
La seconda osservazione è che a fronte dei due miliardi di mezzi utili per i quali la rete potrebbe essere usata, l’80% degli utenti la usa come sfogatoio personale. Io in primis, eh? Certo, cerco di interrogarmi sull’utilità di quel che scrivo qua sopra, ma oggettivamente ci sono miei post che non vanno oltre la mera narrazione del fatterello quotidiano. La gente va online per provare il sottile piacere di sfottere uno che per una qualsiasi ragione (fama, soldi, bellezza) nella vita reale ti sarebbe “superiore” (le virgolette non sono a caso). Vuoi mettere dirne quattro al Vasco? Non ha prezzo. E così, lentamente, le informazioni davvero utili affondano nel rumore bianco. Perché questa è la legge universale del web: troppe informazioni uguale nessuna informazione. Non siamo ancora arrivati al punto in cui l’informazione non è più “subita” come accade coi media tradizionali, ma “agita”, e non ci siamo arrivati perché la maggior parte di noi non è educata a cercare in rete le notizie vere nel mare magnum di gattini, insulti vari e bufale. Ogni volta che mi arriva la richiesta di parlare di un argomento particolare, entro in crisi: la notizia che mi è stata segnalata è vera? Ne so a sufficienza per parlarne? E via con le ricerche, cercando online informazioni dotate di una qualche autorità. Ma mi rendo conto che sono una mosca bianca: tanti prendono per vero qualsiasi cosa venga loro segnalata. Perché non ho mai parlato della legge sugli sconti sui libri? Perché non ne so a sufficienza, perché non sono riuscita a farmi davvero un’idea. Però mi rendo conto che dar fiato alla bocca e firmare una petizione online è più divertente.
La rete è stata indicata negli ultimi anni come la panacea ad ogni male. Ci hanno detto che è la culla della democrazia, che avrebbe cambiato il mondo. Così com’è adesso, e per l’uso che ne fa la gente, non è né democratica né rivoluzionaria. Vorrei aver fiducia nell’uomo e credere che in futuro le cose cambieranno, ma non vedo nessuno che cerchi di fare il primo, fondamentale passo per cambiare: educare all’uso della rete. I professori più illuminati al massimo leggono i quotidiani in classe (azione più che meritoria, ci tengo a sottolinearlo), figurarsi educare all’uso della rete. E con cosa, poi, visto che tutti sappiamo come sono combinate a livello di alfabetizzazione informatica le nostre scuole?
Per cui, nulla, perdonatemi se continuo ad essere scettica su questa rivoluzione dal basso, che finora ha prodotto solo un irritante baccano, una notte in cui tutte le vacche sono nere.

14 Tags: , ,

Nonciclopivasco

Oggi, apro Facebook, e scoppia la bomba: chiude Nonciclopedia. Meglio. Chiude Nonciclopedia perché Vasco Rossi si è risentito per la sua voce, “gravemente diffamatoria”.
Ora. Non ho mai trovato Nonciclopedia particolarmente divertente. Ok, la mia voce mi piaceva, mi sembrava carina, ma ce n’erano altre livorose e inutilmente offensive. Ma il punto non è questo. Non è neanche che la voce di Vasco Rossi mi sembrava fin troppo moderata (se la cercate, si trova ancora, perché internet è eterno). Il punto è che la chiusura della Nonciclopedia perché una persona s’è sentita offesa non è per niente un bel segnale.
Qui c’è gente di sessanta e passa anni che non sembra aver capito una cosa che è evidente ai ragazzini: internet è il Bar Sport del XXI secolo. Sì, ok, la potenza del mezzo, l’accessibilità dell’informazione, blablabla, tutte cose vere. Ma non possiamo neppure negare che per almeno l’80% il web è costituito da chiacchiere come quelle che si fanno, appunto, al bar. Il web 2.0 alla fine è questo: tutti convinti di avere qualcosa da dire, e dunque lo dicono, e nessuno che ritenga si debba ascoltare. Esattamente come la maldicenza e le chiacchiere da bar, quel che si dice su internet è inarrestabile. Chiudi un sito che dice che sei una donna di facili costumi e ne aprono altri tre che dicono la stessa cosa. La maldicenza in rete è assolutamente inarrestabile. E, come dicevo prima, virtualmente eterna. Questa è una cosa che farebbero bene a ricordare quelli che a cuor leggero diffondono contenuti sensibili online. Le vostre foto a quindici anni ubriachi resteranno lì a darvi problemi per sempre, anche quando sarete cinquantenni astemi. Comunque, prima ragione per cui quella di Vasco è stata una mossa stupida è che non basta chiudere Nonciclopedia. Quel contenuto, che prima probabilmente hanno letto solo i frequentatori della Nonciclopedia e qualche lettore occasionale, adesso rimbalzerà ovunque, sarà noto urbi et orbi, si diffonderà peggio di un virus. L’azione legale del Blasco è stata inutile. Peggio, controproducente, anche perché adesso è lui che fa la parte del fascista che non sa stare al gioco. E poco importa se la voce era davvero offensiva o meno: per il pubblico tu sarai sempre Golia che si incazza contro un povero Davide qualsiasi.
Ora, io non dico che uno non abbia il diritto di incazzarsi per le prese in giro. Sapete che non è così che la penso. Ma so anche che fa purtroppo parte del gioco. Ognuno ha il suo livello di tolleranza (la mia voce nonciclopedica mi divertiva, quelli che mi danno della donna di facili costumi facendo ovvi giochi di parole col mio cognome magari meno), e se non vuole ridere assieme a quelli che ridono di lui, ne è tutto in diritto. Ma quale reale danno d’immagine ognuno di noi riceve quando qualcuno parla male di lui online? Quale danno ne aveva Vasco dalla sua voce su Nonciclopedia? Ve lo dico io. Nessuno. L’unico danno è il fegato grosso che ti fai ad andare appresso a tutti quelli che parlano male di te. Perché per il resto, i tuoi fan continueranno a comprarsi i tuoi dischi, la gente continuerà a venire ai tuoi concerti e via così. Il danno che ti viene operazioni di questo tipo è limitato a quanto te la prendi. Il virtuale nel reale conta meno di zero. A parte, ovviamente, il caso del nostro cinquantenne che a quindici anni si faceva le foto ubriaco alle feste. Lì non sono i “si dice”, lì sei te che hai messo in piazza cose che avresti dovuto tenere per te.
Per altro, uno non va su Nonciclopedia se vuole le ultime notizie su Vasco. Nonciclopedia è un sito di satira (tanto, poco o per nulla riuscita non ha importanza), chi legge sa perfettamente che i contenuti non rispecchiano la realtà, ma ne sono una deformazione grottesca. E allora proprio non vedo il punto, ripeto. Vasco, bastava che cambiassi pagina, come fanno ogni giorno migliaia di utenti. Io lo faccio da dieci anni, se ritengo non valga la pena.
Ma c’è qualcosa di più grave. Ossia che basta che uno alzi la voce, e si oscura un sito. Perché non è che è stata cancellata la pagina di Vasco. È proprio tutta Nonciclopedia, anche le voci che non insultavano nessuno, anche quelle di chi come me non s’era mai lamentato, che è offline. Pensateci. Un bel giorno scrivete qualcosa su qualcuno sul vostro blog, tipo che a Berlusconi piacciono le minorenni. Berlusconi legge, si offende, e vi minaccia di querela. Non conta se quel che stavate dicendo fosse vero o meno. Conta la minaccia di denuncia. E andate offline. Nel mio piccolo, è capitato anche a me. Mi hanno chiesto una rettifica su una cosa che avevo scritto. Considerandola una sciocchezza, e non andando la modifica ad alterare significativamente il contenuto del post, ho fatto la modifica. E se dall’altro lato dello schermo c’era qualcuno di meno civile? Se invece di una garbata mail da parte dell’interessato mi fosse arrivata una bella lettera di un avvocato?
La censura passa da strumenti del genere. Ora, il fatto che su internet la diffamazione la faccia da padrona è sicuramente un aspetto che andrebbe indagato, sociologicamente più che altro, e chi ritiene di essere danneggiato deve poter avere gli strumenti per difendersi. Ma così, francamente, mi sembra che si spari con un cannone ad una mosca, per spolverare una metafora che mi piaceva molto del mio prof di analisi del primo anno. I mezzi messi in campo, a fronte di un danno, come spiegavo, minimo, sono da inquisizione spagnola. Del resto, se non erro l’idea dei nostri governanti è quello di applicare le leggi per la diffamazione a mezzo stampa anche alla rete, quando, in tutta onestà, non mi sembra proprio che le due cose siano paragonabili.
Per il resto, secondo voi posso fare causa a Vasco Rossi per il danno di immagine che mi viene dalla cancellazione della mia pagina di Nonciclopedia?

Aggiornamento:
a me sembra che i contenuti della Nonciclopedia siano tutti più o meno visionabili…e per altro l’oscuramento si è miracolosamente trasformato in “sciopero”, misteriosamente avversato dal server…Mah, la cosa inizia a puzzare…

56 Tags: , , ,