Come anticipato, ho messo online un po’ di foto delle mie vacanze. Mai come quest’anno mi fanno mediamente schifo, ma continuo a postarle nella speranza di essere invogliata a migliorarmi. Per chi fosse curioso, qui trova il pacchetto completo.
A stare due settimane in Sardegna, in un posto immerso nella natura, dove ho avuto modo di nuotare letteralmente in mezzo ai pesci, di fare incontri ravvicinati con ricci – di mare, ma anche di terra… – e stecchi, ho capito una cosa: che quel che mi manca di più, il resto dell’anno, a Roma, è un po’ di sana bellezza intorno.
Intendiamoci, io vivo in una delle città più belle del mondo. Che Roma sia splendida credo sia un po’ fuori discussione per tutti; è un dato di fatto, qualcosa che fa parte del nostro dna di romani. Ma dire che abito a Roma è un po’ eccessivo. Casa mia è certo nel comune di Roma, ma quest’ultimo e gigantesco, e abbraccia realtà profondamente diverse. È una delle caratteristiche di questa città bella e tremenda: cambi borgata, e ti sembra di stare in un’altra città.
Io sono sempre stata ai margini di Roma, per ventitré anni in borgata, ossia nell’estrema periferia, spesso degradata, in cui si sposano il peggio della città e del paese. Adesso vivo semplicemente in un quartiere residenziale periferico, un posto che conta più o meno dieci anni di vita. E, intendiamoci, fino a un paio di anni fa qui c’erano le volpi e gli istrici, si vedono i Castelli e spira il ponentino, ma…ma non è veramente bello. Voglio dire, mi piace casa mia, mi piace vivere qui, ma non riesco a togliermi di dosso l’impressione che tutta l’edilizia moderna, anche quando non raggiunge gli eccessi dei palazzinari anni ’60, se ne frega completamente dell’aspetto estetico. Produce solo case a basso costo, in cui incasellare più gente possibile. L’architettura qui non è una forma d’arte, è tirar su quattro mura in croce e amen, senza nessuna pretesa di “bello”. Costruire case non è ammobiliare un ambiente in modo bello e razionale, è colare cemento. E invece io credo che il bello serva, anche per vivere meglio. Andare in ufficio mi piaceva molto di più, quando lavoravo all’osservatorio, che è architettura fascista, quindi può piacere o meno, ma quanto meno ha una sua “poetica”, ed è per altro immerso in un parco stupendo, o quando lavoravo per l’ASI, e avevo una bella scrivania in un ufficio luminoso e piacevole. Devo dire che era dura invece stare all’università, in quella costruzione con cemento e tubature a vista, e con una finestra che dava sul muro di fronte.
La bellezza non è uno stupido accessorio di cui si può fare a meno, è linfa che ci aiuta ad affrontare meglio la giornata. Il superfluo a volte conta più di quel che è necessario. E avere un po’ di bellezza intorno aiuta, ricarica. Ecco, alla fine credo che in Italia, uno dei paesi più belli del mondo, paradossalmente abbiamo perso il gusto per la bellezza. Abbiamo sperperato quella che avevamo, permettendo abusi di ogni tipo, abbiamo lasciato che colate di cemento seppellissero gli alvei dei fiumi e le nostre coste, spesso anche con esiti tragici. E invece la bellezza resta un valore, qualcosa di cui abbiamo davvero bisogno.