Continua la premiatissima serie “Cose che non capisco”. Ormai ce ne sono tonnellate, forse dovrei cambiare nazione, non so…
Comunque. Sono consapevole che una parte di questo post mi farà infilare in un vespaio non da poco, ma, come al solito, io vi offro le mie riflessioni, poi ognuno faccia in autonomia le sue considerazioni. Credo sia questo il ruolo dello scrittore.
Poco fa ho letto questa notizia. Che non ha nulla di nuovo. Sono anni che si alza la mattina qualcuno – mi spiace dirlo, ma tipicamente cattolico – e chiede a gran voce la cancellazione di un programma “immorale”. Essendo cresciuta coi cartoni animati giapponesi, questa litania l’ho sentita ripetere migliaia e migliaia di volte. Solo che, più passa il tempo, meno capisco.
Innanzitutto non capisco perché A Games of Thrones sia immorale, e roba come la Fico che mostra il culo all’ora di cena no. Aiutatemi, forse me la sono persa io, ma non ricordo alcuna lamentela da parte di chicchessia per la presenza di ragazze discinte riprese in pose umilianti all’ora di cena. Evidentemente si ritiene sia formativo per le nuove generazioni offrire un’immagine degradante di un’altra persona, per altro donna, come se ci fosse bisogno di umiliarci un altro po’.
Poi, mi è tornata alla memoria un’altra faccenda recente, che, lo ammetto, è legata marginalmente a questa – ma vi spiegherò cosa la collega alla prima -, ossia l’esclusione di Fabri Fibra dal palco del 1° maggio. Lì, vivaddio, almeno il problema era un po’ più profondo, e riguardava una cosa drammatica come la violenza sulle donne. Qual è il legame? Che mi sembra che sia giunto il momento di riflettere sulla rappresentazione e l’apologia di reato.
Indubbiamente, A Games of Thrones rappresenta – in modo a volte anche compiaciuto, a mio parere, anche se succede raramente, come se fosse messo lì ad urlare “prodotto per adulti!” – il sesso e la violenza. È uno snodo centrale della trama dei libri, e dunque è qualcosa al centro anche della serie televisiva. Ma promuove anche la depravazione (qualsiasi cosa significhi, e non troverai due persone d’accordo sul senso di questa parola, per cui la uso con cautela) e la violenza? A me non sembra. L’incesto non è certo rappresentato come una bella cosa, anzi: a metterlo in atto sono un codardo e una stronza manipolatrice. Tra l’altro l’amore non c’entra proprio niente; c’entra l’interdipendenza, il possesso, ma l’amore tra Jaime e Cersei io non ce lo vedo proprio. Lo stesso dicasi per il resto del sesso presente nella serie, che ha quasi sempre connotati di bestialità e manipolazione. Per esempio, avete mai riflettuto sul kamasutra dei film americani? Quando si fa sesso per amore, gli amanti vengono quasi sempre mostrati in posizioni “canoniche” tipo quella del missionario. Quando è sesso bruto, via con posizioni che evidentemente a questa gente sembrano particolarmente animalesche. A Games of Thrones non fa accezione, in questo.
E la violenza? Non mi pare ce ne sia un’esaltazione: la praticano tipicamente i cattivi, ed è quella più efferata. I buoni, al massimo, si difendono, e spesso fanno una brutta fine proprio perché fedeli fino alla fine ai loro principi morali. Saremo tutti d’accordo che Ned muore perché non vuole sottomettersi al gioco che si gioca a King’s Landing.
La serie dunque non è immorale manco per niente: dipinge un mondo oscuro e violento perché, ehi, la verità è che la violenza esiste, e magari, se la conosci, se ci rifletti su, capisci anche perché ci fa inorridire. E preferisco due miliardi di volte una decapitazione contestualizzata in una trama degna di questo nome, e soprattutto finta, ai corpi martoriati e veri che i ragazzini mettono su Facebook tra una foto di gattini e una citazione del Vasco. La prima mi induce ad una riflessione proficua, le seconde stimolano i miei bassi istinti se sono uno con dei problemi, mi provocano una nausea di pancia che nasce e muore là se sono una persona con un minimo di sanità mentale.
Ho l’impressione che tutta questa storia in realtà abbia a che fare con la semplice ipocrisia: non voglio vedere le cose, perché se non le vedo, non esistono. Voglio vivere nel mondo delle fate, dove tutti sono buoni, e, se sono cattivi, lo fanno di nascosto, così nessuno lo sa. L’importante è l’apparenza laccata delle cose. Ma io trovo immensamente più immorale una serie che mi edulcora la verità, inducendomi a credere che il male non esista, che mi mente spudoratamente impedendomi qualsiasi tipo di riflessione sulla natura umana, piuttosto che una che mi mostra le cose come stanno. Siamo immorali noi, quando infiliamo la polvere sotto il tappeto, convinti che, una volta che sta là, abbia cessato di esistere.
Che c’entra Fabri Fibra? Fabri Fibra mostra la violenza, saremo tutti d’accordo. Ma il fatto che canti in prima persona non significa che inneggi allo stupro. Personalmente, non trovo che il suo modo di rappresentare tale violenza sia poi particolarmente efficace ai fini di una riflessione più profonda, ma è la mia personale opinione. Là fuori è pieno di gente che lo considera un genio perché svela i lati oscuri di questa società. Possiamo stare a discuterne fino allo sfinimento, ma alla fine è solo questione di sensibilità personale, di carattere, se vogliamo: per dire, io trovo efficacissimo il racconto di un poliziotto al G8 di Genova fatto da Cristicchi in Genova Brucia, e non mi sognerei mai di dire che sta facendo l’apologia del celerino fascista, anche se canta in prima persona. Trovo assai meno efficaci i testi di Fabri Fibra, ma magari è solo questione di gusti.
Quel che voglio dire è che il male c’è, e che invece di concentrarci sulla sua rappresentazione, che spesso ha una funzione catartica e positiva, dovremmo concentrarci su una riflessione etica e morale più profonda. Altrimenti finiamo come quelli che dicono che Gomorra fa schifo perché della camorra non si deve parlare, che “sennò l’immagine all’estero, e poi i panni sporchi si lavano in casa”. La consapevolezza è il primo passo verso la riflessione, e dirci le cose come stanno davvero è la condizione di base necessaria per avere la possibilità di cambiare le cose.