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Perché sono una scrittrice sadica e resterò tale

Un po’ di contesto. Come tutti gli anni, in occasione dell’anniversario della Battaglia di Howgwarts la Rowling ha chiesto scusa su Twitter per la morte di uno dei suoi personaggi, Piton, per la cronaca. Io ho colto la palla al balzo per il tweet che incollo qua sotto

Il tweet, che ha avuto un discreto successo, ha aperto una lunga discussione su Facebook, che, se volete, trovate qua.
Visto che questa storia dei personaggi ammazzati sembra interessare i lettori, ho pensato di farci un post per chiarire meglio la mia posizione. Ci saranno spoiler sui miei libri più vecchi.
Partiamo dal fatto che uno, prima di raccontare storie, le fruisce. Io di storie ho praticamente sempre vissuto; me ne hanno raccontate prestissimo, e prestissimo ho iniziato a raccontarne io. E ho capito abbastanza rapidamente una cosa: che io da una storia voglio il coinvolgimento totale. Io voglio entrare nel mondo che mi viene raccontato, e lì dentro viverci per il tempo della lettura, o della visione. Voglio provare quel che provano i personaggi, appassionarmi a loro, vivere le loro vite. E voglio piangere, se la storia lo richiede, o ridere, a seconda dei casi. Ma provare emozioni forti. Voglio una storia che, per il tempo della lettura o della visione, si sostituisca al mio mondo. Credo che una buona storia questo debba fare. Tra l’altro, un po’ di tempo fa lessi che una ricerca di neurologia ha scoperto che leggere una certa cosa attiva i medesimi circuiti neuronali che viverla in prima persona; insomma, le storie fungono da simulazioni per il nostro cervello, che attraverso i personaggi vive, stando al sicuro al di qua della pagina, cose che nella realtà non potrebbe, o non desidererebbe, vivere davvero. È sostanzialmente la spiegazione di una cosa che avevano capito già gli antichi greci, ossia la catarsi. Io vivo su carta o sullo schermo passioni intense, ed esco modificato da quest’esperienza, senza però averne patito davvero le conseguenze: così posso vedere Edipo che uccide il padre e sposa la madre, sentirmi coinvolto dalle sue emozioni, vivere letteralmente con lui questa esperienza, senza però ammazzare nessuno e senza compiere incesto.
Le storie che mi sono rimaste più nel cuore sono spesso quelle più intense, in cui ho provato forti emozioni: ho pianto tutte le mie lacrime guardando Una Tomba per le Lucciole, e, nonostante questi pianti, è il film d’animazione più bello che abbia mai visto. Stessa storia per Il Labirinto del Fauno, sul cui finale in genere mi sciolgo. Ma è meraviglioso proprio per questo, proprio per il suo finale straziante. O, che ne so, l’addio tra Watson e Sherlock alla fine della seconda stagione di Sherlock, o l’ultimo incontro tra Ettore e Andromaca nell’Iliade (che è stato il primo libro che mi ha fatta piangere), o, per restare a cose recenti, il finale senza speranza di Bruciare Tutto, che però è l’unico possibile, e illumina di una luce tetra tutto il resto.
Tutte le mie scelte come scrittrice sono figlie di questi sentimenti che mi hanno segnata da ragazzina e continuano a segnarmi ora. Io voglio questo per il mio lettore: che le mie storie lo colpiscano duro e a fondo, e restino con lui a lungo. Non mi interessa divertirlo per un’ora, e poi via, a fare altro, dimenticando tutto quello che ha letto. No, io voglio fare parte di lui, voglio ossessionarlo mentre legge, e lasciargli qualcosa che non dimenticherà. Che poi io ci riesca, è un altro paio di maniche. Ma è il mio intento.
Per ottenere questa cosa, ovviamente mi abbandono ai trucchi più beceri, che vanno bene fino a quando sono coerenti con le premesse delle mie storie e finché funzionano. Le morti sono picchi emotivi forti, che avvincono il lettore, a patto che siano preparate, e abbiano un senso. Per cui, io non mi faccio scrupoli a uccidere un personaggio, se la storia lo vuole. Succederanno cose che non vi piaceranno, per dire, in Pandora3, ma vi giuro che la storia le esigeva, e non poteva andare altrimenti. “Siamo il prodotto delle nostre storie dei nostri errori”, cantano gli Otto Ohm in Cupo: è vero per le persone, è vero per i personaggi.
In tanti, su Facebook mi hanno detto della morte di Laio. Lo so, è una cosa straziante. Voleva essere straziante. È stata scritta per esserlo. E io mi sentivo come voi quando l’avete letta, quando l’ho scritta; e quando la vedo sul corto di Erica ed Elia la sento con forza, come allora: il dramma, il dolore, l’inevitabilità. E ne sono soddisfatta. Era una cosa che doveva succedere, era giusto che succedesse: a quel punto della storia il viaggio di Nihal e Sennar era un cammino che si avviava verso gli abissi della disperazione. Nihal doveva arrivare alla fine stremata, nuda e sola; e per questo Laio doveva morire. Perché era una rete di protezione, perché era un puro che non poteva sopravvivere nel mondo del Tiranno. E credo di avergli anche dato una morte degna di lui e di ciò che ha significato per la storia, giunta alla fine di un percorso narrativo chiuso. Ha fatto quel che doveva, ha compiuto la sua evoluzione, è uscito di scena al meglio.
Sulla parete del mio studio, alle mie spalle, c’è una carta da parati con scritta la morte di Ido. È una delle poche cose che ho scritto che rileggo sentendomene soddisfatta. Mi piace e mi commuove anche dopo tanti anni, perché è venuta esattamente come volevo. È la giusta conclusione per un personaggio che è stato con me tantissimo, sei libri.
Ora, anche per me scrivere certe cose non è facile. La Saga del Dominio inizia con una scena piuttosto forte, tra le più crude della mia produzione, non tanto per la quantità di sangue, ma per l’impietosità con cui mi sono imposta di scriverla, senza sconti, perché il mondo di Myra è un mondo di gelo e sangue e il lettore ci deve finire catapultato dentro, esattamente come ci finisce catapultata lei. E mi sono sentita anche un po’ a disagio, mentre la scrivevo, ed era giusto così. Scrivere

“Si domanda perché: perché è successo tutto questo, perché a lei? Lei e Fadi non hanno mai fatto del male a nessuno, e quella terra era loro, secondo gli uomini e secondo Ajel, il dio dei Biaswadi. Forse l’unica risposta è proprio questa: aveva tutto, e non doveva. È stata punita perché aveva l’affetto di suo padre e la sicurezza di una casa. Ha peccato perché è stata felice, e la felicità è un lusso pericoloso. Non era per quello che i Primi erano stati spazzati via dalla faccia del mondo?”

non è stato facile, perché è una roba così connessa a ciò che sono, alla mia vita, alle mie paure, che è come farsi una foto nuda e metterla giù sui social. Però ci voleva, e l’ho fatto. Per dirvi che capisco come vi sentite, ma le storie devono essere così, altrimenti tanto vale fare altro, invece che leggere.
Comunque, sto divagando. Una morte ha senso se è preparata, dicevo: ammazzare una guardia che passa un minuto nella storia non è lo stesso che ammazzare un personaggio che ha un arco narrativo di sei libri. È ovvio che se vuoi colpire il lettore, devi dargli ragioni di interessarsi al personaggio che morirà. Inoltre, la morte deve avere un senso narrativo. La storia lo vuole.
Qualche anno fa venne chiesto a me e Sandrone Dazieri di scrivere il trattamento (la storia, sostanzialmente) di una serie televisiva. Ci mettemmo al lavoro, buttammo giù il tutto, ma qualcosa non tornava. Mancava un pezzo, la storia non scorreva come avrebbe dovuto. E poi ho capito: un personaggio, che arrivava fino alla fine, doveva morire. Era scritto nel suo DNA, nel modo in cui l’avevamo costruito, nelle cose che faceva. Doveva morire. E infatti, una volta che l’abbiamo ucciso, la storia ha iniziato a filare come un treno.
E veniamo al casus belli. Nihal. Io non chiedo scusa per la morte di nessun personaggio. Tutte quelle morti sono servite a darvi storie migliori: sono avvenute là dove dovevano, e come dovevano svolgersi, anche quelle che vi hanno fatti incazzare di più. Il fatto stesso che vi abbiano fatti incazzare per me significa che ho fatto un buon lavoro. Nihal no. Nihal non muore perché ci sia una ragione narrativa; la storia, semmai, voleva che morisse alla fine delle Cronache, ma io all’epoca ero una giovane Padawan, e mi faceva tristezza lasciare Sennar da solo, così il libro finisce come voi tutti sapete. Sopravvissuta alle Cronache, per morire avrebbe avuto bisogno di un’altra storia. Invece è successa una cosa; mentre scrivevo le Guerre, un po’ tutti volevano che continuassi a parlare di Nihal. Ma io non potevo. Nella mia testa Nihal aveva detto tutto quello che doveva, e avevo voglia di raccontare altri personaggi. Nella mia scrittura i mondi sopravvivono, mentre i personaggi raramente superano le saghe, e se lo fanno è in ruoli tutto sommato minori, non da protagonisti. Ma tutti mi chiedevano di Nihal. Ho iniziato a sentirla come una presenza così ingombrante che ho deciso di farla morire. Fuori scena, senza troppe spiegazioni. Io avevo bisogno di andare avanti, e lei me lo impediva.
Ecco. Non c’era alcuna ragione narrativa per cui Nihal dovesse morire. Non c’era una storia che esigeva la sua morte, e se ci fosse stata, non era comunque quella che stavo raccontando. È stata una cosa gratuita, che non è servita a niente. Vedi alla voce del vocabolario morte inutile.
Di quanto questa cosa fosse malnata me ne sono accorta quando ho scritto Le Storie Perdute; erano passati degli anni e mi sentivo pronta a riprenderla in mano senza patemi d’animo, svincolata ormai dal suo dominio su di me. E ho dovuto raccontare di nuovo la sua morte. Una tragedia. Avendola sempre fatta raccontare da altri, era come quelle cose lì che mi scrivo in scaletta quando progetto un libro, e poi quando inizio davvero a scriverle mi accorgo che non tornano: i personaggi non possono essere in quel luogo in quel momento, sì, ma quello non può fare questo perché la motivazione non è abbastanza forte…robe così. Non mi tornava. Mi ha fatta incazzare così tanto che adesso neppure ricordo quale fosse il problema (i problemi li dimentico sempre, una volta risolti, così, la volta successiva, devo sempre ricominciare da capo…), ma c’erano delle cose che non tornavano sulla sua scelta di morire per Sennar e Tarik. Dovetti fare i salti mortali per rendere plausibile un sacrificio del genere, e farlo sembrare una cosa naturale. È l’unica morte di cui mi pento, perché non vi ho fatto un buon servizio, facendola avvenire così. A volte nelle interviste mi chiedono se, come scrittrice per ragazzi, sento la responsabilità di scrivere per un pubblico giovane: l’unica responsabilità che sento è scrivere cose che voglio e devo scrivere, e farlo bene, in modo da darvi una buona storia. Il resto è superfluo.
Ecco, tutto qua. Spero di avervi un po’ chiarito come funziona la mia testa. Specifico che è il mio modo di vedere le storie; come scrittrice sono un tipo piuttosto solitario, e confesso che non ho mai parlato di queste cose coi colleghi, i pochi che conosco. Sono sicura che altri la penseranno in un modo diverso. Ma io faccio scrittura pop, ambisco a fare scrittura pop, e questo è il mio modo di intendere un buon racconto.

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Il corto delle Cronache del Mondo Emerso: intervista a Elia Rosa e Erica Andreose

Molti di voi sapranno che, circa un anno fa, alcuni ragazzi hanno iniziato a realizzare un corto ispirato alle Cronache del Mondo Emerso. Chi di voi era al mio incontro di Lucca dello scorso anno forse si ricorda una ragazza vestita da Nihal che distribuiva dei volantini a forma di elsa della spada di Nihal con sopra l’indirizzo della loro pagina Facebook (questa qua).
Il progetto è andato avanti, e, sebbene resti una cosa fatta per passione tra amici, è diventata enorme, per lunghezza, per impegno, per capacità realizzative. Elia Rosa, il regista, e Erica Andreose, che interpreta Nihal e ha partecipato alla realizzazione di costumi e oggetti di scena, hanno filmato decine di scene, hanno realizzato modellini (tra cui uno, fantastico, di Oarf), armi, vestiti…E lo scorso luglio, a Vinci, per la Festa dell’Unicorno, hanno mostrato i primi venti muniti della loro opera. Io purtroppo non c’ero (è un periodo complicatissimo, lo scoprirete in autunno), però ho ugualmente visto l’anteprima. E mi ha appassionata e commossa; perché è una cosa che trasuda una passione sconfinata, ha una cura per il particolare che tradisce tutto l’amore che i ragazzi stanno profondendo in questo progetto, perché è bello, e pieno di talento, e più grande persino delle mie storie, e io sono onorata di aver dato il La a questa avventura. È bello, bello, bello, dico davvero, chiamarlo corto è anche riduttivo (anche tecnicamente; voglio dire, l’anteprima dura 20 minuti…).
Sono in contatto da un po’ con Elia, Erica e i ragazzi, seguo i loro progressi, cerco quando posso di fare pubblicità al loro progetto, nel mio piccolissimo cerco di aiutarli o quanto meno supportarli. E quindi, niente, siccome vedendo l’anteprima mi è venuta voglia di chiedere loro un po’ di cose, ho pensato di intervistarli per voi. Non sono un granché come giornalista, ma spero che le mie domande possano essere interessanti anche per voi. Vi invito ovviamente a visitare la loro pagina e a guardare il materiale che hanno prodotto.

Ciao Erica ed Elia! Dunque, vorrei cominciare proprio dal principio: come avete conosciuto Le Cronache e come è maturata in voi la decisione di farne un corto?

-Elia: Dopo aver conosciuto Erica circa 2 anni fa, mi sono buttato ,seguendo i suoi consigli, nel mondo della lettura, che fino a quel momento comprendeva solo manga.
Dopo la lettura di qualche libricino decisi di affrontare un librone ben più sostanzioso, “Cronache del Mondo Emerso”, sempre consigliatomi da Erica.
Rimasi incantato sin dalle prime pagine! Riuscivo ad immaginare ogni frase che leggevo con inquadrature cinematografiche, leggevo e immaginavo la scena come se stessi guardando un film! Non mi era successo nelle precedenti letture, ma in questo sì! E accadeva sempre più di frequente…avevo scene complete nella mia mente e mi dispiaceva da morire non poter vederle in un film come “Il Signore degli anelli”, perché questo libro merita davvero di essere un colossal cinematografico.
Dunque un pomeriggio, dopo aver letto qualche capitolo verso la fine del libro (mi mancava ancor un po’ per concluderlo ma avevo già le idee chiare) chiesi ad Erica, buttandola sul ridere:” quando finisco il libro giriamo un video sulle cronache? E tu fai Nihal”…lei era di spalle e si girò stupita :” sul serio?” e io “si! Facciamo un cortometraggio dai”. In quel momento sapevamo entrambi che era un’idea folle e che sarebbe andata in fumo ancor prima di iniziare a fare qualcosa…invece no, ci siamo dati da fare, ci abbiamo creduto e abbiamo lavorato sodo per non mollare! E ora siamo qui a distanza di un anno, quasi giunti al completamento di questo immenso lavoro.

-Erica: Io ho conosciuto le Cronache molti anni fa, in quinta elementare la mia migliore amica mi ha consigliato di leggerle e mi sono immediatamente innamorata della saga che mi ha accompagnato per tutte le medie e mi accompagna ancora! È stata la prima saga che mi ha avvicinato al fantasy e Nihal è un personaggio che mi ha aiutato molto nella crescita, non mi ha mai abbandonato.
Ho consigliato la saga a Elia e anche lui ne è rimasto entusiasta, tanto da propormi la creazione di un cortometraggio, un’idea che non potei assolutamente rifiutare!

Perché avete scelto proprio le Cronache, e non un altro libro, o anche solo un’altra mia saga?

-Elia: E’ stato per puro caso, appunto perché è stato uno delle mie prime letture; prima avevo letto Joyland, Misery di Stephen King, e Colpa delle stelle di John Green. Magari se non lo avessi letto non mi sarei mai cimentato in un’impresa simile.

-Erica: Personalmente penso che le Cronache siano imbattibili come saga fantasy italiana e altri romanzi sarebbero stati più complessi o meno conosciuti.
Le Cronache hanno una buonissima storia sia dal punto di vista fantasy che sotto l’aspetto di crescita del personaggio e inoltre questa trilogia ha una forte armata di fans che avrebbero seguito il progetto e ci avrebbero aiutato molto nella realizzazione del corto.

Vi eravate mai cimentati in qualcosa di simile, come regista e come attrice, o è il vostro esordio assoluto?

-Elia: Ho sempre adorato il cinema ma diciamo che ero più concentrato sulla mia altra grande passione: i fumetti.
Ho sempre passato la mia vita a disegnare e poco prima di lavorare al corto avevo finito un intero volume di un fumetto da me ideato. Ma tra un fumetto e l’altro avevo sempre le mie pazze ispirazioni da regista e ogni tanto giravo qualche cavolata, tipo piccoli trailer (con il cellulare) di cose senza senso, oppure replicavo il più fedelmente possibile i trailer dei 2 film di Spiderman usciti in questi anni (sono un fanatico di Spiderman ), sempre supplicando/costringendo i miei amici ad aiutarmi con le scene, gli stessi amici che sono presenti in questo cortometraggio … sono sempre al mio fianco e assecondano le mie idee pazze!

-Erica: Elia aveva già sperimentato l’esperienza di regia con altri videoclip per il web e io l’ho affiancato nella realizzazione di un trailer come attrice.
Ma il Corto è stata davvero una sfida ad alti livelli, quindi possiamo considerarla la nostra prima vera prova di filmato serio.
Io ho sempre recitato nei laboratori teatrali scolastici ma non ho mai studiato presso scuole o corsi specializzati e soprattutto non avevo mai provato a recitare di fronte ad una videocamera, che è un’esperienza molto diversa dal teatro.

Erica, vieni dal mondo del cosplay? E se sì, come hai cominciato, e che personaggi hai realizzato?

-Erica: Si sono una cosplayer ma nulla di impegnativo. Mi piace realizzare qualche personaggio per mia pura soddisfazione personale. Ho iniziato nel 2011 grazie ad una mia cara amica che mi ha convinta a partecipare a un’esibizione di coppia con lei ad una gara cosplay e come primo approccio è stato davvero fortunato (la nostra esibizione ha vinto) e super divertente! Ho realizzato Gumi Megpoid dei Vocaloid in tre versioni, Sherlock della BBC e Amy Pound di Doctor Who.

Come avete elaborato la sceneggiatura e lo storyboard? È stato un lavoro di gruppo?

-Elia: Erica ed io abbiamo discusso a lungo su cosa raccontare effettivamente della storia.
Era ovvio che non potevamo ricreare ogni scena dall’inizio alla fine perché sarebbe stato un lavoro davvero immenso e ci avrebbe portato via anni, perciò pensammo di riassumere la storia di Nihal per momenti fondamentali.
Ci serviva un sistema per raccontare in modo rapido e preciso la sua vita dall’inizio alla fine, ed è per questo che abbiamo pensato di rendere tutto un flash back facendo partire il cortometraggio da un momento molto drammatico della storia per far rivivere a Nihal ciò che l’ha portata a quel momento.

-Erica: Tutto il lavoro riguardante le inquadrature è stato realizzato da Elia che ha sempre avuto una visione chiara delle scene che voleva girare, ha disegnato tutti gli storboyard; talvolta l’ho aiutato o gli ho proposto qualche nuova idea. Poi nel momento effettivo delle riprese si apportavano delle modifiche a seconda delle location o di come veniva la scena. Il resto del gruppo è stato fondamentale moltissime volte perché si accorgevano di molti errori che io ed Elia non potevamo notare durante la ripresa e ci hanno anche fornito molti spunti interessanti per la realizzazione di nuove inquadrature.

E per quel che riguarda il cast, come l’avete scelto?

-Elia: Non è stato molto difficile, non avevamo molte alternative poiché non avevamo soldi per fare un casting, ma solo occhioni dolci per convincere i nostri amici a darci una mano :P .
Mio fratello era la persona più scontata da utilizzare, lui è la mia cavia (poverino…), subisce perennemente tutti i miei esperimenti e si sottopone controvoglia alla realizzazione delle mie idee. Per convincerlo è bastato dirgli che lui avrebbe interpretato un cavaliere (Fen) e che avrebbe indossato un armatura d’oro! (lui AMA le armature :P )
Soana invece è interpretata dalla sua ragazza, Laura, che è stata scelta per la sua incredibile somiglianza all’illustrazione del personaggio! Era perfetta!
Stessa cosa vale per Laio. Riccardo era l’ideale, un ragazzino dall’aria dolce con i capelli biondi ricci, in più ha interpretato magnificamente il fammin.
Livon non è stato facile; visto che sono io il più grande tra i miei amici, avevo solo scelte più giovani di me per fare il padre di Nihal, perciò decidemmo di costringere Jacopo a farsi truccare per invecchiarlo di circa una quarantina d’anni.

-Erica: Diciamo che è nato man mano che scrivavamo gli storyboard; quando sceglievamo quali personaggi inserire nel corto andavamo alla ricerca fra i nostri amici di coloro che assomigliavano maggiormente al personaggio.
Fortunamente tutti i nostri amici sono pazzi almeno quanto noi e ci hanno supportato e seguito in questa avventura sopportando molte fatiche!
Alcuni personaggi sono riusciti davvero divinamente, è il caso per esempio di Ido che è stato interpretato magnificamente da Luca Crivellaro, con le sue doti recitative è riuscito a ricreare la piena essenza del personaggio in poche scene.

Come avete scelto le location? Qual è la vostra preferita?

-Elia: La mia location preferita è Fonte Regina a Torreglia, dove abbiamo girato la scena di Phos. Mi è subito sembrato il luogo ideale dove Nihal poteva concentrarsi e trovare la comunione con la natura.

-Erica: Pensiamo che le location siano uno dei nostri punti di forza, i meravigliosi luoghi dei Colli Euganei ci hanno fornito un personale Mondo Emerso da far vedere.
Abbiamo passato un mesetto buono in macchina alla ricerca dei vari luoghi che ci interessavano, quindi li abbiamo catalogati e divisi per scene e funzioni.
È stato molto interessante scoprire paesaggi davvero magici vicini a noi che non avevamo mai visitato!
La mia location preferita è le Cascate Schivanoia a Teolo, dove abbiamo girato la morte di Laio: un posto incantevole con un’atmosfera davvero unica!

Immagino che gli effetti speciali abbiano rappresentato una grossa sfida: qual è stata la cosa più difficile da realizzare?

-Elia: E’ stato senza dubbio il salone del Tiranno per la scena di apertura! Sono stato settimane al computer per rendere al meglio quella scena che dura solo 2 minuti. Ho anche dovuto sacrificare più di un’inquadratura perché era troppo complesso creare il fotomontaggio per via della telecamera in movimento. La difficoltà stava nel fatto che l’intera scena è stata girata con lo schermo verde! Non c’è nulla di reale in quella scena, oltre Nihal e al Tiranno.
Per creare il salone abbiamo usato un modellino in legno apribile nel quale potevo entrare con la telecamera per poter riprendere il paesaggio da ogni angolazione.
La difficoltà maggiore stava nel riuscire a fotografare il salone con l’angolazione identica alle inquadrature fatte mesi prima. Se le foto non avevano una perfetta angolazione, il fotomontaggio al computer sarebbe uscito male e con una prospettiva sballata. È stato davvero tutto un lavoro di prospettiva e luci per camuffare gli errori e la finzione dell’ambiente, ma il risultato finale per noi è qualcosa di impressionante e siamo davvero soddisfatti, visto e considerato che fino a pochi mesi fa io nemmeno sapevo usare un programma di effetti speciali!

E per quel che riguarda costumi e armi?

-Elia: Tutte le Armi realizzate per il cortometraggio le ho realizzate io in legno, tranne una che l’ha costruita mio fratello (la spada di Fen), ricordo ancora che le prime due armi che ho realizzato sono state la spada di Nihal e il pugnale di Sennar, all’insaputa di Erica :P , perché volevo regalargliele al suo compleanno. Infatti giorni prima stavamo parlando del cortometraggio (non avevamo ancora iniziato a disegnare gli storyboard) e io la prendevo in giro guardando le illustrazioni delle armi e dicendole :“mamma mia, guarda che dettagli le spade… ma secondo te riusciremo a farle? Sono difficili eh….mi sa che non ce la facciamo” (ma in realtà erano già pronte da giorni).

Per i costumi, la maggior parte sono stati creati con stracci o stoffe vecchie o comunque con cose che già avevamo in casa e molti non sono nemmeno cuciti ma sono incollati con la colla a caldo.
Ovviamente abbiamo curato molto di più i costumi dei personaggi principali, soprattutto quello di Nihal. Per i costumi più importanti ci siamo affidati alle mani più che capaci della mamma di Erica :P , la tenuta da battaglia di Nihal penso sia un’opera d’arte! È meravigliosa.

-Erica: Il drago sicuramente è stato la sfida più grande ma anche l’armatura di Fen e il Fammin sono stati molto impegnativi come realizzazioni perché ci hanno preso molto tempo.

Invece la scena più difficile da girare, per Elia, e da interpretare, per Erica?

-Elia: credo che la scena più difficile sia stata quella in cui Nihal cavalca il drago mentre vola.
Era inverno ed era freddo anche se eravamo chiusi in u. capannone. Avevo bisogno di molte persone per girare quella scena: qualcuno che muovesse il drago, due persone che muovessero il mantello di Nihal per simulare il vento e qualcuno che sparasse aria compressa in faccia ad Erica per farle muovere i capelli!
Abbiamo girato penso per due ore, ed Erica, oltre a soffrire per la scomodità di stare seduta sul dorso spinato di Oarf soffriva molto il freddo poiché indossava il costume di Nihal e continuava a prendersi raffiche di vendo gelido in faccia (non ho idea di quanto mi abbai odiato in quel momento).

-Erica: Per me è stata più difficile da recitare la morte di Fen, volevo renderla al meglio ma non sapevo neanche io che movimenti o espressioni fare per rendere vero il dolore di Nihal.
Alla fine ho improvvisato e tutto sommato quando la riguardo mi piace, invece ci sono altre scene che pensavo di aver recitato molto bene ma quando le riguardo sento di non averle fatte al meglio.

E la scena preferita, per entrambi?

-Elia: A mio parere le scene più riuscite sono quelle con Ido, per la luce, per le interpretazione, per le inquadrature. Nel lavoro completo sono risultate veramente cinematografiche e personalmente le adoro da morire! Ma adoro anche la scena della morte di Fen, perché è molto drammatica e mio fratello sembrava realmente morto! Abbiamo scelto noi di farlo restare con gli occhi semi aperti e non chiusi del tutto, per far si che quel momento fosse ancora più duro e triste per chi guarda.

-Erica: La mia scena preferita è quella girata con Ido durante l’addestramento, è venuta davvero bene a mio parere! Visivamente penso verrà benissimo la scena della neve perché ha dei colori e un’atmosfera unica che la rende uno dei pezzi forti del video anche se è solo un frammento.

Qual è stata la cosa più emozionante di questo progetto?

-Elia: Sicuramente conoscere te e il fatto che tu ci sostenga e segua il progetto :P . Poi è stato molto emozionante assistere in prima persona alla reazione dei fan all’anteprima del cortometraggio alla Festa dell’Unicorno! Eravamo terrorizzati ed agitati, non prevedevamo la reazione degli spettatori, ma siamo rimasti sbalorditi dagli applausi e dai complimenti ricevuti, è stato davvero inaspettato e ha ripagato tutti gli sforzi fatti per creare questo cortometraggio!

-Erica: Vederlo crescere piano piano, vedere l’idea diventare realtà e capire di aver fatto qualcosa di importante quando guardandoci alla spalle vediamo molti fans che ci seguono e ci supportano.
Per me è stato un vero sogno avere l’approvazione di Licia e il suo supporto costante!
I momenti più emozionanti li ho vissuti in fiera quando le persone venivano ad abbracciarci dicendo che ci seguono sempre sul web oppure quando genitori o adulti ci stringevano la mano per complimentarsi e spronarci a continuare su questa strada.

Domanda classica di chiusura: progetti futuri? E lo rifareste, o vi siete pentiti? :P

-Elia: Personalmente io vorrei tuffarmi in un’avventura diversa da questa nei progetti futuri. Abbiamo esplorato un mondo con le Cronache, vorrei esplorarne altri lavorando a qualcosa di diverso! Io amerei realizzare la versione cinematografica di uno dei fumetti che ho creato in questi anni e dopo aver fatto questo corto credo che potrei cimentarmi in qualcosa anche di più complesso :) . Adoro le sfide e adoro sfidare me stesso.
Se domani mattina mi svegliassi e mi ritrovassi ad un anno fa quando ancora progettavo questo video, non credo avrei la forza per rifare tutto daccapo. Mi piacerebbe, ma non lo rifarei. È stato un anno davvero duro e abbiamo sacrificato moltissimo del nostro tempo libero e di quello dei nostri amici per lavorare al cortometraggio, ma non sono e non sarò mai pentito di aver speso il mio tempo dietro a un progetto del genere. Perché mi ha permesso di dare veramente sfogo alla mia creatività e alla mia immaginazione, alla mia voglia di fare e alla mia passione. Vedendo i risultati ottenuti sono davvero orgoglioso di me stesso e dei mie amici. Perché un progetto del genere sarebbe una sfida per chiunque, e noi siamo solo un gruppo di amici senza nessuna competenza in materia, ma ce l’abbiamo fatta e speriamo di ispirare altri pazzi come noi a cimentarsi in sfide così grandi.

-Erica: Progetti futuri ce ne sono tanti, faremo una scelta e ci cimenteremo in una nuova avventura, vorremmo un po’ cambiare registro in modo da conoscer anche altre tipologie di trame e di filmati.
Sicuramente non spariremo!
Il Corto delle Cronache è stata una sfida bellissima che ci porta ogni giorno grandi soddisfazioni ma sarebbe una bugia dire che non ci sono stati momenti in cui eravamo ad un passo dal gettare la spugna.
La vera sfida è stata andare avanti nonostante tutti gli imprevisti e i momenti di sconforto, però è stato molto utile come crescita e ci ha portato innumerevoli gioie, quindi si lo rifarei!

Bon, tutto qua. Vi invito ancora a visitare la pagine del progetto. Io cercherò di dare conto di ogni sviluppo e dello stato di avanzamento della cosa. E poi, magari, di una bella proiezione pubblica :) .

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Il ritorno del Mondo Emerso

Ad Aprile faranno dieci anni dalla pubblicazione di Nihal della Terra del Vento. Sono dieci anni che faccio questo lavoro. Da un lato mi sembrano tantissimi, dall’altro mi pare siano volati. Scrivere, e pubblicare, ormai fanno parte del modo in cui definisco me stessa, e non so immaginarmi a fare altro se non raccontare storie. D’altra parte, mi sembra ieri che, con quindici chili più di adesso addosso, varcavo le porte del Lingotto assieme ai miei, a Sandrone, Massimo Turchetta e Marco Giusti, per la prima presentazione della mia vita. Ne sono successe di cose, da allora.
A partire dal 20 Febbraio, sarà disponibile la ristampa dei tre volumi del Mondo Emerso; visto che mi sa che alcuni di voi all’epoca della prima uscita non sapeva leggere – urgh, la vecchiaia… – vi ricordo i titoli: Nihal della Terra del Vento, La Missione di Sennar, Il Talismano del Potere.
Voi direte, vabbeh, una ristampa, e capirai. No, perché c’è un elemento di novità, un grosso elemento di novità, che potete vedere qua sotto.

L’autore delle illustrazioni di copertina si chiama Corrado Vanelli. Mi rendo conto che si tratta di un grosso cambiamento, che siete abituati a vedere il Mondo Emerso in un modo completamente diverso; io però ho amato queste illustrazioni fin dal primo momento in cui me le hanno mostrate. Mi piace soprattutto Nihal, perché l’artista ha colto di lei elementi che secondo me fin qui non erano stati mostrati, ma che erano presenti nel personaggio fin da principio. È questa la cosa bella del passaggio della cretività da un medium all’altro, da un artista all’altro: che ognuno aggiunge un pezzetto, mette in luce un aspetto diverso del progetto iniziale. Io sono stata fortunata, e in tutte le incarnazioni che il Mondo Emerso ha avuto negli anni, c’è stato sempre un arricchimento. Le illustrazioni di Paolo hanno innegabilmente modificato il modo nel quale percepivo il Mondo Emerso, influenzando anche le mie storie. Il Mondo Emerso, l’ho sempre detto, continua a essere vivo in me, anche se negli anni ho parlato d’altro e ho sterzato verso nuovi lidi; non può essere altrimenti, visto che è grazie a lui che sono stata in grado di intraprendere questa carriera. Per cui, chissà se in futuro non sarò influenzata anche da questo nuovo modo di vedere i miei personaggi. Per ora me li godo in questa nuova incarnazione, e spero ve li godiate anche voi.

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In difesa della mia città

Se mi avessero detto che un giorno avrei scritto un post del genere, probabilmente non ci avrei creduto. Che poi è anche quello che ho detto sabato mattina, quando sono uscita di casa e la mia via era uniformemente coperta da 15 cm di neve. Se me lo avessero detto, non ci avrei mai creduto. Ecco, la neve qui è una specie di miracolo – o una maledizione – e ha conseguenze eccezionali. È che ho letto in giro accuse varie, osservazioni fuori dalla grazia di dio e cose in generale cui vale la pena rispondere. Per cui lo faccio. Sapete che non provo un grande attaccamento per questa città in cui non solo sono nata, ma in cui ho anche sempre vissuto, e non ho alcuna stima per la giunta che la governa ora. Però è pur vero che per una volta tanto mi sembra che ci siano state mosse accuse un po’ ingiuste.

10 cm di neve non sono un’emergenza, io a Vattelappesca sono sotto due metri di neve ma nessuno si spreca in articoli su di me
Beh, nel complesso sarei anche d’accordo, ma le emergenze vanno commisurate sulla normalità. Mi sembra ovvio che 10 cm di neve a Milano non sono niente. Io ho vissuto tre mesi a Monaco di Baviera, e ha nevicato praticamente sempre, e non c’è stata una volta che la città si sia bloccata o i cittadini abbiano risentito delle avverse condizioni meteo. Ma a Roma l’inverno in genere non esiste: abbiamo sei mesi di straziante autunno, con qualche giorno a cavallo di gennaio e febbraio in cui la temperatura si degna di scendere intorno allo 0. Sì, quasi tutti gli anni finge di nevicare, ma non attacca praticamente mai. La neve è un fenomeno estremamente raro a Roma. È quindi ovvio che 10 cm di neve, che per di più rimangono nelle strade per due, tre giorni – mentre parlo qui fuori la situazione è praticamente identica a sabato mattina – siano un evento eccezionale che mette alla prova i meccanismi della città. È anche più o meno comprensibile che la città risponda in modo farraginoso all’emergenza: non credo esistano spazzaneve, e le catene per il romano medio sono quell’oggetto lì che usi per andare a sciare a Ovindoli.

Ma quindi ha ragione Alemanno?
Calma. No, non ha ragione Alemanno. Per due ordini di motivi: innanzitutto, per sapere cosa stava per succedere bastava farsi un giro sui siti meteo. Non servivano i bollettini della Protezione Civile, non servivano quelli dell’Aeronautica, lo sapevamo tutti che avrebbe nevicato, e molto. Che poi non ci credessimo davvero, è un altro paio di maniche: tu, in quanto sindaco, sei pagato per credere all’incredibile, o almeno prepararti ad affrontarlo.
Secondo poi, posso accettare che nelle prime ore dell’emergenza le cose vadano a catafascio. Sono trent’anni che non vedi la neve, posso capire che ci voglia un po’ per carburare. Non posso invece accettare che dopo 48 ore dalla nevicata l’unico sale che abbia visto l’abbiano gettato quelli del centro commerciale qui sotto per permettere l’accesso ai clienti. Degli spazzaneve manco l’ombra, idem per le squadre per spalare la neve. Oggi le vie del quartiere sono percorribili dalle macchine, ma solo perché la natura ha fatto il suo corso: sabato pomeriggio un po’ di neve s’è sciolta, ieri è stato molto secco, le macchine hanno continuato a passare e voilà, le vie ora sono non dico sgombre, ma quanto meno praticabili.

Ok, ma se il comune non fa niente, allora datevi da fare voi
A parte che nessuno ha sotto mano una pala, perché in ventisei anni non ce n’è mai servita una, anche andare ai punti di raccolta per prenderne una non è banale: come ci arrivo, se il municipio dista 10 km da casa mia, e quei 10 km sono strade a scorrimento veloce che non sono state battute? Ma mettiamo anche che abbia la mia pala: di sicuro posso spalare il marciapiede sotto casa mia, con tanta buona volontà forse anche i 300 m della mia via, ma poi? Fino a ieri l’autostrada che mi porta alla civiltà – per la cronaca l’A24, che è l’arteria che più efficacemente, traffico permettendo, ci connette a Roma – era chiusa. E per lunghe ore sono state chiuse una decina di uscite del Raccordo. Lì come ci vado a spalare? E senza sale, se anche ho spalato, quando scende la notte e gela come faccio a non rendere vana la mia fatica?
Roma ha un territorio sterminato, tanto è vero che da me venerdì nevicava, al lavoro da mio padre, 30 km più a sud, no. È resa percorribile da numerose vie che sono praticamente autostrade, vedi il Raccordo, la Tangenziale, alcuni tratti delle Consolari. Sono queste le vene che permettono la mobilità. Se sono intasate quelle, non c’è niente che il singolo possa fare.

Va bene, ma vi siete comunque lamentati per due fiocchi di neve!
Avrei voluto foste con me al parco del quartiere, sabato mattina. Sembrava di vivere in una dimensione parallela. Tutto il quartiere era lì, l’unico suono che si sentiva era quello delle risate dei bambini, e degli adulti, gente che non avevo mai visto mi sorrideva e mi salutava. Per un romano la neve è questo. E considerate anche che un romano è uno che in condizioni normali ci mette anche tre ore per andare e tornare dal lavoro, ogni giorno, che aspetta i mezzi pubblici per tempi biblici, la nostra sopportazione è piuttosto alta. E infatti la gente che si è lamentata aveva le sue buone ragioni: si tratta di chi ci ha messo 8 ore per fare 8 km. Chi ha dovuto farsela a piedi quando i mezzi, dichiarata l’emergenza, hanno fatto scendere tutti e se ne sono tornati al deposito. Chi è rimasto intrappolato sul Raccordo per ore, e per disperazione se l’è fatta a piedi, e parliamo di un’autostrada a tre corsie per senso di marcia più corsia d’emergenza. Questa è la gente che si è lamentata, e a ragione. Viviamo in una comunità, paghiamo le tasse, ci aspetteremmo dei servizi. Che non ci sono. Tutti gli altri, erano fuori sabato mattina a godersi la giornata. Poi, il resto, è tutto vero: c’è gente che è morta, paesi isolati, situazioni ben più drammatiche di quella di Roma. Ma i media ne parlano perché fa notizia la città eterna imbiancata, perché le polemiche sono il pane quotidiano dei giornali, e comunque io ho letto anche tantissimo su i posti in emergenza vera.
Per il resto, qui siamo contenti: dell’inverno vero, della città imbiancata, di essere tornati tutti un po’ bambini. E, lo devo confessare, se fossi sicura che non ci sarebbero altri casini, vorrei continuasse a nevicare così fino a primavera.

P.S.
Vi segnalo una cosa che avevo colpevolmente dimenticato: un po’ di materiale sulla nuova serie a fumetti ambientata nel mondo delle Cronache, completa di intervista a me e agli autori.
Seconda serie fumetti

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