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Da Vinci’s Wasted Demons

Ieri sera ho visto l’ultimo episodio di Da Vinci’s Demons. Per chi non si ricordasse di cosa si tratta, qui una mia appassionata recensione dei primi episodi. Comunque, è abbastanza noto che fosse una serie che amavo particolarmente, probabilmente quella che seguivo con maggior passione negli ultimi anni. E ieri è finita. Proprio per sempre, perché la terza è l’ultima stagione. E io sono un po’ più orfana di cose da guardare, e anche, nel complesso, triste. E non solo perché la storia si è fermata qua, ma perché, dopo tre anni, si possono tirare le conclusioni di quest’avventura, e l’impressione è che si sia sprecata una buona occasione.
Da Vinci’s Demons è un prodotto Starz, un canale via cavo USA non particolarmente grande, ma che, negli anni, ha dato anche gran bei prodotti, tipo Spartacus. Certo, roba che deve piacerti il genere, ma per chi lo apprezza e riesce a praticare fino a certi livelli la sospensione d’incredulità, c’era da divertirsi. Questo per dire che Da Vinci’s Demons non poteva certo fare ascolti à la, che so, Games of Thrones, proprio per limiti intrinseci e non legati alla qualità. Ma io mi ero sempre chiesta perché facesse numeri tanto bassi, e, in generale, in calo col tempo. Ieri, guardando l’ultimo – lo dico – fiacco episodio, ho capito perché. Il problema non è stato prendere una figura storica e trasformarla in un eroe da feuilleton, in lotta contro le forze del male. Né è stata la scarsa adesione alla storia, il fantasy e tutte quelle cose che in genere la gente gli rimprovera. Il problema è stato, dopo un certo punto, l’assenza di questi elementi. Mi spiego: quel che mi aveva attirata della serie era la sua aria da libro d’avventura classico, tipo I Tre Moschettieri, l’andamento quasi da videogioco o gioco di ruolo: la quest, il mistero, le forze del male e del bene contrapposte…per chi l’ha giocato, mi ricordava molto Thief (anche se il riferimento più immediato è probabilmente Assassin Creed, che però io non ho mai giocato). Non era una cosa nuova, ma era un bel mix, onesto e ben confezionato, di cose vecchie, messe insieme per fare qualcosa che avesse un’aria nuova. Aveva dei guizzi qua e là, e una trama che mi sembrava appassionante, ed era compatto. C’era un mistero, all’interno del quale Leonardo era stato tirato a forza, spinto anche da motivazioni personali, e una quest limpida che procedeva diritta come una spada. In fondo a tutto, la promessa di cose straordinarie.
Sarebbe bastato seguire questa traccia anche dopo. Continuare col sense of wonder e darsi al fantasy in modo pieno e completo. Invece, a partire dalla seconda stagione, per qualche ragione la serie ha iniziato a diluire i momenti smaccatamente fantastici, e a perdersi in lunghe e noiose trame collaterali. Il focus si è piano spostato da Leonardo a tutti gli altri comprimari, spesso impegnati in sottotrame noiose, o comunque confuse. Alla compattezza tematica della prima stagione si è sostituita una incertezza generale, e la serie è diventata una cosa ibrida, incapace di osare come aveva fatto nella prima stagione. Perché il problema è questo: se inizi spingendo sul pedale dell’eccesso, poi devi andare fino in fondo, non puoi fermati a mezza via. E invece Da Vinci’s Demons l’ha fatto. Intendiamoci, anche la seconda e la terza stagione sono state piene di cose esagerate e assurde; tutto il viaggio di Leonardo nelle Americhe era ispirato a un certo esotismo alle Verne, alla Salgari, ma non fino in fondo. Una cosa come la necessità di scuoiare un tizio per prendere la mappa tatuata sulla sua pelle, dopo la prima stagione, non s’è mai più vista. E anche i tormenti di Leonardo, sospeso tra soverchiante desiderio di conoscenza e limiti etici e morali, si sono annacquati, sono diventati più confusi. E così, alla fine, anche la terza stagione si è persa. Il Labirinto presente a intermittenza, e mai messo a fuoco chiaramente nei suoi intenti, persino nella sua natura. Il capovolgimento della natura dei Figli di Mitra improvviso, in alcun modo lasciato quanto meno preannunciare da qualche segnale, prima. E il Book of Leaves ridotto infine a sua sola paginetta deus ex-machina.
L’episodio finale, l’ho già detto, è fiacco. Muore chi deve morire, chiudendo l’unico arco narrativo davvero completo della serie, cosicché alla fine Da Vinci’d Demons diventa l’epopea del personaggio meno interessante del mazzo, Lucrezia, che da spia doppiogiochista diventa eroina, e anche la battaglia finale, l’arma definitiva, sono spese così, senza convinzione, solo perché ormai è finita, e in qualche modo bisogna pur chiudere. Il mistero delle forze in gioco, della madre di Leonardo, e di Leonardo stesso, restano là inviolati, e alla fine manco mai sfruttati del tutto.
Peccato. Io ci avevo creduto davvero. E forse per questo continuo ad amare questo prodotto imperfetto e incompiuto, che però ha saputo divertirmi molto, e appassionarmi per tre anni tra alti e bassi. Insomma, non sono pentita di aver atteso, di aver sperato. Fa parte del gioco. Qualcosa di questa storia mi è rimasto dentro, e tornerà fuori, già lo sta facendo, in qualche modo. Però, che peccato.

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Da Vinci’ Demons seconda stagione

E così ieri sera è finita anche la seconda stagione di Da Vinci’s Demons, e, puntuale come le tasse, ecco la mia review :P . Non vi tedio col mio giudizio generale su questa serie, piuttosto vi rimando alle puntate precedenti qui e qui.
Dunque, che dire. Comincerei dalla sigla. Nella prima stagione non me n’ero accorta, ma stavolta c’ho fatto caso: le immagini della sigla sono tutte spoiler. Ce n’è una presa da tipo l’ultimo fotogramma dell’ultima puntata. Cioé. Più o meno a metà, quando mi son resa conto della cosa, è partito il conto alla rovescia per le scene che mancavano, e dunque la caccia al tesoro per capire di cosa avrebbero parlato gli episodi successivi. Questa, unita al fatto che la sigla la puoi sentire anche al contrario, che tanto non cambia, è una di quelle piccole cose che mi solleticano in una serie televisiva. Comunque, entriamo nel merito.
Direi che questa seconda stagione è stata più o meno in linea con la prima. Chiusi la visione, un anno fa, timorosa per gli sviluppi della trama, e devo dire che invece la serie continua a mantenersi saggiamente sul filo della vaccata, senza mai cadere di sotto, in un equilibrio complesso tra cose fighe e momenti WTF che finiscono elegantemente a sciogliersi gli uni nelle altre. Sì, ok, la storia viene trattata malissimo (ma quello non muore dieci anni dopo? Ma l’America non l’ha scoperta Colombo?), ma non peggio di quanto venga brutalizzata la scienza nella serie sci-fi media, e comunque a me fa venir voglia di andarmi a studiare le personalità storiche reali dietro i personaggi, per cui direi che non c’è niente di male. Oltre al tempo, anche lo spazio è estremamente realtivo nel mondo di Da Vinci’s Demons, con gente che percorre mezzo mondo in una puntata circa, o a volte con un semplice cambio di scena. Per quel che mi riguarda, non è un grossissimo problema, quando è al servizio del mantenimento del ritmo, che è poi la cosa migliore della serie.
Quindi tutto ok? No. Perché la seconda stagione mi è sembrata molto più altalenante della prima. A fronte di picchi assoluti (tipo la prima puntata, o la sesta, tra le cose più belle viste in questi diciotto episodi totali), ci sono momenti di stanca, episodi che si trascinano lentamente, e qua e là un certo senso di delusione. Mi spiego.
Innanzitutto, la seconda stagione paga lo spezzettamento dei punti di vista. Mentre bene o male la prima era tutta incentrata su Leonardo e la sua quest, nella seconda il Nostro se ne va nella Americhe a cercare il Book of Leaves, mentre Firenze se la vede bruttissima, tra Clarice che fatica a tenere insieme i cocci, Lucrezia che è in missione per l’enigmatico papà-Papa, e Lorenzo che è protagonista di un’infinita sottotrama nel Regno di Napoli. Ora, senza nulla togliere a tutti gli altri personaggi, è ovvio che il focus dello spettatore è tutto su Leonardo: si chiama Da Vinci’s Demons, non Clarice’s Lovers o Lorenzo’s Quest. È ovvio che l’interesse sarà tutto per quello che deve andare a scoprire l’America con vent’anni d’anticipo: tutti gli altri, anche chissenefrega, direi. Ecco, fatta eccezione per alcuni episodi, in cui le sottotrame sono state gregiamente intrecciate e interconnesse, almeno a livello tematico, tutto è parso un po’ slegato: sembrava dovessimo vedere Firenze tanto perché, ehi, ne abbiamo parlato nella prima stagione, mica ce ne possiamo dimenticare, ma senza che ci fosse una reale tensione narrativa. Inoltre, la trama di Lorenzo ha proceduto a passo di lumaca, con alcuni momenti francamente buttati là a perder tempo (l’attacco dei briganti, per dirne uno). Ci sono poi alcuni personaggi che son stati splendidamente caratterizzati, ma usati un po così: parlo soprattutto di Ferrante, non del tutto riuscito, e che esce di scena pure un po’ da cretino, e per certi versi anche Amerigo (che però viene introdotto con una scena fighissima).
Purtroppo, pure la trama di Leonardo mi ha un po’ delusa. Non so cosa mi aspettassi, ma nella stagione precedente abbiamo visto gente che deve scuoiare poveri abissini per portarsi dietro una mappa, non prima di averli liberati da una specie di shangai gigante, e Dracula che si mena con Leonardo. Per la scoperta dell’America mi aspettavo roba oltre. Invece, diciamocelo, a Leonardo & co. gli va di lusso: sì, li catturano, sì, la prova per guadagnarsi la fiducia dei Maya, e l’avvelenamento (che è al centro dell’epidosio più bello della stagione e forse dell’intera serie), sì, i tre enigmi per entrare nel Vault of Heaven…ma la sensazione è che la buona sorte sia più o meno sempre dalla loro. Non hai quella sensazione di costante pericolo, di difficoltà a non lasciarci le penne, che mi sarei aspettata. Peccato, perché l’inizio del primo episodio prometteva faville. Per chi l’avesse visto, pensateci, c’era tutto: l’esotismo, il confronto fra nemici, la morte, la gnocca. Feuilleton distillato che mi ha indotta a stoppare la visione e fare un bell’applauso.
Comunque, al netto la serie continua a divertirmi molto, è la cosa che guardo con maggior piacere in questo periodo, e ha avuto dei gran bei momenti: i primi due episodi ottimi, il sesto, già l’ho detto, fighissimo, gli ultimi due ottimo dittico, con un finale che ridefinisce ancora una volta il concetto di cliffhanger (ma io avevo capito chi era la tipa in catene più o meno a inizio episodio…). Resta tantissima voglia della terza, e la colonna sonora che io trovo meravigliosa. Molti i pezzi indimenticabili. Qui sotto vi attacco uno dei miei preferiti. In sintesi, serie consigliata a chi non pensa che la nostra storia sia una cosa seria e un feticcio intoccabile e che ama l’avventura pura e semplice.

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Da Vinci’s Demons 1×08: la (si fa per dire) fine

Estate, è tempo di migrare. Non solo in un posto dove la massima sia inferiore a 30°, ma dove le serie televisive non finiscano tutte alla soglia di metà giugno. Almeno, quelle che seguo io lo fanno. Ieri è finita Once Upon a Time (ma io quell’episodio lì non l’ho ancora visto, visto che ero impegnata a far questo :P ), settimana scorsa è finito Da Vinci’s Demons. Che, come sapete, a me è piaciuto parecchio, anche se colgo un diffuso disamore per questa serie. Probabilmente sono una donna dai gusti piuttosto bassi :P .
Dunque, la serie più cazzona dell’anno (perché la più coatta, non c’è bisogno di dirlo, è Spartacus) finisce con un episodio tutto sommato pure troppo sobrio, almeno nella prima metà. Finire, poi, è improprio: la serie termina col più gigantesco cliffhanger della storia della narrativa, secondo probabilmente solo alle faccione basite di Jack e Locke davanti alla botola spalancata.
Devo dire che quest’ultimo episodio, almeno per la prima metà, m’ha lasciata un po’ così. Ok, alla luce della conclusione, la scelta di montare lentamente la tensione, fino ai venti minuti finali di fuochi d’artificio, ha un suo senso, ma io mi sono annoiata, c’è poco da fare. La preparazione della partenza di Leonardo, incrociata alla messa a punto della congiura dei Pazzi, procedono a passo di lumaca. Diciamoci poi che, non so voi, ma a me la coppia Leonardo Lucrezia non dice niente su tutti i fronti, anche perché mi pare che anche Leonardo abbia scarsissimo interesse nella questione. Sì, la gnocca, ma mi pare personaggio interessato a piaceri di natura assai più mentale che fisica. Anyway, poi arriva la congiura e siamo tutti contenti, perché sono botte da orbi.
La mia ignoranza in fatto di storia è abissale, per cui, davanti a due preti che disfano di pugnalate il povero Giuliano de’ Medici (e non de’ Medìci, che ogni volta che lo dicono mi si capovolge lo stomaco…) in una Chiesa ho pensato “e vai con l’aberrazione storica!”. E invece è andata proprio così. Pure un po’ peggio, a dire il vero. Per inciso, non ho neppure apprezzato molto la sospetta morte di Giuliano nella precedente puntata, che invece le penne ce le lascia in queste. Non so, ho trovato che la pugnalata di Lucrezia nella settima sminuisca il pathos della morte di Giuliano in questa puntata. Ma, vabbeh, storicamente Giuliano al pranzo precedente la congiura non ci arrivò “per indisposizione”, e una coltellata alla panza è in effetti un buon pretesto. Però, non so, io avrei fatto diversamente.
Ora si aspetta la seconda stagione. Il pericolo che tutto vada in vacca, rompendo quel fragilissimo equilibrio che permette alla serie di veleggiare nei mari del divertimento mentenendosi sempre a un pelo dalle secche della vaccata, è alto. Tra l’altro c’è il fatto che questa è una serie “de misteri”, e l’ultima serie del genere che ho visto mi ha delusa enormemente. Che dire, speriamo che questa stagione non sia stata frutto di un caso fortuito. Nel frattempo, io la consiglio a chi non l’avesse vista, a patto di aspettarsi null’altro che un po’ di sano divertimento a suon di mazzate, complotti e depravazione rinascimentale. Io non ho niente contro il divertimento, anzi, per cui me la sono goduta. Da Vinci’s Demons mi è sembrata un po’ l’equivalente contemporaneo di quei bei romanzi di avventura à la Dumas, che ti appassionavano e ti trascinavano nel loro mondo di avventure rocambolesche. C’è bisogno anche di questo, quando il prodotto è onesto e curato. E, secondo me, al netto di tutto, questo lo è.
Vi lascio con un video che mi ha esaltata: lo sapevate che la sigla della serie si può sentire anche al contrario? Non ci credete? Provate un po’…

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Da Vinci’s Demons o vedi alla voce sospensione dell’incredulità

Alla continua ricerca di qualcosa di rilassante con cui riempire le mie serate, un bel giorno mi sono imbattuta nella pubblicità di questa serie qui, Da Vinci’s Demons. Da quel che mi era dato di capire dal trailer, trattavasi di una serie con protagonista Leonardo Da Vinci pischello che si faceva beffe in modo pervicace e strafottente della fedeltà storica. Immaginandomi un’americanata come poche, un po’ à la Codice Da Vinci, ho pensato che poteva diventare un bel guilty pleasure, e ho deciso di vedermela. All’inizio in solitaria, perché l’anima storica di Giuliano si sentiva violata dall’idea di un Leonardo che con quello vero ha in comune giusto il nome.
Comunque. Il primo episodio ha catturato la mia attenzione, senza appassionarmi eccessivamente. Dal secondo in poi ho deciso di vedermela tutta e di farla vedere anche a Giuliano, che adesso se la gode assieme a me.
Intendiamoci, non stiamo parlando di un prodotto di eccellenza: indubbiamente in giro c’è di meglio un po’ sotto tutti gli aspetti, ma Da Vinci’s Demons tutto sommato non è carente in nessuno. Ha un’ottima fotografia, dei buoni attori, sceneggiature non prive di guizzi interessanti, una bellissima regia, e, soprattutto, essendo serie breve, è scritta come cristo comanda. Sì, si vede che è stata progettata, pensata, che dietro c’è una storia che gli autori avevano già in mente e hanno cercato di buttar giù con un minimo sindacale di coerenza interna. Finora non ho visto deus ex-machina eccessivi, e ci sono anche dei rimandi interni tra puntata e puntata che mi fanno pensare ad una progettazione accorta. Niente fatine blu che spuntano fuori ad hoc, per dire. Ah, i costumi non c’entrano veramente una mazza col periodo ma sono splendidi, e l’uso della CG, che qua e là è indispensabile per i fondali, è pressoché perfetto. Insomma, è una cosa consapevole e un artigiano come me apprezza profondamente le cose magari semplici, ma fatte bene, dannazione.
Comunque, la cosa che davvero mi fa amare questa serie non risiede in tutto quel che ho detto fin qui, ma in un unico, singolo elemento: chi l’ha scritta crede fortemente nella supremazia della fantasia e della buona narrazione su qualsiasi altra cosa. Lo dice anche Leonardo, episodio 5: “Verità, menzogna…non hanno importanza. E’ la narrazione migliore a vincere”. E questo riassume tutte le sei puntate che son state trasmesse fin qui.
Da Vinci’s Demons è un unico – per me esaltante, devo dire – tentativo di vedere fin dove ci si può spingere a piegare la sospensione di incredulità mantenendo al contempo la fedeltà del pubblico. Per dire, nella sesta puntata abbiamo una roba alla Sansone contro Godzilla, ossia Leonardo che incontra Dracula, quello storico – si fa per dire… – Vlad III l’Impalatore. Voglio dire. Ed è una puntata di divertimento assoluto, anche perché, sebbene il mio cuore vada al cattivo di stagione, Gerolamo Riario, devo dire che Vlad gli è venuto proprio bene bene, sia per l’ottima interpretazione dell’attore, sia per l’atmosfera generale del tutto, oltre che per la vivacità della trama. Ecco altro punto a favore: in ogni puntata succedono cose. Molte cose. Che non necessariamente mandano avanti la trama orizzontale, ma quanto meno intrattengono, divertono, riempiono i cinquanta minuti di puntata, che son mica pochi. Ed è proprio in questa capacità di intrattenere la ragione del perché possa vedere uno con questa faccia qua interpretare Lorenzo il Magnifico, o Leonardo che usa il luminol de noantri per scoprire la causa della possessione demoniaca di alcune suore, o miracolose colombe meccaniche che volano senza urlare “ma che cazzata!”. E il maccosa (400calci cit.) si presenta puntuale almeno quattro o cinque volte a puntata; solo che gli sceneggiatori ti pigliano per mano e ti aiutano a dribblarlo allegramente, tutto in nome della curiosità di sapere chi cappero sono ‘sti Figli di Mitra, che fine ha fatto la mamma di Leonardo, se davvero Leonardo – spoiler – scoprirà l’America. L’America, capite? L’America!
Eh niente, tutto questo è il trionfo delle storie su ogni altra istanza: le storie, che secondo una recente ricerca di neurobiologia ci addestrano il cervello come le simulazioni al computer, le storie che ci forgiano, ci educano, ci svelano a noi stessi. Le storie. Il mio mestiere.
Poi ci sono tutte quelle robe lì che piacciono a noi nerd…ci sono dei pezzi che sembrano veramente usciti da un videogame: la seconda puntata ha la trama di un’avventura grafica. Tutta la serie del resto è basata su questo canovaccio: il personaggio, attraverso una serie di missioni, è invitato a dipanare la trama generale degli eventi. Siamo rimasti che il Nostro deve scuoiare un tizio morto che c’ha una mappa sulla panza. Voglio dire, devo aggiungere altro?
Ma quindi tutto bellissimo? No. O meglio, sul breve periodo sì, i pregi superano ampiamente i difetti, e comunque il personaggio di Leonardo, per quanto molto tipico, acchiappa, poco da fare; se certi caratteri spuntano nelle storie come i funghi in un giorno di sole dopo la pioggia sarà perché sono archetipici, no? Perché piacciono ad un livello molto profondo e viscerale, e il genio sregolato, dedito all’autoditruzione e ad una certa immoralità di fondo acchiappa dalla notte dei tempi. Comunque, dicevo. Il problema è che siamo ancora dalle parti della “serie di mistero”. A parte la godibilità del singolo episodio, e il divertimento del tutto a prescindere, ci sono dei misteri, e sono quelli che portano avanti la trama orizzontale. La domanda è: gli sceneggiatori sanno dove stiamo andando? Oppure si son seduti attorno ad un tavolo, come spesso fanno, e si son detti: “Ahò, dai, ce mettemo ‘a setta”. “Fiiiiigo”. “E er padre stronzo e ‘a madre che nun se trova”. “Ggggggenio”. “Sì, vabbeh, ma poi come la risolviamo?”. “Chettefrega, mo’ ‘ntanto famo ‘sta staggione, poi quarcosa se ‘nventamo, tipo ‘a tartaruga maggica“.
Ecco. Anche no. La serie è stata rinnovata per un’altra stagione. Tra l’altro, è una serie breve, otto episodi. Non ci vuole un mago per cercare di farsi tornare le cose. Voglio aver fiducia, anche perché ormai ‘sti maledetti m’hanno già fregata, e so che andrò fino in fondo, a meno di clamorosi tonfi più avanti. Speriamo bene. A tal proposito, altro possibile problema futuro: la serie ora ha la freschezza delle cose nuove, e dunque scorre via agile sul filo sottile che separa un bel prodotto dalla cazzata inguardabile. Cadere di sotto, non appena il controllo si allenta, è un niente. Anche qui, speriamo bene.
Ora, io ve la consiglio. È la cosa più divertente tra quelle che sto vedendo in questo periodo. Certo, non potete darvi un tono quando ne parlate a cena con gli amici, ma ce n’è davvero bisogno?

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