Alla continua ricerca di qualcosa di rilassante con cui riempire le mie serate, un bel giorno mi sono imbattuta nella pubblicità di questa serie qui, Da Vinci’s Demons. Da quel che mi era dato di capire dal trailer, trattavasi di una serie con protagonista Leonardo Da Vinci pischello che si faceva beffe in modo pervicace e strafottente della fedeltà storica. Immaginandomi un’americanata come poche, un po’ à la Codice Da Vinci, ho pensato che poteva diventare un bel guilty pleasure, e ho deciso di vedermela. All’inizio in solitaria, perché l’anima storica di Giuliano si sentiva violata dall’idea di un Leonardo che con quello vero ha in comune giusto il nome.
Comunque. Il primo episodio ha catturato la mia attenzione, senza appassionarmi eccessivamente. Dal secondo in poi ho deciso di vedermela tutta e di farla vedere anche a Giuliano, che adesso se la gode assieme a me.
Intendiamoci, non stiamo parlando di un prodotto di eccellenza: indubbiamente in giro c’è di meglio un po’ sotto tutti gli aspetti, ma Da Vinci’s Demons tutto sommato non è carente in nessuno. Ha un’ottima fotografia, dei buoni attori, sceneggiature non prive di guizzi interessanti, una bellissima regia, e, soprattutto, essendo serie breve, è scritta come cristo comanda. Sì, si vede che è stata progettata, pensata, che dietro c’è una storia che gli autori avevano già in mente e hanno cercato di buttar giù con un minimo sindacale di coerenza interna. Finora non ho visto deus ex-machina eccessivi, e ci sono anche dei rimandi interni tra puntata e puntata che mi fanno pensare ad una progettazione accorta. Niente fatine blu che spuntano fuori ad hoc, per dire. Ah, i costumi non c’entrano veramente una mazza col periodo ma sono splendidi, e l’uso della CG, che qua e là è indispensabile per i fondali, è pressoché perfetto. Insomma, è una cosa consapevole e un artigiano come me apprezza profondamente le cose magari semplici, ma fatte bene, dannazione.
Comunque, la cosa che davvero mi fa amare questa serie non risiede in tutto quel che ho detto fin qui, ma in un unico, singolo elemento: chi l’ha scritta crede fortemente nella supremazia della fantasia e della buona narrazione su qualsiasi altra cosa. Lo dice anche Leonardo, episodio 5: “Verità, menzogna…non hanno importanza. E’ la narrazione migliore a vincere”. E questo riassume tutte le sei puntate che son state trasmesse fin qui.
Da Vinci’s Demons è un unico – per me esaltante, devo dire – tentativo di vedere fin dove ci si può spingere a piegare la sospensione di incredulità mantenendo al contempo la fedeltà del pubblico. Per dire, nella sesta puntata abbiamo una roba alla Sansone contro Godzilla, ossia Leonardo che incontra Dracula, quello storico – si fa per dire… – Vlad III l’Impalatore. Voglio dire. Ed è una puntata di divertimento assoluto, anche perché, sebbene il mio cuore vada al cattivo di stagione, Gerolamo Riario, devo dire che Vlad gli è venuto proprio bene bene, sia per l’ottima interpretazione dell’attore, sia per l’atmosfera generale del tutto, oltre che per la vivacità della trama. Ecco altro punto a favore: in ogni puntata succedono cose. Molte cose. Che non necessariamente mandano avanti la trama orizzontale, ma quanto meno intrattengono, divertono, riempiono i cinquanta minuti di puntata, che son mica pochi. Ed è proprio in questa capacità di intrattenere la ragione del perché possa vedere uno con questa faccia qua interpretare Lorenzo il Magnifico, o Leonardo che usa il luminol de noantri per scoprire la causa della possessione demoniaca di alcune suore, o miracolose colombe meccaniche che volano senza urlare “ma che cazzata!”. E il maccosa (400calci cit.) si presenta puntuale almeno quattro o cinque volte a puntata; solo che gli sceneggiatori ti pigliano per mano e ti aiutano a dribblarlo allegramente, tutto in nome della curiosità di sapere chi cappero sono ‘sti Figli di Mitra, che fine ha fatto la mamma di Leonardo, se davvero Leonardo – spoiler – scoprirà l’America. L’America, capite? L’America!
Eh niente, tutto questo è il trionfo delle storie su ogni altra istanza: le storie, che secondo una recente ricerca di neurobiologia ci addestrano il cervello come le simulazioni al computer, le storie che ci forgiano, ci educano, ci svelano a noi stessi. Le storie. Il mio mestiere.
Poi ci sono tutte quelle robe lì che piacciono a noi nerd…ci sono dei pezzi che sembrano veramente usciti da un videogame: la seconda puntata ha la trama di un’avventura grafica. Tutta la serie del resto è basata su questo canovaccio: il personaggio, attraverso una serie di missioni, è invitato a dipanare la trama generale degli eventi. Siamo rimasti che il Nostro deve scuoiare un tizio morto che c’ha una mappa sulla panza. Voglio dire, devo aggiungere altro?
Ma quindi tutto bellissimo? No. O meglio, sul breve periodo sì, i pregi superano ampiamente i difetti, e comunque il personaggio di Leonardo, per quanto molto tipico, acchiappa, poco da fare; se certi caratteri spuntano nelle storie come i funghi in un giorno di sole dopo la pioggia sarà perché sono archetipici, no? Perché piacciono ad un livello molto profondo e viscerale, e il genio sregolato, dedito all’autoditruzione e ad una certa immoralità di fondo acchiappa dalla notte dei tempi. Comunque, dicevo. Il problema è che siamo ancora dalle parti della “serie di mistero”. A parte la godibilità del singolo episodio, e il divertimento del tutto a prescindere, ci sono dei misteri, e sono quelli che portano avanti la trama orizzontale. La domanda è: gli sceneggiatori sanno dove stiamo andando? Oppure si son seduti attorno ad un tavolo, come spesso fanno, e si son detti: “Ahò, dai, ce mettemo ‘a setta”. “Fiiiiigo”. “E er padre stronzo e ‘a madre che nun se trova”. “Ggggggenio”. “Sì, vabbeh, ma poi come la risolviamo?”. “Chettefrega, mo’ ‘ntanto famo ‘sta staggione, poi quarcosa se ‘nventamo, tipo ‘a tartaruga maggica“.
Ecco. Anche no. La serie è stata rinnovata per un’altra stagione. Tra l’altro, è una serie breve, otto episodi. Non ci vuole un mago per cercare di farsi tornare le cose. Voglio aver fiducia, anche perché ormai ‘sti maledetti m’hanno già fregata, e so che andrò fino in fondo, a meno di clamorosi tonfi più avanti. Speriamo bene. A tal proposito, altro possibile problema futuro: la serie ora ha la freschezza delle cose nuove, e dunque scorre via agile sul filo sottile che separa un bel prodotto dalla cazzata inguardabile. Cadere di sotto, non appena il controllo si allenta, è un niente. Anche qui, speriamo bene.
Ora, io ve la consiglio. È la cosa più divertente tra quelle che sto vedendo in questo periodo. Certo, non potete darvi un tono quando ne parlate a cena con gli amici, ma ce n’è davvero bisogno?