Archivi tag: epidurale

Semplicemente mamma

Ho cominciato a capire cosa significa oggi per la società essere madre quando ho smesso di allattare. L’allattamento mi piaceva, e avrei voluto continuare fino al sesto mese di Irene, ma purtroppo lei non cresceva e io di latte ne avevo poco. Così sono passata al latte artificiale. Nonostante nessuno intorno a me, pediatra compreso, abbia mai fatto un commento sul mio smettere di allattare, mi sono sentita in colpa. Perché, mentre all’epoca di mia madre si preferiva di gran lunga il latte in polvere, oggi sembra che il latte artificiale sia il male. Iniziai a pensare che avrei esposto Irene alle malattie, che da grande sarebbe diventata obesa, e chissà quali altre tragedie. Perché essere madre (mai essere padre, e la cosa è significativa) al giorno d’oggi non ti viene presentato come una scelta di vita valida quanto un’altra, ma come una missione: la missione di allevare figli sani e perfetti, che un giorno salveranno il mondo.

È sempre colpa della madre. Se partorisci con l’epidurale, non ti attaccherai al bambino, perché il dolore serve a formare questo legame. Se non allatti a richiesta tuo figlio avrà problemi affettivi da grande. Se non lo mandi subito al nido ti starà attaccato alle gonne fino a diciotto anni. Anzi no, se la mandi la nido ti verrà su bisognoso di affetto.
Qualsiasi cosa la madre faccia, avrà ripercussioni drammatiche sul futuro del figlio: l’errore non viene più percepito come qualcosa di inevitabile, connesso al processo che forma l’immagine che una donna ha di sé come madre. No, è una tragedia. E per avvalorare la cosa, si sventolano studi di vario genere, ignorando che la maggior parte di essi si contraddicono l’un l’altro, o sono basati su campioni statisticamente insignificanti.
Ecco, alla fine è successo che ho smesso di stare a sentire le sirene dei libri, dei siti dedicati, delle riviste specializzate. Perché credo che un figlio possa avere qualche chance di venir su equilibrato solo se le persone che si occupano di lui stanno bene prima di tutto con se stesse. E una madre terrorizzata dall’idea di sbagliare non sta bene con se stessa.
Mi piacerebbe che questa storia della maternità venisse desacralizzata. Basta. Far la madre non è una missione, non è un lavoro che annulla qualsiasi cosa la donna sia stata prima del parto. Far la madre è prima di tutto uno dei mestieri più praticati al mondo. E siccome in giro non vedo torme di psicopatici, ma al più gente maleducata, direi che è un mestiere accessibile a tutti, e che gli errori, inevitabili, forse fanno più bene che male.
Dare la vita ad Irene è stata probabilmente la cosa migliore che abbia mai fatto in vita mia. Non pensavo sarebbe stato così bello. Ma Irene ha aggiunto molto alla mia vita, non ha annullato tutto quello che ero prima. Io sono ancora la moglie, la scrittrice, l’appassionata di fumetti, libri, telefilm e cinema, l’astrofisica, spesso anche la ragazzina. E ciascuna di queste figure è uscita modificata dall’incontro con Irene, ma continua ad esistere in me. E io non mi sento, non mi voglio sentire in missione per conto di dio. Io sto facendo quel che mia madre, che mia nonna, che migliaia di donne prime di me hanno fatto, con alterni successi, magari, ma quasi sempre riuscendo ad educare adulti pronti alla vita. E non sono sola. C’è mio marito, che pesa nella vita di mia figlia esattamente quanto peso io, che fa proprio quel che faccio io, la lava, le dà da mangiare, le cambia i pannolini, la ama. Non perché sono donna e l’ho portata in grembo nove mesi, penso di avere su di lei maggiori diritti di Giuliano, o credo che il nostro rapporto sia diverso o più profondo. Le differenze che c’erano tra me madre e lui padre sono finite quando ho dato l’ultima spinta, quel giorno freddissimo di quasi due anni fa.
Mi piacerebbe un mondo in cui la madre è sostenuta nelle sue scelte dalla società: un posto dove quella che partorisce appesa ad una corda cantando in sanscrito sia considerata madre esattamente quanto la donna che partorisce in ospedale con l’epidurale. Un mondo in cui si aiuti la donna a trovare la sua dimensione come madre, senza che le si imponga dall’esterno un modello preconfezionato cui sia tassativo adeguarsi. Sogno un mondo in cui una madre è esattamente identica ad una donna che non ha mai avuto figli. Ma mi rendo conto che la tolleranza non aiuta a vendere libri, e terrorizzare la gente è molto più utile al sistema che renderla libera.
Io, comunque, nel mio piccolo combatto la mia battaglia quotidiana, affidandomi ai consigli delle persone cui voglio bene e imparando insieme ad Irene questo nuovo mestiere.

18 Tags: , , ,