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Sponsorizzato dal Family Day

Mi riferisco a Falling Skies e Terranova, il primo appena finito, il secondo appena iniziato. Ebbene, i punti di contatto sono molti, a partire da Spielberg che produce entrambi, ma il più evidente è che la famiglia è al centro di tutto. È un male in assoluto? No, certo. Anche Borgia parla di famiglia, ma lì siamo proprio su un altro pianeta. La cosa è un male se si decide di parlarne nel modo più becero possibile. Anyway, passiamo alle mie opinioni su questi due telefilm.

Falling Skies
Avete presente la vecchia pubblicità dello Jägermeister, quella di Degan prima che si desse ai conigli spellati spacciati per feti alieni? Era celebre per la frase “Bevo Jägermeister perché…perché…non so perché”. Ecco, io non so perché ho visto fino in fondo la prima stagione di questo telefilm. Avevo subodorato la moscezza complessiva del tutto fin dal primo episodio, ma ho insistito per tutte e dieci le puntate. Comunque, è un dato di fatto, l’ho visto tutto. Evidentemente, al di là di ogni altra considerazione, si fa vedere.
Comunque. Falling Skies non è brutto. A parte il fatto che, come al solito, i personaggi agiscono in modi assurdi quando si tratta di mantenere quel minimo sindacale di suspance sulla trama (avete due ragazzini che sono stati con gli Skitter un sacco di tempo e non gli fate manco una domanda al riguardo, neppure quando vi offrono la possibilità su un piatto d’argento, tipo quando Rick accenna al fatto che gli Skitter hanno un piano) non si può dire che sia scritta veramente male, e gli effetti speciali non sono male. Ok, la storia è vista e rivista, ma questo non è necessariamente un problema. No, il fatto è che Falling Skies ha il terrore di osare. Vuole, fortissimamente vuole essere un prodotto medio, senza una sorpresa che sia una, senza uno slancio. È un treno lanciato su un paio di binari dritti e senza attrito: procede in linea retta inanellando una quantità di stereotipi da far spavento. C’è veramente tutto, pare un film di Emmerich senza le catastrofi. C’è il padre costretto a far l’eroe, che fa sempre la cosa giusta, il figlio adolescente scapestrato, il bambino traumatizzato, il militare stronzo, il medico saggio, quella che si affida alla fede, pure la donna incinta. E non c’è alcuno sforzo di indagare dietro lo stereotipo. No, ognuno fa quel che deve, ognuno aderisce graniticamente all’etichetta che ha scritta in fronte. Se sono il buon padre, non farò mai una cazzata. Se sono il guascone un po’ stronzo e un po’ simpatico non scantonerò mai nella bastardaggine pura. Va da sé che di fronte a personaggi del genere il coinvolgimento dello spettatore è meno di zero. L’unico istinto che ho provato durante la visione era il desiderio viscerale che Lourdes, con la sua fede plastificata da predicozzo à la Settimo Cielo, morisse malissimo. Spoiler: non lo fa. Per il resto, non sono mai stata coinvolta nelle vicende dei nostri. Va aggiunto che nonostante l’ambientazione postapocalittica la tensione narrativa è zero. Non c’è angoscia, non c’è sensazione di pericolo. Le scene di azione sono noiose e tirate oltre il limite di sopportazione, le interazioni tra i personaggi assolutamente banali. E poi ci sono buoni sentimenti a pacchi. Ripeto, nessuno di questi elementi preso da solo sarebbe un problema: è l’averli messi tutti assieme e averli cuciti con una regia incolore, una scrittura scontata e una serie di interpretazioni appena passabili a rendere il tutto indigesto. Già La Guerra dei Mondi aveva sviscerato (male) il tema “padre con figli in mezzo alla fine del mondo”, e davvero non si sentiva il bisogno dell’ennesimo compitino sull’esaltazione della genitorialità. A breve scriverò un lungo post incazzato su questa santificazione della maternità (o demonizzazione dell’esperienza, a seconda dei contesti) che gira di questi tempi peggio dell’influenza. Comunque, sforzandosi con l’ernia, su 12 puntate gli sceneggiatori sono riusciti a partorire due (2) idee, una delle quali in finale di stagione, tanto per metterci un cliffhanger che tiri la visione della seconda. Io me la vedrò? Mah, tutto sommato penso di no.

Terranova
Terranova parte abbastanza bene, con un dispiego di mezzi che mi fa temere che il resto sarà fatto con due lire. Il mondo prossimo al collasso ha il suo perché, i dialoghi sono quel filo più credibile di Falling Skies. Poi, vabbeh, presto cominciano le dolenti note. Che sono le stesse di Falling Skies. Ancora la famiglia, e che palle. Padre, madre e due virgola cinque figli, per citare il John dei Simpson. All’inizio ho sperato che almeno il padre ce lo giocassimo. Purtroppo no, ed è uno dei personaggi più irritanti del mazzo. Lo schema è sempre il solito: padre eroico, adolescente problematico con daddy issues (mannaggia a Lost che ha spinto il format ai suoi estremi…), Lisa Simpson, bambina. In più c’è la madre, che in Falling Skies mancava. Ora, rimanendo alle prime tre puntate, nel complesso mi sembra che la scrittura sia migliore di quella di Falling Skies, e il contesto in generale più interessante, anche se non inedito. Soliti problemi di trama (ragazzini che escono fuori dal perimetro per bere senza sapere una cavolo di dinosauri e in generale di come sopravvivere fuori? E non sono mai morti? Ferormoni sintetizzati con le mani, suppongo, vista l’assenza di fabbriche acconce all’uopo?), ma la storia dei geroglifici attira, così come i velati riferimenti fatti ad essi dai vari personaggi. Ma proprio come Falling Skies, anche questo prodotto sembra pervicacemente essere “medio”: un po’ di sangue, ma non troppo, un po’ d’azione, ma non troppa, e che nessuno si azzardi a toccare il sacro stereotipo della famiglia, mi raccomando. E poi stavolta le interpretazioni degli attori a volte chiedono vendetta al cospetto di dio e degli uomini: il padre ha una faccia basita che neppure in Boris…Vedrò la quarta puntata, poi valuterò se vale la pena proseguire.

Bonus Track
I Borgia

Dei Borgia di Tom Fontana posso dire solo tutto il bene possibile. È una serie ottima sotto molteplici punti di vista, e soprattutto riesce nel miracolo: appassionare con la storia degli intrighi di una famiglia rinascimentale. Finora una delle puntate più tese e appassionanti è stata quella sul Conclave. Sì, avete capito. Una puntata su una trentina di cardinali riunita in un posto chiuso per scegliere il papa. Sulla carta, la storia più barbosa della narrativa di tutti i tempi. Sullo schermo, un capolavoro di tensione narrativa.
Anche I Borgia parla di famiglia, e anche I Borgia ha i suoi stereotipi: la rivalità tra fratelli, il padre che ne preferisce uno all’altro, per dirne due. Ma il livello di profondità col quale le psicologie dei personaggi vengono indagate riempiono di nuovo senso figure tutto sommato note, archetipiche.
I Borgia mi fa appassionare alla storia, I Borgia mette in scena una galleria di personaggi indimenticabili, anche quando appaiono solo per breve tempo (Carlo VIII, ad esempio), I Borgia dimostra che se sei bravo, se hai mestiere puoi rendere appassionante qualsiasi storia, anche una intricata, complessa e sulla carta così poco catchy come quella de I Borgia. Perché la serie non cede al lato più ovvio della vicenda: Lucrezia non se la fa col padre o col fratello, ad esempio, visto che la storiografia ha accertato che la maggior parte delle voci che girano al riguardo furono messe in circolo dal suo primo marito. Eppure l’incesto fa audience.
Insomma, io ne sono entusiasta, e prego per una seconda stagione. Se è in programma una seconda stagione di Falling Skies, allora se devono fare almeno altre dieci de I Borgia.

Postille al post di lunedì
Non so, forse si leggeva tra le righe, forse no, ma manca un pezzo al fiume di parole che vi ho riversato addosso su tutta questa storia della Nonciclopedia. E ossia che un limite a quanto si può dire, online o nella vita vera, esiste, ed è stabilito per legge. Esistono l’apologia di reato, l’istigazione all’odio razziale, l’apologia del fascismo e via così. E questi sono i limiti invalicabili per chiunque faccia parte della società alla quale apparteniamo. Ma quel che penso è che se è giusto condannare Tizio quando esprime posizioni, che so, omofobe (anche se la legge non lo prevede, e questa purtroppo è un’altra, lunga e brutta storia…), non si può prendere la sua omofobia a pretesto per attaccarlo quando, che so, parla di filologia romanza. E poi…e poi basta. La cosa positiva del tutto è che ho imparato delle cose, la cosa negativa è che ho (ri)scoperto un sacco di cose brutte sul mio modo d’essere.

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Visioni estive

Sono orfana di serie tv. Finito Lost, in attesa tremebonda di un Misfits che chissà come sarà senza Nathan, sono alla ricerca di qualcosa con cui riempire queste serate di pausa che mi sto prendendo tra un libro e l’altro. Sì, perché ho finito la prima stesura del primo tomo de I Regni di Nashira, e lo sto facendo decantare un po’ in attesa dell’editing, e prima di pensare al quinto de La Ragazza Drago voglio riposarmi un pochino. Ho scritto un sacco, davvero, e forsennatamente. Ho bisogno di un po’ di pausa. Comunque, come al solito sto divagando.
I palinsesti estivi, si sa, non sono il massimo se hai voglia di vedere qualcosa di interessante. Ma per fortuna c’è Sky, che in vacanza ci va sempre a mezzo servizio, per cui qualcosa di interessante c’è sempre. In particolare, ho beccato due cose: Falling Skies e Borgia.
Dunque, Falling Skies. Il trailer prometteva bene, e l’attacco, con l’invasione aliena raccontata attraverso i disegni e i racconti dei bambini, era da applauso. Peccato che poi tutto appassisca abbastanza rapidamente. L’invasione aliena è un tema stra-abusato, se ne vuoi parlare devi inventarti qualcosa di nuovo, o essere un grandissimo narratore. Di nuovo in Falling Skies non c’è niente, e quanto a narrazione il ritmo in molti pezzi latita. I personaggi al momento sono più che altro etichette, per altro viste già in miliardi di altre produzioni simili: il padre saggio e coraggioso infilato in una situazione estrema, il bambino traumatizzato, l’adolescente inquieto, il militare stronzo. Al solito: va bene giocare con gli stereotipi, ma presentarceli invece così, senza un minimo di rielaborazione, fa solo sbadigliare. C’è qualcosa che si salva? Mah, nel complesso la serie si fa vedere, per quella piacevole sensazione di intrattenimento senza impegno. Tutto è abbastanza innocuo, e comunque i mondi post-apocalittici hanno sempre il loro perché. Ma per chi si è visto roba come Battlestar Galactica, o anche solo un Ken il Guerriero, siamo proprio su un altro pianeta, e per psicologia dei personaggi, e per efficacia della messa in scena.
Veniamo a Borgia. Allora, non è la serie americana con Jeremy Irons, ma un’altra europea uscita lo stesso anno. Quella che ho visto io è l’anteprima dei primi due episodi: gli altri andranno in onda a novembre.
Piccola parentesi: i Borgia sono una famiglia italiana. Come efficacemente detto altrove, nella loro storia non manca proprio niente: incesti, omicidi, papi con duemila amanti e ottocento figli, tutti gli ingredienti che fanno tanto feuilleton, insomma. Ecco, perché a nessun italiano è venuto in mente di fare una bella fiction sui Borgia? Ci hanno dovuto pensare i francesi, mentre noi continuiamo con le agiografie dei santi e dei poliziotti. Come lo sapete io ho i miei cult nella fiction italiana, ma resta il fatto che comunque papi, santi e forze dell’ordine se la regnano nella fiction. Vabbeh. Veniamo al merito della serie. Devo dire che m’è piaciuta. Due ore di ottimo intrattenimento. Si comincia maluccio, a dire il vero: a causa della caterva di personaggi che devono venire introdotti, per altro legati tutti da parentele multiple e dispersi in giro per mezza Italia, l’inizio è piuttosto confuso. Scene brevissime, si salta di continuo da Pisa a Roma, da una location all’altra, in una girandola che rischia di fare venire il capogiro allo spettatore. Rapidamente le cose però si assestano, e ci si appassiona quasi subito alle vicende dei bastardissimi Borgia, perennemente impegnati in due principali attività: fornicare possibilmente con minorenni o donne sposate e brigare per avere il potere assoluto. Bella la fotografia, belli i costumi, belle anche le ricostruzioni della Roma rinascimentale, che, per chi ci vive come me, sono un piacere per gli occhi. Ok, hanno l’aspetto di quadri ad olio, ma mi è sembrata un’ottima trovata per mascherare una CG non proprio sublime, mentre un po’ più grave è che di tanto in tanto i personaggi sembrino appiccicati su sfondi dipinti, ma è un’impressione che si ha giusto un paio di volte in tutto. Per il resto, nonostante gli intrighi tessuti dal futuro Alessandro VI siano abbastanza complessi, la narrazione è solida, e lo spettatore capisce tutto. I personaggi sono molto interessanti, e ben narrati nelle loro contraddizioni. Mi aspetto molto da Cesare Borgia, che pare un bel personaggio, di quelli tormentati e combattuti tra opposte inclinazioni. Poi, vabbeh, c’è un certo qual gusto per lo shock che lascia un po’ perplessi (il pappa che ciuccia dalla tetta, il sangue a ettolitri), ma tutto sommato è una porzione minoritaria del prodotto, e comunque rende bene il periodo storico, che – sebbene si fosse alle soglie del Rinascimento – era bello truce forte. Insomma, io mi sono divertita, e mi scoccia alquanto dover aspettare novembre per vedere il seguito.

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