So che non dovrei. Non dopo anni passati a far la brava e cercare di non infilarmi in grosse polemiche. Ma niente, una vocina dentro di me mi spinge…spingitori di blogger inutili…e insomma, per amor di flame, La Madre delle Recensioni non Richieste: Game of Thrones 8×03.
Disclaimer: è la mia opinione, non supportata da particolari conoscenze tecniche che le diano un qualche valore, e ammetto che sono generalmente sempre un po’ prevenuta nei confronti di GoT, anche perché è tangenziale al genere che piace a me, nel senso che ci si avvicina quel tanto che basta a darmi false speranze, ma poi è tutt’altro. Quindi, i pochi che mi leggono non mi saltino al collo.
Ovviamente, SPOILER. TANTISSIMI SPOILER.
Allora, è un episodio polarizzante: o ti è piaciuto tantissimo, e hai gridato al capolavoro, o ti ha fatto schifo, e sei deluso. Il che, in linea di massima, segna già chiaramente l’importanza del prodotto. Solo le cose che lasciano un segno si amano o si odiano: tutte le altre, te le dimentichi contestualmente alla visione, e questa qui rimarrà, è indubbio.
Io però, nella scala, dove mi colloco? A metà, direi. Forse avevo eccessive aspettative, forse sono una persona dai gusti piuttosto dozzinali in ambito televisivo, forse il mio televisore non era semplicemente all’altezza, ma niente, a parte un paio di cose che dirò, mi ha davvero impressionata, o profondamente coinvolta, in The Long Night.
Sulla questione del buio, che tiene banco da quando la puntata è stata trasmessa, sorry, ma anch’io l’ho trovata poco riuscita: sì, capisco l’idea di rendere tutto oscuro, perché la notte è buia e piena di terrore, sì, lo spettatore non deve capire nulla, esattamente come i personaggi, e aspettarsi qualsiasi cosa da questo buio, tutto vero, tutto bello. Ma se io ho passato 60 minuti a cercare di ignorare quella voce che nel retro della testa mi sussurrava “ma adesso che sta succedendo? Ma quello lì chi è? Ma è schiattato Caio o è un altro?” forse l’immersione non ti è riuscita proprio al top. E non è solo questione di fotografia livida. È proprio come è girato l’assedio che fa sì che la confusione regni sovrana, anche quando ci si vede benissimo. Io capisco che una produzione televisiva non sarebbe mai stata in grado di girare una cosa del genere, con un tale contenuto di effetti speciali, con la luce del giorno, e vabbè, ma non fatecela passare per una raffinata scelta artistica. Avevate un problema, comprensibilissimo, e avete cercato di risolverlo come fanno tutti, anche questo comprensibilissimo, ma non vi è venuto proprio benissimo, ecco. Se poi, come sospetto, tutto sarebbe stato più chiaro sul tv ultimo modello, che dire, scusa se i miei soldi quest’anno me li sono spesi in altro e non nel cercare di riuscire a contare al buio i peli della barba di Jon con un televisore da mille mila euro. Che poi la puntata l’ho vista su Sky sul televisore di casa, ma non ti abbastava comunque (cit.).
Altro gran problema, le cose che succedono perché devono succedere. Forse Martin ha dei piani chiari per Melisandre, ma gli sceneggiatori no, e così la rossa con lifting incorporato diventa tout court un deus ex machina che ti svolta la trama quando necessario. Compare dal nulla, come dal nulla era comparsa per resuscitare Jon, fa solo lo stretto indispensabile: accende i falcetti dei Dothraki, nell’unica scena che mi abbia davvero dato i brividi, accende la trincea, tutte cose per la verità abbastanza inutili, e infine suggerisce il finale ad Arya, finale che solo io non avevo colto, perché in effetti ce lo sottolineano con l’evidenziatore – occhi azzurri, capito? AZZURRI – perché sono rimbambita. Certo, la giustificazione la possiamo trovare anche qua: è il Signore della Luce che agisce per vie imperscrutabili. Sempre però a favore di sceneggiatura, mi raccomando.
Stesso problema per i draghi, sia di Daenerys che del Night King. È un problema che chiunque faccia fantasy, e più ancora chi lo porta sullo schermo, conosce: come cacchio li usi i draghi in battaglia? Sono potenti, inceneriscono la gente in mezzo secondo, potenzialmente uccidono l’intreccio. E gli sceneggiatori lo sanno bene, visto che hanno fatto l’impossibile per toglierne uno a Daenerys la scorsa stagione e darlo al Night King. A un certo punto ho seriamente pensato che tutta questa battaglia sarebbe servita solo ad accoppare i draghi a Dany e così riequilibrare il prossimo scontro con Cersei. Per fortuna hanno preferito accopparle tutto l’esercito e via. Comunque. Oltre a questo, c’è la questione del combattimento: due formiche sul dorso di due cani come le fai combattere? Perché questo sono Jon e il Night King sui draghi. Sono problemi che capisco benissimo, con cui mi scontro di continuo anch’io. Ebbene, la soluzione è: usiamo i draghi per i dieci minuti finali e via. Nel frattempo, perdono tempo. Il Night King ci mette una vita ad arrivare a Winterfell, Jon e Daenerys passano la battaglia a girare in tondo in mezzo alla tempesta, senza capire cosa fare. Nessuno usa i draghi per niente se non quando costretto: tre fiatelle a inizio battaglia, poi arriva la nebbia e ciao. Diciamo che anche qua ci si poteva inventare qualcosa di più convincente.
Anche il passaggio dagli spazi aperti a quelli chiusi appare confuso e tutto sommato pretestuoso: d’improvviso, i nostri sono tutti stipati dentro, non è ben chiaro perché. Non a combattere. Girano per i corridoi in scene Jurassic Park like. Non è chiarissimo cosa sia successo nel frattempo.
Sorvolo sulle questioni circa le strategie scelte dai Nostri per l’assedio perché, tutto sommato, secondo me lasciano il tempo che trovano: finché fai succedere cose che mi piacciono e mi appassionano, io me ne frego della verosimiglianza. E quindi amen che i Dothraki siano utili quanto il due di bastoni con la briscola a spade, e che tu abbia deciso scientemente di ammazzarli tutti al minuto 1; la scena iniziale delle fiaccole che si spengono è potentissima, e mi ha dato i brividi, per cui sto.
Ma veniamo al vero problema, per me, un problema che, lo ammetto, nasce solo dalle aspettative sbagliate che ho sempre avuto su GoT.
Ricordo che quando lessi il prologo de Il Trono di Spade, in cui compaiono i White Walkers, mi esaltai: avevo trovato il fantasy definitivo. Erano poche pagine di una potenza straordinaria, che facevano appello a tutto quanto di oscuro, primordiale e incontrollabile c’è al mondo, e che comunicavano un senso di orrore supremo. L’inverno stava arrivando, e la sua notte infinita avrebbe portato con sé tutto ciò che temiamo: orrori senza volto che nessuno di noi sarebbe stato in grado di arrestare.
Ora, sono scema, ma non fino al punto di non aver capito, venti pagine dopo, che in realtà Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco non erano quello, bensì un romanzo basato soprattutto sulla costruzione di solidi personaggi e infinite beghe politiche intorno a questo maledetto trono. Un sottogenere che sapevo perfettamente non essere proprio my cup of tea. Infatti mollai la saga al primo libro, anche se Martin aveva provato a fregarmi mettendo in chiusura i draghi. Ma i White Walkers continuavano a essere evocati, e allora prima o poi sarebbero usciti fuori davvero. Così iniziai a seguire la serie televisiva.
Pensateci, i White Walkers sono una presenza costante. Non tanto in termini di screen time, quanto come pericolo evocato, immaginato, negato o temuto. Compaiono poco, in scene gelate e misteriose; fanno cose che non capiamo, sono terribili e oscuri. Ci spiegano poi anche come sono nati, ma questo non intacca l’aura di orrore che si portano dietro. Pensate al simbolo di pezzi di cadaveri che lasciano dietro di sé nella 8×01, all’orrore che quella scena genera. Molti ci dicono che è quello Il Nemico. Hanno costruito un intero muro per tenerli lontani, si favoleggia di queste infinite notti in cui faranno strage dei viventi, al loro confronto il trono sembra solo un gingillo, ed è su queso argomento che fa leva Jon per raccattare un esercito che lo aiuti a fermarli. Tutta la trama di Jon, al di là del classico viaggio dell’eroe, è basata sul difendere Westeros dai morti, e guadagnare autorevolezza sufficiente per riuscire a farlo.
Ecco, di sicuro sbagliavo, ma ammetterete che sbagliavo per una ragione a credere che la guerra contro di loro sarebbe stata importante.
Quando finalmente arriva il loro momento, tutto viene risolto in dieci minuti alla fine della precedente stagione e questi 80 minuti di assedio. L’orrore che viene dal nord, l’esercito che in alcun modo può essere sconfitto, il misterioso Night King, bastano ottanta minuti per levarseli dalle scatole. Quella che speravo sarebbe stata la Grande Guerra per il futuro di Westeros e non solo è un impiccio sul cammino verso il trono di Daenerys e Jon. E basta la lama di Arya. Sì, il pugnale di Bran e tutto quel che volete, la circolarità della trama, oddio tutto torna al principio, bravi, bene, 10+, ma basta il pugnale di Arya. Con un trucchetto anche abbastanza banale. Fuori da Winterfell manco si saranno accorti che è successo qualcosa. Se ne riparla, al massimo, al prossimo inverno.
Ora, io so che non poteva andare altrimenti. Quando l’inverno arriva alla penultima stagione, e ti mancano sei episodi alla fine, è ovvio che per gli scontri che durino più di un’ora e mezza non ci sarà spazio. La cosa è stata resa ancor più chiara dal fatto che questa battaglia fosse nella puntata tre di sei. Era persino giusto che andasse così. Ma io non posso fare a meno di restare delusa. Perché la trama ha alluso ad altro.
Guardate, mi sembra Lost all over again: anche lì sembrava che il mostro di fumo chissà cosa fosse, anche lì ti avevano tenuto attaccato al televisore con la promessa di cose mirabolanti. Poi bastava una fucilata di Kate, e per il resto, scusaci, sei tu che non hai capito Lost: l’isola è solo la scenografia, quel che conta sono i legami tra i personaggi. Vai col limbo sincretico.
Anche qui: scusa, Licia, ma sei tu che non hai capito niente. I White Walkers sono un nemico tra tanti, il boss di fine livello è Cersei, e, comunque, quel che conta sono i personaggi e i loro legami. E via Arya che tromba con Gendry, Sansa e Tyrion che, dai, ce n’è.
Mi spiace. Mi spiace tantissimo. Dalla lotta tra vivi e morti si potevano tirare fuori altri sette libri. Poteva venirne fuori un survival horror fantasy da sturbo. Ma non era questo che interessava a Martin, e men che meno agli sceneggiatori. E sono perfettamente nel loro diritto, ovvio. È una scelta poetica legittima, giusta. Ma mi spiace quando certe idee così potenti vengono buttate via. Non le usare, allora. Facciamo che oltre il muro ci sono i Wildlings e basta. Funziona lo stesso.
Per il resto, in tema di assedio e con un quarto del budget di GoT, ho trovato infinite volte più efficace e potente l’assedio di Parigi di Vikings, ultima cosa davvero bella vista in quella serie; teso come una spada, pieno di colpi di scena, e con tre parole in croce pure lui. E girato di giorno, per di più. Ma so di avere gusti rozzi, e GoT è un prodotto con ambizioni ben più alte di Vikings, e molto più raffinato negli esiti realizzativi. Quindi, probabilmente è sfuggito qualcosa a me.
Non sono rimasta neppure particolarmente colpita dalla colonna sonora, se non per l’ultimo brano, ma anche quello solo per la parte iniziale. Ho un debole per le musiche incongrue per certe scene. Ha sempre apprezzato Djawadi, la sua musica è sempre stata per nulla banale, e capace di aggiungere qualcosa alle scene. Ricordo l’esaltazione per i draghi che volano sul Mare Stretto, con quel tema tellurico, che ti parla di forze ancestrali, indomabili come i draghi di Daenerys. Ecco, anche lui ormai si è adeguato alla colonna sonora quadratica media di un fantasy. Temi tutto sommato dimenticabili, che ci siano o meno è tutto uguale. Peccato, perché erano una parte importante della bellezza di GoT.
Ma il vero problema, l’avrete capito dall’entità di questi deliri, è che in realtà a me questa puntata non ha coinvolto. È questo il punto focale di ogni cosa. Se mi avesse appassionata, se mi avesse tirata dentro il ritmo narrativo, tutti questi discorsi sarebbero stati inutili. Alla fine della fiera, per me, quando usufruisco di un qualsiasi prodotto di intrattenimento, questa è l’unica cosa che conta: hai sostituito la mia realtà con la tua per il tempo in cui ti ho visto/letto/sentito? Se sì, vale tutto. Altrimenti, troverò duemila difetti anche dove non ce ne sono.
Bon, è tutto. È davvero la madre di tutte le recensioni non richieste, sia perché è delirante, sia perché in verità tutte queste cose le avevo già dette sui social durante le discussioni di queste ore. Ma tant’è, sono logorroica e mi piace parlare
.