“La capacità di comprendere prima di vedere è il cuore del pensiero scientifico”.
Apro con questa frase che mi colpì subito durante la mia lettura de L’Ordine del Tempo, di Carlo Rovelli, perché quel che è stato annunciato ieri pomeriggio, in una conferenza congiunta tra un bel po’ di enti (ESO, ASI,INAF, INFN, la collaborazione LIGO/Virgo…) è esattamente questo: da quando le onde gravitazionali sono state osservate per la prima volta, nel 2015, stiamo vedendo cose che avevamo solo immaginato, spesso per tanti anni.
Per poter spiegare cosa esattamente è stato visto, occorre la conoscenza delle puntate precedenti. L’optimum sarebbe leggere questo, che fu il mio post al riguardo quando, a febbraio del 2016, venne data la notizia della prima osservazione delle onde gravitazionali, ma mi rendo conto che è lungo, per cui, facciamo così: io provo a riassumere, se vi sfugge qualcosa, dopo aver letto questo, andate a leggere quello. Poi magari non si capisce niente uguale, ma allora me ne prendo la responsabilità
Mettiamo in ordine gli antefatti:
- abbiamo tre antenne che rilevano onde gravitazionali (in realtà di più, ma questi sono gli strumenti più sensibili che abbiamo oggi): Ligo, composto da due strumenti che si trovano ai capi opposti degli USA, e Virgo, che sta in Italia, vicino Pisa;
- le onde gravitazionali sono “increspature dello spazio-tempo”: potete immaginare lo spazio-tempo come la superficie di un laghetto. Quando ci tirate dentro un sasso, la superficie si increspa formando le onde. La stessa cosa succede con lo spazio-tempo, che è un po’ l’intelaiatura dell’Universo. Le onde gravitazionali sono increspature, deformazioni dello spazio-tempo. Nella nostra metafora del laghetto, il sasso sono masse (molto grandi) che si scontrano, o che implodono;
- fin qui avevamo osservato solo onde gravitazionali prodotti dalla fusione – coalescenza, si dice – di buchi neri.
Armati di questo vademecum, avventuriamoci nella scoperta del giorno. Per la prima volta, è stata osservata la coalescenza di due oggetti più piccoli, in termini di massa, dei buchi neri, ossia le stelle di neutroni. Urge piccolo excursus sulle stelle di neutroni: si tratta di oggetti che si formano quando stelle più grandi del Sole finiscono il carburante. Come forse saprete, le stelle sono palle di gas così denso e caldo da innescare reazioni di fusione nuclare, ossia due atomi di un certo elemento si fondono per formarne un altro. In questo momento nel sole atomi di idrogeno si stanno fondendo producendo elio ed energia. Ci possono essere anche fusioni di altri elementi chimici, che si innescano a seconda di quanta massa ha una stella e di qual è la sua fase evolutiva (in soldoni: quanto è vecchia). Tutte le fusioni però si fermano alla produzione del ferro; fondere due atomi di ferro richiede più energia di quanto ne venga prodotta, e quindi nelle stelle questo processo non avviene.
C’è un’altra cosa da sapere circa le stelle: sono oggetti in equilibrio. Da un lato c’è la forza di gravità, che tende a farle collassare (quindi a far cadere tutta la materia in un punto), e la pressione della radiazione prodotta dalle reazioni nucleari, che invece tende a farle espandere. L’equilibrio tra queste due forze fa sì che le stelle ci appaiano come grosse palle di gas più o meno sempre delle stesse dimensioni.
Detto questo, a un certo punto, come dicevamo, stelle molto grandi esauriscono il loro carburante trasformandolo in ferro. A questo punto, all’equilibrio di cui dicevo prima viene a mancare una componente: le reazioni termonucleari non riescono più a controbilanciare la forza di gravità, e la stella inizia a collassare. La materia viene pressata così tanto che nei nuclei protoni e elettroni si fondono formando neutroni (da cui il nome). A questo punto il collasso, se la massa non è troppo grande, può essere fermato dalla pressione della materia degenere. È una cosa un po’ complicata legata alla meccanica quantistica; due particelle, in questo caso neutroni, non possono trovarsi entrambi nello stesso stato, ed è questa “resistenza” che contrasta la forza di gravità e tiene in equilibrio la stella. La cosa si può immaginare come un cinema, in cui gli spettatori sono ordinatamente disposti uno per posto davanti allo schermo. Non ci possono essere due spettatori per sedia. Il risultato è che le stelle di neutroni sono piccole (hanno un diametro di qualche decina di chilometri) ma sono densissime (hanno fino a due, tre volte la massa del Sole).
Nel caso della sorgente oggetto della scoperta – che, per la cronaca, si chiama GW170817, ove GW sta per gravitational wave (onda gravitazionale) e 170817 è la data di scoperta – si tratta di due stelle di neutroni che si girano intorno. Lentamente le loro orbite decadono, ossia le due stelle girano su orbite sempre più strette, via via avvicinandosi, finché non si fondono. Si produce così una kilonova, che è tra i fenomeni più violenti che possono verificarsi nell’Universo. L’animazione qua sotto rende molto bene l’idea.
Questo fenomeno era stato teorizzato, ma mai osservato prima con tale completezza. Il segnale di onda gravitazionale osservato è, come nel caso della prima detezione di onde gravitazionali, molto simile al modello previsto dalla teoria. Ma c’è di più. Per la prima volta è stato possibile osservare lo stesso fenomeno con tanti telescopi diversi. Non intendo solo strumenti diversi – cioè telescopi posti in luoghi diversi del mondo – ma proprio telescopi che osservano cose diverse. Sono state infatti osservate le onde gravitazionali prodotte dal fenomeno, ma anche i raggi gamma, le onde radio, i raggi X, l’ emissione ultravioletta, infrarossa e inluce visibile. Piccola parentesi, mio marito fa parte della collaborazione che cerca le controparti ottiche delle onde gravitazionali, cioè l’emissione in luce visibile associata alle onde gravitazionali, ed è per questo che io questa storia la conoscevo da un po’ . Per chi se la cava con l’astronomia, qui e qui ci sono gli abstract degli articoli che ha firmato assieme al resto del gruppo. Ma torniamo a noi: è la prima volta che di un’onda gravitazionale si vedono le controparti. Anche questa era una cosa prevista, ma mai osservata. Anche perché in generale la coalescenza di buchi neri non produce altra emissione che non sia quella di onde gravitazionali. Anche le emissioni nelle altre bande vanno come previsto dalla teoria, e questo conferma l’esistenza delle kilonovae e la correttezza del modello che ne spiega il meccanismo. Inoltre conferma che sono proprio le kilonovae a produrre una certa categoria di lampi in raggi gamma, chiamati Gamma Ray Bursts (GRB, per gli amici), effettivamente osservati in associazione a questa sorgente. Infine, dall’emissione ottica è venuta anche la conferma che sono proprio questi fenomeni di coalescenza di stelle di neutroni che producono anche gran parte degli elementi pesanti (oro, e minerali più pesanti del ferro) di cui siamo fatti noi, la terra, e tante cose in giro per l’Universo.
Come avrete capito, è una scoperta storica per davvero. Sono tante prime volte tutte assieme, che, per altro, confermano la teoria, dunque ci dicono che stiamo dando una corretta interpretazione di molti fenomeni che avvengono nel nostro Universo. Inoltre, questa scoperta ci dice anche che davvero le osservazioni nelle onde gravitazionali hanno aperto una nuova era dell’astronomia. La prima cosa che è stata osservata di questa sorgente è stato il segnale di onda gravitazionale. Poco meno di due secondi dopo, i telescopi gamma, che si trovano in orbita, hanno osservato il GRB. A quel punto, grazie al fatto che il segnale è stato osservato da tre punti diversi (i due Ligo e Virgo in Italia) e alle osservazione nei raggi gamma, è stato possibile fare la triangolazione, ossia identificare una finestra nel cielo dalla quale il segnale era partito. Quasi immediatamente, gran parte dei telescopi del mondo è stato puntato in quella regione, permettendo di identificare una nuova sorgente in una galassia distante 130 milioni di anni luce da noi, NGC 4993. Incidentalmente, questo ne fa anche il segnale di onda gravitazionale più vicino mai osservato. Le onde gravitazionali sono state come un faro, che hanno guidato i ricercatori alla scoperta.
Inoltre, la scoperta è stata ottenuta grazie allo sforzo congiunto di centinaia di ricercatori da tutto il mondo. Non solo la collaborazione Ligo/Virgo, ma anche tutti coloro che lavorano ai vari telescopi ad alte energie, ottici, radio, infrarossi e ultravioletti. In totale sono circa 3500 persone che hanno lavorato assieme, e io questa cosa la trovo davvero straordinaria. In politica stiamo ancora a parlare di confini, barriere, ma la conoscenza già non ne ha, e la scienza lavora a livello mondiale, mettendo insieme esigenze e standard diversi, in uno sforzo unico che ha come obiettivo solo e soltanto capire le cose. È l’umanità al suo meglio, come qualcuno ha già detto in riferimento a Cassini. Non dovremmo forse prendere esempio?
Lo ripeto ogni volta, ma lo credo davvero: quando lavoriamo insieme, siamo capaci di cose straordinarie. Siamo confinati a un angolo insignificante di un Universo immenso, in quel puntino pallido sospeso nel nulla mostratoci dalla foto della sonda Voyager. Eppure, da qui, possiamo capire eventi lontanissimi, e misteri insondabili, perché siamo pur sempre il modo che l’Universo ha trovato per capire se stesso.
Sono giorni complicati e pienissimi di cose. Settimana scorsa, come avete visto, ho fatto tanti eventi. Un altro ci sarà stasera; l’appuntamento è alle ore >>>
I miei prossimi appuntamenti
Venerdì 6 Dicembre – Sabato 7 Dicembre 2019 – Più Libri Più Liberi – Roma Venerdì 6 Dicembre
h 16.00 – 17.00
Firma copie presso lo stand Comics&Science
h 17.00 – 18.00
Firma copie presso lo stand Tunué
Sabato 7 Dicembre
h 14.00 – 16.00
Firma copie presso lo stand Tunué
h 17.30
Presentazione de Il Re dei Rovi di Marcelo Figueras. Interverranno Francesco Troccoli e l’autore in collegamento da Buenos Aires.