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Merlin

Col nuovo record di quattro – dico QUATTRO – anni di ritardo, verso la fine dello scorso anno mi sono avvicinata a Merlin, la serie BBC sulle avventure dei giovani Merlino e Artù. L’ho fatto con una certa dose di scetticismo; sembrava una cosa molto nella media, nulla di particolare. Però ero un po’ orfana di roba da vedere, mi serviva qualcosa di leggero e divertente e Merlin sembrava fare al caso mio. Per altro, mi aveva già incuriosita l’anno di uscita, perché Edimburgo, che visitai proprio in quel periodo, era piena di manifesti col faccione di Colin Morgan.
Al momento sono alla visione della seconda serie, più o meno metà – visione rigorosamente in inglese, perché ogni tanto l’accento british fa veramente bene alle orecchie – e quindi direi che la fase di beta testing è conclusa e si possono tirare le somme. Intendiamoci, è un prodotto medio sotto tutti gli aspetti: nulla di eccezionale sul fronte delle interpretazioni, anche se non c’è nessuno che sia proprio cane, fatta forse eccezione per un Lancillotto decisamente monocorde, nulla nella sceneggiatura che faccia gridare al miracolo, nessun soggetto particolarmente ispirato, e soprattutto effetti speciali da serie televisiva, ossia le bestie, fatta eccezione per il drago, si vedono poco, e quel che si vede non è un granché. Però. Però, ragazzi, io mi sto appassionando. Quei 45 minuti la sera che dedico alla visione mi rilassano, mi rimettono in pace col mondo. Perché se c’è una cosa in cui Merlin eccelle è il ritmo: non ti annoi mai. Nelle puntate succedono sempre un bel po’ di cose, non ci sono momenti di stanca, gli autori sanno quando buttarla sull’ironico e quando invece fare più i seri. L’impressione generale è di un prodotto perfettamente cosciente dei propri limiti, ma anche dei propri punti di forza. Inutile attendersi le psicologie complesse di un Games of Thrones o l’irriverenza di un Misfits. Qui ci si diverte con una rivisitazione simpatica dei grandi classici dell’high fantasy. L’assenza di presuntuosità, l’impressione che gli autori sappiano sempre esattamente quel che stanno facendo e l’onestà complessiva del tutto rendono la serie straordinariamente piacevole da vedere. Voglio dire, nulla di immancabile, non è quella roba che ti fa urlare al capolavoro o genera dipendenza, ma dove sta scritto che uno abbia sempre voglia di capolavori, no?
Per altro, tutti i limiti della serie non significano che a volte non si affondi un po’ di più con le trame; ci sono state un paio di puntate della prima stagione – penso a The Beginning of the End, The Moment of Truth o To Kill the King – in cui certi temi un po’ più “pesanti” vengono affrontati in modo non banale. C’è poi una certa ambiguità di fondo che anima alcuni personaggi, e che non viene mai del tutto risolta, ma anzi indagata in modo interessante: penso a Uther, o Morgana. Anche l’immancabile triangolo che inizia a intravedersi nella seconda stagione non è poi così stantio quanto si potrebbe credere.
Insomma, ripeto, non vi dico “vedetevelo perché è imprescindibile”, ma se un domani aveste voglia di una cosa leggera da vedere in scioltezza, ve lo consiglierei di certo.

P.S.
Per favore, no spoiler nei commenti, per chi stesse seguendo la cosa in contemporanea con il Regno Unito. Ok, la storia la sappiamo tutti, ma Merlin si prende un fracco di licenze poetiche sulla versione classica del mito di Artù, e tutto sommato io non ho voglia di scoprire in anticipo come la storia prosegua.

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