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There and back again

Alla fine, contro ogni previsione, siamo andati a Monaco. Irene è guarita in zona cesarini, e abbiamo deciso di fare comunque questo viaggio.
Come ebbi modo di dirvi qualche tempo fa, nella mia testa me lo prefiguravo come un viaggio nella memoria: tornavo là dove avevo passato tre mesi irripetibili della mia vita, a cercare di riacchiappare per i capelli il passato. Solo che la gente cambia, cambiano anche i luoghi, e le cose non si ripetono mai uguali. Così, come per tutti i viaggi veri e belli, non ho per niente trovato quel che cercavo, ma tutt’altro.
Più passa il tempo, più penso che l’amore, almeno per me, è soprattutto condivisione. Si tratta di lasciare eredità, e questo è ancora più vero quando si ha un figlio. Per me non ha senso vivere una bella esperienza se in qualche modo poi non posso passarla a chi amo. Ho bisogno che loro siano con me, ho bisogno di trasmettere loro quel groviglio di emozioni che mi domina, altrimenti non ha senso. Il mio viaggio a Monaco è stato questo.
Da una parte, c’era molto di quel che avevo amato sette anni fa: i profumi intensi e speziati dei Christkindlmarkt, la neve, il freddo polare, e quel qualcosa di inesplicabile che rende per me Monaco unica. Dall’altra, era tutto diverso. Perché c’era Irene.
Alla fine, eravamo andati lì per questo: Irene a Monaco c’era già stata, due anni fa, ma era molto piccola, e poi era estate, e d’estate, non lo so, è tutto diverso, è un posto che non ci appartiene. Adesso volevamo farle vedere com’è la Monaco dove forse tutto è cominciato: se non avessimo vissuto lì tre mesi, se non avessimo fatto quel primo esperimento di convivenza, e non ci fossimo trovati così bene, chissà come sarebbero andate le cose. La nostra storia è passata di lì, per questo Irene doveva vederla.
È stato fantastico vederla impazzire per la neve, esattamente come noi la prima volta che ci siamo stati: tutti a guardarla, perché, per ovvie ragioni, non ci sono molti bambini tedeschi che si facciano tutti i cumuli di neve ai lati della strada per giocare. È stato bellissimo portarla a Nymphenburg e vederla divertirsi con gli uccelli che vivono lì, splendido vederla scorrazzare sotto la casetta di legno che dove giocavano i principi di Baviera, e in cui ho ambientato un pezzo della Ragazza Drago 3. Ed è stato anche bello fare un’esperienza nuova assieme: nonostante ci vivessimo ad un tiro di schioppo, non eravamo mai stati a Hellabrunn, lo zoo di Monaco. Non ho grande attrazione per gli animali in cattività, ma, un po’ la neve, un po’ Irene, siamo andati. E devo dire che è un bel posto: certo, gli animali non sono liberi, ma l’impressione è che, nei limiti della cattività, stiano bene. E poi il posto è meraviglioso, una specie di riserva naturale. Tra l’altro, non avevo mai visto i primati dal vivo, ed è impressionante quanto ci somiglino: guardare negli occhi un orango è come guardare negli occhi un altro essere umano.
Comunque, sono stati quattro giorni fantastici. In qualche modo mi sembra di aver fatto pace con Monaco, di averle trovato un posto nella mia vita: fin qui, ogni volta che ci pensavo, ogni volta che vedevo qualche foto, mi prendeva una sconfinata nostalgia, un desiderio tremendo di andarci a vivere. Adesso mi appartiene in un modo diverso, è diventata davvero quel luogo dell’anima di cui parlavo nel post linkato all’inizio. In qualche modo è la mia città, anche se non ci vivo, anche se ci vado meno di una volta l’anno. Ma tutto quello che ci ho vissuto, tutto quello che mi ha dato, e purtroppo a volte tolto, me la rendono cara.
Con le parole riesco decisamente meglio che con le immagini, ma, se volete, qui c’è un’ampia galleria di foto che ho fatto da quelle parti, comprese quelle di Hellabrunn.
Se si cita Hellabrunn, è impossibile non citare anche Caparezza, per cui, voilà, chiudiamo con un po’ di giocosa riflessione :) .

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