Vi avevo promesso a breve un post su Da Vinci’s Demons, ma, ai miei ritmi, la fine della stagione dista una settimana, e io, nel frattempo, ho visto l’undicesima puntata di Once Upon a Time.
Di questa serie vi ho già parlato in passato. Faccio un riassunto per chi non ha voglia di rileggersi il pregresso (per chi ha voglia, invece, qui, qui e qui): buona la prima stagione, con punte d’eccellenza, ottimo attacco della seconda, che va in vacca a partire più o meno dalla dodicesima puntata, sprofondando in un abisso di personaggi stravolti, soluzioni di trama cheap e generale mancanza d’idee. Ho comunque attaccato la terza, perché Giuliano ha molto amato la prima, ed è un completista – e comunque ci crede ancora – e tutto sommato continua a farsi guardare. Più o meno.
Per quel che riguarda la terza stagione fin qui, ossia allo iatus che in genere in America c’è intorno a Natale, e che blocca per qualche tempo molte serie, è presto detto: le prime otto puntate di noia mortale, con flashback che, a livello di inutilità, hanno raggiunto, superato e doppiato quelli delle ultime stagioni di Lost, personaggi intrappolati nelle stese dinamiche in un loop eterno, e il triangolo amoroso più noioso di sempre. Insomma, non bene. Gli ultimi tre episodi dell’arco di Peter Pan, invece, sono stati piacevoli. La nona puntata ha avuto un bel falshback e una discreta compattezza tematica che mi ha ricordato i fasti di questa serie, quando non dico che gli episodi mi facessero gridare al miracolo, ma mi divertivo, e un paio di volte mi scendeva anche un po’ la mascella, via. Inoltre, il legame Pan Rumplestilskin, per quanto si appoggi ad una soluzione di trama abusata nel corso di tutta la serie, era la prima vera idea partorita da circa metà della seconda stagione. Anche la dieci aveva il suo perché, con un’altra buona idea buttata lì. E arriviamo alla undici, la puntata che ho visto ieri sera. Da qui in avanti mi toccherà essere spoiler, o non potrò spiegarvi perché e percome sia stata una bella puntata, ma anche l’attestato di un fallimento.
Innanzitutto, per chi non conoscesse la serie, l’assunto di base è il seguente: i personaggi delle favole sono stati maledetti dalla Regina Cattiva di Biancaneve per vendetta, e adesso vivono tutti in una cittadina piovosa, Storybrook, in cui conducono vite anonime e tristi. Per tutta la prima stagione, a parte un paio di personaggi, sono tutti inconsapevoli della loro vera natura, dalla seconda hanno i ricordi della loro vita nella Foresta Incantata.
Che succede nella puntata undici? Innanzitutto, muore uno dei personaggi iconici della serie, nonoché uno dei più amati. E fa anche una bella morte, adeguatamente preparata nel corso di numerosi episodi (ma che a me non torna con una certa profezia, ma vabbeh…). Peccato che subito dopo la sua morte, neppure ben digerita da tutti i vari personaggi, succede il finimondo. Sostanzialmente, per salvare la situazione, tutti i personaggi delle favole se ne devono tornare da dove son venuti, Storybrook scomparirà, e gli unici due personaggi che restano nel nostro mondo non avranno alcun ricordo di chi sono e di quel che hanno vissuto in queste due stagioni e mezzo di Once Upon a Time. A casa mia questo si chiama tabula rasa.
Ora. L’episodio in sé è stato bello, non spettacolare, ma niente male, a parte la morte del Nostro un po’ buttata via, a mio parere. Sarebbe stato un ottimo finale per la serie: tutti a casa, di qua nessuno si ricorda niente. Un finale dolceamaro che stava bene con le atmosfere della prima stagione, tutto sommato piuttosto dark. Per inciso, qualcuno di voi ricorderà che è un tipo di finale che ho usato anch’io…
Il problema è che questa puntata si piazza nel bel mezzo della stagione, ed è seguita da altre undici puntate ancora da venire. Cioè non finisce niente. È solo la candida confessione degli autori che è vera una cosa che sospettavo fin dalla fine della prima stagione: l’idea sulla quale la serie si basava, e il modo in cui era sviluppata, non poteva protrarsi per più di una stagione o giù di lì. Per cui, erase and rewind, si parte da capo e su premesse in buona parte diverse.
I miei sentimenti rispetto a questa scelta sono duplici: da un lato ammiro il coraggio di far saltare il tavolo, e ricominciare cercando di emendare gli errori del passato. Dall’altro, non so, mi sembra un po’ barare, e l’attestazione di una sconfitta. Senza contare che una puntata emotivamente così coinvolgente, e un finale così azzeccato, sono un po’ sprecati messi in mezzo così. E poi il cliffhanger non mi ha lasciato gran voglia di vedere come prosegue: spero quanto meno che questa roba della memoria perduta la concludano rapidamente, perché già mi sento frustrata al pensiero di tot puntate dedicate a cercare di convincere Emma che, ehi, lei è davvero la figlia di Biancaneve, e Hook che la provola senza speranza.
Bon, tanto con le serie anglo-americane è sempre un po’ un salto nel buio, prendere o lasciare, e io decido di vedere le carte quasi sempre, questa non farà eccezione.