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Non c’è proprio paragone

Discalimer: prima che tutti mi saltiate al collo, sì, la Chiesa è una struttura di potere, sì, la pedofilia, sì l’oscurantismo e quello che volete. Ne sono consapevole. Ma oggi voglio trattare l’argomento da un punto di vista, diciamo così, antropologico, letterario, se vogliamo, e, un po’ ironico. Le cose sono complesse, tanto più quando hanno duemila anni e raccologono sotto il loro cappello Don Gallo e Ratzinger. Potrò soffermermi su un aspetto della questione, visto che ce ne sono molteplici? Detto questo…

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In questo periodo due sono le cose che hanno monopolizzato il mio interesse: le elezioni politiche, ovviamente, e il Conclave. Destino ha voluto che tanto la Chiesa che lo Stato Italiano fossero in fase di restauro.
Devo dire che i primi giorni dopo il voto ero pressoché ossessionata da questo nuovo parlamento: ce la farà ad esprimere un governo? Ce la farà a fare qualcosa? Ma il M5S che farà?
Poi, a fronte dei soliti ballettini che non sono per niente cosa nuova, almeno per me che ho trent’anni, l’interesse per la nuova legislatura è lentamente scemato, a favore dell’interesse per il Conclave. Perché, diciamocelo, non c’è proprio paragone.
Innanzitutto, abbiamo a che fare con un’istituzione che nel bene e nel male va avanti da duemila anni. La Repubblica, poverina, sta qui da settant’anni circa. In questi duemila anni, se sono viste di ogni: Papi, anti-Papi, gente ammazzata, avvelenamenti, Papi coi figli, simonia, nepotismo, guerre sangue e morte. E il Vaticano sta ancora là. Ridotto nell’estensione territoriale, ma ancora capace di esprimere un potere sconfinato.
Poi, qui stiamo parlando di uno che governa sulle anime, e dunque ha sostanzialmente potere di vita e di morte. I deputati e i senatori al massimo possono curare la salute dei nostri corpi, e neppure troppo efficientemente.
E poi c’è questo irresistibile miscuglio di antico e moderno: 116 uomini, chiusi in un posto meraviglioso come la Cappella Sistina, a parlare in latino, vincolati da giuramenti di vita e di morte, MA, che calcano i piedi su un pavimento nel quale son stati messi congegni che impediscono di twittare. La fumata nera e la fumata bianca, come secoli fa, MA l’annuncio dell’Habemus Papam anche su Twitter. Il latino, MA l’indulgenza plenaria a chi segue il Papa “sui nuovi media”.
Credo che anche un ateo non riesca a sottrarsi del tutto alla potenza del rito. È questa la forza della fede. Il rito. Identico a se stesso, uguale nei secoli, aggrappato ad antiche pratiche, senza però dimenticare anche la modernità. Almeno, da laica e diversamente credente – e forse anche da scrittrice – non ho potuto fare a meno di sentirmi coinvolta dal mistero del Conclave. C’è in fascino antico nella fumata bianca e nella fumata nera, e soprattutto, nella segretezza. Il quid è tutto lì. I deputati e i senatori li vediamo parlare, cambiare idea, o restare saldamente aggrappati ai loro principi, fare e sciogliere alleanze, giurare vendetta e tutto il resto. I Cardinali no. I Cardinali entrano in Conclave e non se ne sa più niente. C’è il segreto, pena la scomunica, mica l’inibizione ad usare il simbolo del movimento. Per questo, ognuno di noi può immaginare quel consesso come più gli aggrada, e credere che qualsiasi cosa venga discussa sotto l’occhio accigliato del Cristo di Michelangelo sia elevato e spirituale. Potrebbero giocare a carte, nella Cappella Sistina, e noi continueremmo a immaginarceli impegnati a pensare solo al bene della Chiesa del domani.
Sarà per questo che la Chiesa è ancora là, e la Repubblica vacilla. Perché una democrazia è un tentativo di desacralizzare il potere, o quanto meno di renderlo il più diffuso possibile. Un clero invece è l’opposto: un tenativo di sacralizzare un’istituzione umana. E quest’opera, alla Chiesa, va detto, riesce molto bene.
Adesso il Conclave è finito e non ho altro cui pensare che al prossimo governo. Che secondo me non si farà, per altro.
Ecco, io so perfettamente che i guai cominciano proprio quando dimentichiamo che chi detiene il potere è solo un uomo come noi, quando attribuiamo prerogative sacrali a gente che è semplicemente stata eletta, e dunque non fa altro che rappresentarci. Però, a volte, mi piacerebbe che la politica non ci si presentasse sempre col suo aspetto peggiore, e che sembrasse ogni tanto quel che dovrebbe davvero essere: un tenativo di perseguire il bene comune. Perché le persone non sono sacre, ma le istituzioni che sono chiamate a rappresentare, la Costituzione, sono quanto meno cose serie, molto serie, e meritevoli di rispetto.
Comunque. Ieri il nuovo Papa ha fatto un po’ simpatia a tutti. Gli han trovato già le prime macchie in curriculum, ma io per qualche ora ho voluto credere che la croce di ferro, i mezzi pubblici e qualche altra cosuccia fossero ragioni per sperare. Mi riesce difficile sperare in un’Italia diversa, fatemi almeno sperare per mezza giornata in una Chiesa diversa. Così, per illuderci un po’.

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Fuori

Questa settimana siamo stati tutti male. Io, Giuliano e Irene. Sbattuti a letto per tutto il tempo, ciondolanti tra le coperte, il divano, e il tavolo della cucina.
Col cervello a mezzo servizio, senza contare la prole in mood fastidioso in giro per casa, scrivere mi era impossibile. L’unica cosa che potessi fare era guardare la tv o votarmi a santo Internet. Dato che in camera da letto non ho Sky, ho passato quattro giorni a vagare online come un’anima in pena. E di cosa si parla in questi giorni? Soltanto di elezioni, ovvio. Tizio voterà la fiducia a Caio? E se non lo fa? Sì, ma se Sempronio si alza durante le votazioni…
Tutta la giornata così, a non far altro che leggere questa roba qui, attaccando briga con chiunque, mossa da una specie di coazione a dire la propria, sempre e comunque.
È stato abbastanza allucinante. Una specie di discesa agli inferi dell’inutilità: tanto, possiamo stare a discutere da qui all’eternità, la chiacchiere stanno sempre a zero, la verità non esiste se non quella che stabilirà il parlamento tra qualche giorno. Fine.
Con questo non voglio dire che la discussione politica sia inutile. Ma dodici ore al giorno di rete impazzita è più di quanto una persona normale possa tollerare. La rete è tutto e il contrario di tutto, e il posto ove eminentemente si capisce che parlare, parlare, parlare non porta da nessuna parte. Sebbene serva, ad un certo punto. Ma non così tanto. E non senza un po’ d’azione.
Così, stamattina ho preso le quattro forze che mi sono rimasta e sono andata al mercato che fanno da un paio di settimane davanti all’asilo di Irene. Pane, uova bianche, borraggine, mele annurche, formaggi di ogni genere e tipo. Un bel cielo bianco compatto, un po’ di gente in giro, freddo e un’atmosfera rilassata. Un bagno di realtà. Oltre che un po’ di aria fresca per i miei polmoni, che ogni tanto ci vuole.
Ora vedo tutto sotto un’altra prospettiva. Tornata a casa, c’era anche il mio yukata che mi aspettava. Tutto bene, insomma.
È che a volte occorre farsi una vita fuori.

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Noi e gli altri

Scrivo mentre guardo un film già visto. La sinistra che ha perso pur avendo tecnicamente (??) vinto. Le ultime sezioni scrutinate che non fanno altro che aumentare inesorabilmente le percentuali del centro destra, e il risicato vantaggio che si assottiglia sempre più, fino a trasformarsi in un pareggio così preciso che manco il fine tuning dell’universo. Dove ho già visto tutto questo? Nel 2006. Prodi II. Sarà per questo che osservo col triste distacco di chi c’è già stato, ha già visto tutto e…e che vuoi fare? L’Italia è così. Da sempre.
Comunque. Non è questo quel che mi interessava dire. Noto che il sentimento dominante, sulla rete e tra conoscenti e amici, è lo sconcerto. Non se l’aspettava proprio nessuno. Eravamo tutti convinti che Berlusconi fosse un problema morto e sopolto, tanto che in molti ci eravamo dedicati a nuovi fenomeni rampanti. Più o meno tutti si aspettavano un forte M5S, ma, diciamocelo, dai, nessuno si aspettava Berlusconi al 30%. Ed è questo il dato che mi interessa. Nessuno, di noi, se lo aspettava.
Se chiedete ad un qualsiasi elettore di sinistra di indicarvi un suo conoscente che ammette di votare PDL dirà che non ne conosce. So che questo fenomeno succedeva anche con la DC: la votavano tutti, ma a quanto pare nessuno lo ammetteva. E allora, vabbeh, diciamo che c’è della gente che lo vota e non lo dice. Sia pure. Ma qui stiamo parlando di un italiano su 4 (ricordiamo che un altro su quattro proprio non vota). Mica bruscolini.
Mi è dunque venuto un dubbio. Che questo paese è ormai attraversato da un’insanabile frattura: ci sono due anime che proprio non si parlano, non si guardano, non frequentano più neppure gli stessi posti. Tutta quell’Italia che Berlusconi lo voterebbe anche da salma (e siamo più o meno lì, perché politicamente un morto già lo è, e anche fisicamente non è che abbia la faccia di uno in gran forma) è completamente ignota a chi vota altro. Non sappiamo dire perché continuano a votarlo, non sappiamo manco dire chi esattamente sono. È gente cui non solo la voce della sinistra, pure di quella più fiaccamente moderata, non giunge manco per sbaglio, ma con cui ho l’impressione che quella sinistra non ci voglia neppure parlare.
Ora, le mie sono considerazioni terra terra. Certo che ci sono altre ragioni per questa sconfitta di una coalizione che in teoria doveva vincere con percentuali bulgare (e per teoria intendo il contesto, il periodo storico e le condizioni nelle quali il centro destra s’era ritirato un anno e passa fa), e pure capire perché Grillo pigli tutti questi voti non mi sembra per niente difficile. Ma io il problema del perché nessuno s’era immaginato questo ritorno en masse al nuovo che avanza me lo porrei.
Facile dire che son tutti scemi, come sto leggendo ovunque, che ve lo meritate, morite ammazzati, blablabla. Però con quel 25% di italiani occorre fare i conti, se si vuole “cambiare qualcosa” (termine anche questo che nel dibattito politico mi sembra aver perduto ogni significato). È quelli lì che tocca convincere per governare. È quelli lì che occorre capire, per modificare le cose. Oppure ti continueranno a votare quelli che ti hanno votato sempre, e sempre lo faranno, sempre più stanchi e sempre di meno, comunque.
Altro appunto a chi lancia strali contro i malvagi che ci hanno riconsegnato mani e piedi all’Unto del Signore: per esercitare il diritto di voto ci vuole quel minimo di coscienza civica e di conoscenza del mondo che molti non hanno. Massacrare la scuola pubblica, come è stato fatto da tutti per decenni, lasciare che la televisione, sulla quale ancora la maggior parte degli italiani forma la propria visione del mondo, si trasformasse nello scempio di oggi, altra cosa cui destra e sinistra si sono applicate con la medesima foga negli anni, produce gente che non ha materialmente gli strumenti per fare una scelta consapevole. Io prima di inveire, che non serve a un beneamato, se permettete, due domande su cosa si possa fare, e dove siano le colpe di chi non è stato capace di convincere gli altri della bontà della propria proposta, me le farei.
Buonanotte. O cattiva, a seconda di come volete vederla.

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Scienza e società, ancora

Durante le primarie del centro sinistra, il gruppo Dibattito Scienza, con la collaborazione de Le Scienze, propose ai candidati sei domande: si trattava di quesiti che illustrassero la loro posizione circa una serie di tematiche a sfondo scientifico. Non si trattava di cose astruse o avulse dalla realtà, tutt’altro: andatevele a leggere. Ad esempio, non mi pare una cosa lontana dalla quotidianità degli italiani la gestione del rischio sismico e idrogeologico.
In quel caso, la cosa fu un successo: risposero tutti i candidati, io mi andai a leggere le risposte del candidato che avrei votato.
Proprio alla luce di questo successo, l’iniziativa è stata ripetuta, ed è stata proposta ai candidati per le politiche (o, nel caso di Grillo, all’”ispiratore” del movimento, lo possiamo chiamare così?). Il successo, purtroppo, non è stato decisamente lo stesso. Hanno risposto solo metà dei candidati, nello specifico Bersani, Ingroia e Giannino. Gli altri latitano. Ovviamente, hanno addotto le loro scuse: mancanza di tempo, abbiamo risposto già, sta tutto scritto nel programma.
Non mi stupisco tanto di Berlusconi, il quale tutto sommato ha sempre avuto questo stile: le domande non gli piacciono, considera l’investimento in scienza meno che zero e, diciamocelo, non è proprio un paladino della cultura, dato che si vanta di non leggere.
Mi stupisco un po’ di più di Monti, ma non troppo: anche lui, ha dimostrato che nei suoi pensieri queste tematiche vengono molto in fondo. È un economista e si occupa solo di quello.
Grillo, invece, mi stupisce di più. Uno perché si fa un vanto di essere uno aperto alle forme di democrazia partecipativa e due perché ha sempre (più o meno) guardato con un occhio di riguardo alla tecnologia. Invece nisba. Sta tutto nel programma del movimento. Solo che io ho trovato due o tre cose, altre mancano completamente, e molte sono generiche. E comunque, visto che era già tutto pronto, non capisco quale impresa colossale fosse mettere insieme dieci risposte in modo che l’elettore non fosse costretto a cercarsi gli argomenti di suo interesse in mezzo a tutti gli altri. Per carità, i programmi vanno letti, ma magari anche illustrati, o la campagna elettorale non avrebbe senso.
Ora, questa reticenza su argomenti, ripeto, chiave per lo sviluppo economico del paese, e a volte importanti per la sopravvivenza fisica delle persone, fa tristezza. Dimostra che non è solo la “gente” che non capisce l’importanza della scienza nella società, ma che la metà dei politici italiani ritiene che questi temi non siano cruciali. Cioè, il disprezzo per la scienza è una cosa radicata a tutti i livelli. Ci sarebbe poi da ragionare sul perché la sinistra risponde e la destra no, ma queste sono sottigliezze.
Le domande sono tante: questa situazione è colpa della scienza che non si fa capire? Sicuramente, questo in parte è vero. Non tutti i ricercatori ritengono che fare divulgazione, condividere con un pubblico non specialistico il proprio lavoro, non sia una cosa importante, e questo è un errore. La classe politica è particolarmente ignorante? Anche questo mi sembra abbastanza palese. Ma più di tutto mi infastidisce la sufficienza con la quale la voce di una parte del popolo venga liquidata così, senza colpo ferire: non ci interessa, i tuoi problemi non ci riguardano. Problemi per altro che riguardano ampie fette delle popolazione, non quattro gatti. Ma evidentemente la legge sulla procreazione assistita, la riforma dell’università, la tutela del territorio sono cose che non fanno audience nei dibattiti televisivi.
Già prima di questa vicenda, non avevo intenzione di votare alcuno dei tre candidati che non hanno risposto. Ecco, ora leggete le domande e traete voi le vostre conclusioni.

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