La ragazza con gli stivaloni e il berretto si avvia da sola verso la libreria. Non pensa di fare in tempo, non pensa neppure di riuscire ad entrare. Davanti alla polizia schierata ha il tentatvio di chiedere se dentro ci sono ancora posti liberi per la presentazione di ZeroZeroZero di Roberto Saviano. Poi, semplicemente, si accoda a quelli che entrano. Prende due copie del libro alla cassa – è in missione anche per conto della mamma – e se le stringe al petto tutto il tempo, mentre in piedi, di lato al palco, segue tutta la presentazione.
Vedete, nonostante di lavoro faccia la scrittrice, non è che ha mai visto molte presentazioni, se non quelle degli amici più cari. Questa è la prima in cui è solo e semplicemente una fan.
Ascolta tutto, annuisce, perché tante cose le pensa anche lei, o semplicemente le sembrano terribilmente vere. Ed è contenta di star là, tra la folla, a fare una cosa che la fa tornare là dove tutto è iniziato: lettrice, quello che non deve mai smettere di essere, per continuare a fare quel che fa.
Quando tutto finisce, decide di prendere il coraggio a due mani e fare una cosa che non ha mai fatto: si mette in fila per la firma copie. Anche se aveva detto non l’avrebbe fatto, perché a casa c’è la bimba coi nonni, e non vuole far tardi. Ma si mette in fila, ed è una fila chilometrica.
Aspetta appoggiandosi qua e là, perché la scelta degli stivaloni, sebbene con un tacco non proprio proibitivo, è stata un po’ infelice. La caviglia che si è slogata mesi prima fa un po’ male. Fa caldo, ed è stanca, ma è contenta. In fin dei conti, sta provando a fare i conti con una sua paura, la stessa che, nel 2004, all’inizio dell’avventura, la fece tirar dritta davanti a Umberto Eco, autore del suo libro preferito, perché, semplicemente, non aveva il coraggio di stringergli la mano.
Arriva il suo turno che la libreria s’è quasi svuotata. A Saviano vorrebbe dire tante cose, ma nonostante agli occhi di tutti sembri una discreta faccia tosta, in certe cose è estremamente timida. Si fa firmare le due copie – per sé e per la mamma – e si concede al massimo una stretta di mano, e un ringraziamento, davvero sentito, per tutto, il cui calore spera passi attraverso il contatto dei palmi, e il tono della voce, magari.
La ragazza con gli stivaloni e il berretto riprende giacca e borsa, si avvia verso l’esterno.
Un piccolo passo, si dice, magari la prossima volta spiccico qualche parola in più…
Esce, e se ne va nel vento della città, sulla strada quasi deserta.
P.S.
Ecco, solo per dirvi, la prossima volta che ci vedremo, che c’è poco da vergognarsi, che io sono peggio di voi
.
La prossima volta, per inciso, sarà al Salone del Libro di Torino, il 17 maggio, ore 17. Sappiate che il 17 è il mio numero fortunato, per cui mi aspetto grandi cose. A presto i dettagli sul luogo.
P.P.S.
Il titolo del post è una citazione di una splendida canzone di Cristicchi, che però parla di tutt’altro.