Non che ce ne sia bisogno: mi pare che l’apprezzamento per questa serie, per fortuna, stia crescendo a vista d’occhio. Ma per me rappresenta un tale piacere, e una tale rarità nel suo genere, che voglio spiegarvi esattamente perché è secondo me una cosa imperdibile.
Sex Education è una serie britannica che potete seguire su Netflix; ne sono uscite per ora due stagioni, e, come da titolo, parla di sesso in modo esplicito e senza tabù. È una commedia, quindi si ride parecchio, ma sa anche tirare discreti colpi bassi, soprattutto per il pudore e l’assenza di ipocrisia con la quale è capace di parlare di argomenti “sensibili”.
I protagonisti sono gli adolescenti di una scuola superiore inglese, con ampio campionario di tipi umani: gay, etero, asessuali, confusi, ragazzi problematici o secchioni, inibiti o ossessionati dal sesso. Tutti sono alle prese semplicemente con la vita, e siccome una buona fetta della nostra esistenza gira intorno al sesso e ai sentimenti, si parla di quello.
Sex Education è incredibilmente divertente, senza essere mai eccessivo o volgare. Il sesso viene trattato alle stregua di qualsiasi altro aspetto della nostra vita: tutti – più o meno – lo fanno, e dunque se ne può parlare senza tabù e paure. Sex Education soprattutto mette in scena personaggi credibili, in cui ognuno può riconoscersi, e ai quali ci si affeziona in un niente. Bastano pochissime puntate per amarli tutti, anche quelli che potrebbero essere catalogati sotto la dicitura di bulli o stronzi, perché ognuno di loro non è un’etichetta semovente, ma un essere umano a tutto tondo che, come tutti gli esseri umani, se si comporta in un certo modo è perché ha delle ragioni e si dà delle giustificazioni.
Ma fin qui, uno dirà, ce ne sono tante di serie così. La vera specificità di Sex Education, e la ragione per la quale secondo me va visto, se sei giovane, se sei vecchio, se sei sessualmente attivo o non lo sei, è perché riesce in un miracolo: dà una rappresentazione esausativa, accurata e mai offensiva o giudicante di ciò che è la sessualità per l’essere umano.
Avete presente quelle accuse che spesso si muovono, la maggior parte delle volte in modo del tutto pretestuoso, ai moderni prodotti di intrattenimento? “C’è il personaggio gay/trans/nero/asiatico o la protagonista femminile solo perché vogliono essere politically correct”? Se è vero che per lo più queste critiche vengono mosse da chi appartiene alla parte privilegiata della società – in sostanza uomo, bianco, etero, occidentale – perché non vuole appunto perdere i propri privilegi e vuole continuare a offendere le minoranze senza che qualcuno gli venga a rompere le scatole che è un misogeno razzista, è pur vero che certi prodotti non sono in grado di creare modelli credibili di quei personaggi gay/trans o quel che è, ma li infilano nella trama perché si deve fare. Purtroppo, a volte la giusta e sacrosanta rappresentazione di una società plurale scade in un politically correct che lascia il tempo che trova. Ecco, in Sex Education non succede mai. È evidente l’intento davvero educativo e quasi enciclopedico, per cui c’à la pansessuale, ma anche l’asessuale, ma nessuno dei personaggi presentati ti sembra mai un’etichetta semovente o sembra messo lì solo per fare il progressista: ripeto, sono tutte persone, coi loro lati chiari e i loro lati scuri, e sono sempre funzionali alla trama, e in essa bene inseriti. Credo Isaac rappresenti alla grande ciò che sto cercando di dire: Isaac è paraplegico, ed è innanzitutto interpretato da un attore paraplegico, il che fa un gran differenza. Non ci viene mai presentato come se il suo stare in carrozzina esaurisse il suo essere: è una persona a ridotta mobilità, ma una persona prima di tutto, non il povero infelice della porta accanto. La sua condizione non ci viene mai presentata come qualcosa di cui dobbiamo avere pietà, e anzi, l’atteggiamento pietistico nei suoi confronti della vicina viene sempre messo un po’ in ridicolo. Soprattutto, Isaac a volte è sgradevole, e fa cosa sgradevoli, a volte è affascinante, a volte è piacevolmente sarcastico, altre insopportabilmente cinico. È una persona vera.
E così è per tutti. Nessuno di loro si riduce a essere il manifesto della categoria che rappresenta: l’omosessualità è incarnata da personaggi assai diversi tra loro, l’asessualità non viene ridotta alla frigidità. E, seconda cosa fondamentale, mai, mai qualsiasi attività sessuale consenziente viene presentata con la minima traccia di giudizio. Nel mondo di Sex Education sembra davvero che l’unico limite sia il rispetto dell’altro: siamo tutti diversi, tutti strani a nostro modo, ma finché non ci facciamo del male, finché rispettiamo i desideri, o l’assenza degli stessi, altrui, è tutto ok. È il mondo come dovrebbe essere, un luogo in cui il peccato vero è nuocere alle persone, non avere fantasie strane, o non averne affatto.
Guardare Sex Education è per me una boccata d’aria fresca; ne ammiro le capacità di narrazione, ma mi sento anche a casa nel suo universo di giovani confusi, impauriti da se stessi e dal mondo, ma in cui c’è posto davvero per tutti, senza giudizio, senza rimprovero, senza colpa. E la capacità di narrare diventa a volte spettacolare, soprattutto quando si affrontano temi delicati come quello dell’aborto, una delle puntate più belle e struggenti della prima stagione.
Insomma, è bello. È divertente, ben scritto e recitato, appassionate, e ogni tanto si impara pure qualcosa. E c’è pure una Gillian Anderson strepitosa, a suo agio e divertita, che non dico da sola valga il prezzo del biglietto, ma di sicuro ne fa salire le quotazioni. Io ve lo consiglio molto, se non si era capito
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