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Misfits 3×03

Premessa: questo potrebbe essere l’ultimo post del genere. È che dopo anni passati a recensire la roba più diversa qua sopra, finalmente mi sono chiesta se effettivamente ve ne frega qualcosa. Mentre per libri e film suppongo che la risposta sia affermativa, per una serie televisiva come Misfits non ne ho idea. È un prodotto di nicchia, fuori target rispetto ai miei lettori, per altro, per cui non vorrei annoiarvi con roba che non vi interessa (o almeno vi interessa meno del resto). Per cui, fatemi sapere se può farvi piacere che io continui con queste disamine settimanali, o se preferite che mi dedichi ad altro il martedì.

Recensione vera e propria: nonostante la mia pessima disposizione verso questa stagione di Misfits, sono arrivata alla terza puntata. E se ieri sera, vedendola in italiano, mi aveva lasciata un po’ così, oggi rivista in inglese l’ho apprezzata di più. Mi è piaciuta? Via, sì, mi è piaciuta. Il che mi insegna almeno due cose: a) ormai sono assuefatta alle versioni originali. È piuttosto raro che veda un telefilm doppiato, e evidentemente la cosa mi ha lasciato un segno, che ne so, ma in italiano le interpretazioni mi sembrano molto più monocordi e la sceneggiatura più loffia. Sarà un pregiudizio anche questo. b)forse dovrei piantarla di farmi tutte queste pippe mentali su Misfits e guardarmela senza troppi problemi.
Ora, devo dire che pure non brillando per particolari pregi, la puntata fa segnare a proprio favore una serie di punti non disprezzabili. Il cattivo stavolta è un ragazzo che ha vinto la lotteria della sfiga: nerd, timido, disegnatore di fumetti. Olé. Il destino ha però voluto dargli una seconda chance dandogli un potere ad hoc: tutto quel che disegna, si avvera. E il nostro usa lo stratagemma per costruirsi il suo Supereroe da compagnia, alias Simon.
La caratterizzazione di Peter, il nerd in questione, esce sparata dal manuale del giovane fumettaro disadattato, ma riesce comunque apprezzabile, sarà per la faccia convincente dell’attore, sarà perché tra tante tipologie di misfits il nerd perso non sfigura. Il personaggio resta comunque un po’ fuori fuoco: per dire, continuo a non capire chiaramente perché decide di fare la fine che fa, non mi pare che nella sua psicologia ci fossero le premesse per il suo gesto finale, ma tutto sommato la puntata si inserisce agevolmente nel filone “Simon e Alisha”, costituito da episodi tutti un po’ più seriosi e drammatici. Misfits è anche questo.
Molto più interessanti tutta una serie di scelte di regia, sceneggiatura e recitazione che rimandano in modo diretto ai fumetti. Parlo dell’atteggiamento che ha sempre Simon quando parla perché sotto l’influenza del potere di Peter, e del taglio stesso delle inquadrature: urlano “fumetto” da lontano un miglio. Per dire, Simon ha una postura rigida e innaturale che fa tantissimo vignetta, pensateci. Anche la scelta delle inquadrature va di conseguenza. Non parliamo poi delle battute, stereotipate e “tipiche”. Insomma, c’è tutto un riferimento sottotestuale al fumetto che è veramente interessante. E devo dire che queste sono cose sottili che si apprezzano molto. Poi, vabbeh, molto molto apprezzabile anche la scena del pestaggio girata praticamente tutta con gli schizzi, e la scena finale dei nostri stesi a terra e inquadrati in immaginarie vignette dalle sbarre della presa d’aria. Figo, insomma.
Interessante anche il plot twist finale. Inatteso, devo dire, anche se getta una luce un po’ curiosa su Simon. Per quel che mi riguarda, sarebbe stato plausibile il suo voler perseverare nel diventare il tizio mascherato anche senza spintarelle, anzi, avrebbe aggiunto spessore al personaggio. Ma va detto che così invece assume spessore Peter, nella più classica delle rivincite finali del cattivo, e anche questo fa molto fumetto.
Per il resto, la sottotrama di Kelly che se la fa col venditore di poteri mi lascia piuttosto indifferente. Il fatto che ci lascino come gran mistero il fatto che il tizio voglia riportare in vita la ragazza mi fa abbastanza specie. Ormai l’abbiamo capito tutti, non è più un colpo di scena da un bel pezzo.
Rudy mi fa simpatia, davvero. È sotto tutti gli aspetti un povero cristo, il più disperato del gruppo. Ma continua ad essere inserito a forza nelle puntate, con una serie di battute che per lo più non fanno ridere, oppure peggio ancora tentando di mettergli in bocca roba che avrebbe detto Nathan. Ho l’impressione che gli autori ne sentano la mancanza molto più di noi. Quand’è che non sembrerà appiccicato con lo spunto al resto del gruppo e alla trama in generale?
Comunque. A me è piaciuta, ma ho il terrore della prossima. Voglio dire, i nazisti sono quella roba lì che se sai usarla è esplosiva (vedi Indiana Jones), ma se non lo sai fare succede un casino. Ecco, io spero che non si strafaccia. E comunque, Misfits s’è guadagnato un’altra settimana di visione, per quel che mi riguarda.

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Hope

Oggi parlare di Vieni Via con Me è praticamente doveroso. Non perché ne parlano tutti, è un fenomeno televisivo, blablabla. Perché mentre ieri sera me lo guardavo stesa sul divano, bucando una serata di lavoro (e che io buchi una serata di scrittura per la tv è una cosa rarissima), ho percepito il senso di un cambiamento. Quando guardo la tv, e lo faccio ormai solo quando sono troppo stanca per fare qualsiasi altra cosa, in genere mi si spegne il cervello. Quando va bene, trasmettono roba innocua, quando va male roba oscena e dannosa. Guardare la tv per me è ormai una perdita di tempo cui indulgo solo quando so che non ho niente da perdere a fare altro.
Ieri sera invece era diverso. Ieri sera più andavo avanti più mi si accendevano in testa luci a profusione. Riflessioni, domande, risposte, sentimenti. E soprattutto ho sentito una cosa che non sentivo da un sacco di tempo: un po’ di speranza e voglia di fare.
So di non farci una bella figura, ma non ho voglia di essere autoindulgente con me stessa o di mostrare una faccia che non è la mia, ma, si sarà capito da quel che scrivo, sono mesi che quel che c’è fuori dalla porta di casa mia mi accascia. Non mi riconosco nel paese in cui sono nata, o in quel che è diventato, passo il tempo a vagheggiare di andare altrove, a vivere in un posto che mi somigli. E, soprattutto, non ho speranza nel futuro. Non vedo come se ne possa uscire, non vedo come tornare indietro da questi vent’anni che ci hanno devastati come popolo e società civile. E quando perdi la speranza, la cosa peggiore è che smetti di lottare. Hai un alibi per non fare nemmeno quel nulla che facevi prima. Ti senti autorizzato a gettare la spugna e chiuderti dentro casa tua a coltivare il tuo giardino.
Ieri Vieni Via con Me è stato una sferzata alla mia ignavia, al mio crogiolarmi nel pensiero che tutto è uguale, che io non conto niente, e quindi sono autorizzata a farmi i fatti miei.
Per due ore Fazio & co. non hanno semplicemente fatto un elenco di quel che non va, una lamentosa sequela di recriminazioni su un paese che non c’è. Hanno invece chiamato all’indignazione, all’azione, alla speranza.
Saviano non ha parlato di Falcone e di quel che ha subito in vita (e che io, ammetto, non sapevo) per mostrarci che alla fine anche i migliori vengono piegati, ma per farci vedere che il segno che ha lasciato in quest’Italia è indelebile, che tutto quel che ha fatto, e subito, ha avuto uno scopo, che ci sono e ci saranno sempre migliaia di persone pronte a raccogliere il suo testimone.
E Vendola ha letto i suoi elenchi sull’omosessualità non per dirci che non c’è via d’uscita, che un omosessuale non potrà mai aspirare ad esprimere liberamente se stesso, ma che nonostante tutto quell’amore c’è ancora, che nonostante le persecuzioni, lo sputo, l’insulto, possiamo ancora amare, e andarlo a dire in prima serata.
L’atto politico, forte, ricco di speranza, è stata semplicemente la possibilità di sentire tutte queste cose in tv, sulla Rai, nell’orario di ascolto massimo. Dirle senza vergogna e senza paura, e addirittura senza acrimonia, con lo sguardo aperto verso l’orizzonte.
Sentire una suora perorare la causa della moschea di Torino è una cosa che non ha prezzo. Se non è speranza questa…
E la vittoria sono stati i dati sugli ascolti, che ho atteso fin da quando mi sono svegliata, stamattina. Non è vero che la gente vuole solo tette e culi, non è vero che la gente in tv vuole morte e pornografia. La verità è più forte, poco da fare, l’anelito che ogni uomo ha in sé verso qualcosa di più grande, di più puro e autentico, viene fuori nei modi più aspettati, e non può essere abbattuto. C’avete rincoglionito per anni con una televisione senza senso, ma ugualmente non siete riusciti ad abbattere la voglia di autenticità che ancora abbiamo dentro. Al massimo siete riusciti ad aumentarci la sete.
Domani probabilmente non cambierà niente. Continueranno a succedere cose tremende, e la società civile continuerà a latitare. Non si può pensare che bastino due ore di un programma televisivo per cambiare anni e anni di coma profondo delle coscienze. Ma probabilmente a me è bastato quell’impeto di orgoglio di ieri sera, sentire le cose chiamate col loro nome dalle 21.05 alle 23.15. Non è poco. E ho capito che il cambiamento deve partire prima di tutto da me: dalla mia scarsa fiducia nel mondo, dalla mia ignavia, dalla mia costante paura: di me, del mondo, della vita. Una droga che pian piano mi avvelena, e di cui sempre più difficilmente riesco a fare a meno. Per questo, io personalmente devo un grazie a Saviano e a Fazio. Ma credo che molti di noi, per tante ragioni diverse, siano in debito con loro, oggi.

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