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Crediti assai poco formativi

Oggi avrei voluto fare un post esclusivamente di servizio, in cui segnalarvi tutti i miei prossimi eventi. Poi viene fuori questa storia, e mi rendo conto che no, non posso parlare solo delle mie prossime presentazioni.
Sono consapevole di aver parlato dell’argomento fino allo sfinimento, ma ci sono cose che vanno ripetute, e ripetute, e ripetute, perché evidentemente non passano.
Il fatto in sé è di estrema gravità. A scuola si dovrebbe insegnare la scienza, che, fino a prova contraria, al momento rappresenta il nostro strumento più efficace e potente per la comprensione dei fenomeni naturali. C’è gente che è morta per l’affermazione del metodo scientifico, e la sua ideazione, la sua elaborazione e il suo perfezionamento sono cose che ci sono costate secoli di fatica, e sono comunque processi ancora in fieri. La scienza ci ha dato moltissimo, ha allungato la nostra aspettativa di vita, ci ha liberato da moltissime paure, ci ha permesso ad esempio di fare quel che stiamo facendo ora: comunicare istantaneamente sebbene siamo in luoghi lontanissimi.
La scienza non è una casta chiusa in cui un certo numero di scienziati dotati di bollino di approvazione se la cantano e se la suonano escludendo il resto del mondo. So che questa è la visione che se ne ha, e non nego che la colpa sia anche di chi la scienza la pratica, e che spesso ritiene non sia necessario aprire al mondo la conoscenza che produce col proprio lavoro, ma, semplicemente, non è così. Nessuno rifiuta a priori le idee di Giuliani, che, peraltro, non sono neppure nuove, e sono ancora oggetto di numerosi studi. Semplicemente, le sue idee non hanno superato il vaglio della prova sperimentale. Giuliani non ha mai predetto niente, il radon non ha mai dimostrato grandi capacità predittive, ci sono stati dei casi di correlazione tra terremoti e aumenti della concentrazione del radon, ma ci sono anche stati terremoti senza aumento del radon e aumenti del radon senza terremoti. Giuliani, per altro, non è neppure un geologo. Ok, nella scienza, fino ad un certo punto, ovviamente, c’è posto anche per i semplici amatori (gli astrofili fanno un egregio lavoro nell’identificazione degli asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra, e progetti come Galaxy Zoo dimostrano che anche gente senza specifiche competenze scientifiche può dare un contributo alla scienza), ma ci vuole un certo know-how di base per elaborare una teoria decente, dove per decente intendo capace di resistere alla prova dei fatti. È un’idea molto contemporanea quella che tutti possano essere esperti di tutto: leggo due pagine di Wikipedia e improvvisamente sono un costituzionalista, leggo un sito online è divento un esperto di fisica teorica. No. Non ci vogliono competenze specifiche per classificare la forma delle galassie, e dunque questo è un lavoro utilissimo che può essere fatto anche dal comune cittadino, ma ci vogliono certe conoscenze geologiche per attaccare un problema delicato come la previsione dei terremoti. Giuliani ce le ha?
Questa storia è un segnale bruttissimo. È l’ennesima prova che la scienza è considerata qualcosa di vilissimo, in Italia, e dimostra che la gente che insegna ai nostri figli mette sullo stesso piano la cialtroneria e il metodo scientifico. Non pensiate che si tratti solo di colore locale, che questa cosa non abbia conseguenze. Il sistematico svilimento della scienza che si pratica nella nostra società avrà esiti nefastissimi in futuro, se non si inverte la tendenza: già il morbillo è tornato una minaccia per i bambini, perché i genitori non vogliono più vaccinare i figli. Dare soldi a ricerche che non hanno nulla di scientifico significa toglierli a chi invece la scienza la conosce e la pratica con cognizione di causa: per secoli ci siamo affidati al sentito dire, alla religione e alla superstizione per capire cose come la natura e la malattia, e morivamo come mosche. La scienza, nei suoi cinquencento anni di vita, ha invece dimostrato di essere efficace nello spiegare e predire i fenomeni naturali. Vogliamo tornare agli sciamani?
Vi copio qui sotto il testo della petizione che ho sottoscritto per chiedere che le scuole non riconoscano crediti formativi agli studenti che parteciperanno alla conferenza di Giuliani. Siete in tempo fino a domani per aderire, mandando una mail a petizionegiuliani@outlook.com. Io l’ho fatto, perché conoscere significa essere liberi, e per conoscere occorre avere gli strumenti giusti. Qui si parla del nostro futuro, e io vorrei per mia figlia una scuola che insegni davvero a capire il mondo, e che non venda paccottiglia pseudoscientifica che attira solo perché ci dà un falso senso di rassicurazione.

Ai signori Dirigenti Scolastici e Consigli di Classe:
Istituto Tecnico Industriale “E. Fermi” – Via Cesare Minardi 14 – Frascati
Istituto Professionale per i Servizi Commerciali “M. Pantaleoni” – Via B. Postorino 27 – Frascati
Liceo Classico “Marco Tullio Cicerone” – Via Fontana Vecchia 2 – Frascati
Istituto Tecnico Commerciale “Michelangelo Buonarroti” – Via Angelo Celli 1 – Frascati
Liceo Scientifico “Bruno Touschek” – Via Kennedy – Grottaferrata
Scuola Superiore “Giovanni Falcone” – Via Garibaldi,19 – Grottaferrata
Scuola Superiore “San Nilo” – Piazza Marconi, 7 – Grottaferrata
Istituto Salesiano Villa Sora – Via Tuscolana, 5 – Frascati
e, per conoscenza:
Italia Nostra – Settore Educazione al Patrimonio – educazioneformazione@italianostra.org

Oggetto: Crediti formativi per conferenza Giampaolo Giuliani

Egregi Signori,
scriviamo per richiedere una vostra presa di posizione in merito all’evento del titolo “È possibile prevedere i terremoti?”, che si terrà il 19 Aprile a Frascati. Questo evento prevede la presenza di Giampaolo Giuliani, che ha recentemente fatto parlare di sé perché sostiene di poter prevedere i terremoti osservando le emissioni di radon, affiancato da Leonardo Nicoli, direttore della Fondazione Giuliani.
Dobbiamo con rammarico osservare che un’associazione meritoria, Italia Nostra, offra il proprio patrocinio a un evento in cui un signore che si muove all’esterno della comunità scientifica può liberamente divulgare le sue opinabili ipotesi su un tema alquanto delicato e sensibile, il tutto senza alcun contraddittorio. Certamente ognuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, il rammarico nasce dalla perentorietà di certe affermazioni del signor Giuliani, che non risultano a tutt’oggi verificate (vedi approfondimento allegato), diffuse sull’onda emotiva in un paese che negli ultimi anni ha avuto a che fare con eventi sismici particolarmente distruttivi. Il rammarico si trasforma però in sdegno nell’apprendere che la partecipazione a questo incontro verrà considerata come credito formativo per gli studenti, nonostante non ci sia alcun riconoscimento ufficiale delle idee del Sig. Giuliani, né da parte del MIUR né da parte di altri Istituti che si occupano di territorio, a qualunque titolo.
Una cosa che vorremmo fosse insegnata agli studenti è che qualunque teoria riguardante fenomeni naturali deve umilmente sottoporsi al giudizio di tutti coloro che studiano, nei vari aspetti, questo stesso fenomeno (peer-review). Questo giudizio dovrà avvenire attraverso procedure standard, che non possono prescindere da metodologie condivise di indagine; dall’elaborazione di ipotesi e previsioni potenzialmente verificabili; da adeguata pubblicazione dei risultati sperimentali; dal controllo di esperti indipendenti; dalla verifica sperimentale indipendente delle ipotesi formulate, ecc.
L’insieme di queste procedure non è un capriccio di qualche fantomatico establishment; al contrario, queste regole hanno lo scopo di garantire una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Esse costituiscono il metodo scientifico, che si è andato costruendo nel corso dei secoli con il contributo di tutti coloro che si occupano di Scienza e di Conoscenza, nella consapevolezza che la conoscenza scientifica ha come giudice unico la Natura stessa, non un’autorità terrestre, non sicuramente l’opinione pubblica. Chi si colloca al di fuori di queste pratiche collaudate – che, proprio in virtù del fatto di ammettere la possibilità di errore, forniscono gli strumenti per individuarlo e correggerlo – si colloca al di fuori del mondo della scienza.
Purtroppo – e l’esame delle cause sarebbe lungo e complesso – in questi ultimi anni in Italia stiamo assistendo al fiorire di sedicenti “ricercatori indipendenti” in vari campi del sapere; personaggi che si fanno vanto dell’essere “emarginati dalla scienza ufficiale”, e trovano così la maniera di diventare noti all’opinione pubblica, propugnando fantomatiche “scoperte eccezionali”, rifiutate a causa di chissà quali indegni complotti. Questi venditori di illusioni giocano spesso con la sofferenza delle persone, e trovano chi li sostiene per meri interessi politici, ideologici od economici.
Contemporaneamente viene sottovalutato, non finanziato, ostacolato il lavoro di tanti ricercatori seri (spesso precari e malpagati) la cui colpa è quella di non far parte del grande circuito mediatico, di non “far notizia”. Il vero scandalo non è il presunto ostracismo verso Giuliani o quelli come lui: il vero scandalo è che l’Italia destina sempre meno risorse alla ricerca seria, all’Università, all’Istruzione, mettendo una seria ipoteca sul nostro futuro come nazione sviluppata e costringendo molti dei nostri ingegni più brillanti a trasferirsi all’estero. Dare legittimità agli outsider come Giuliani di certo non aiuta a muoversi in questa direzione.
In conclusione chiediamo a tutti voi, Dirigenti Scolastici e Docenti, di dare la massima visibilità a questo documento e di non riconoscere, in sede di consiglio di classe, crediti formativi a fronte della presentazione dell’attestato di frequenza all’evento. Possiamo suggerire, in alternativa, la partecipazione all’incontro “La previsione dei terremoti: tra miti e realtà” di Warner Marzocchi, direttore di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – INGV, che si terrà il 18 aprile ore 16-18 presso il Dipartimento di Fisica, Università la Sapienza, Aula Amaldi.
Ci auguriamo, ove possibile e compatibilmente con il carico didattico, che quanto scritto funga da stimolo per aprire una discussione con gli studenti sull’importanza di una corretta e rigorosa informazione scientifica.
Distinti saluti.

Marco Fulvio Barozzi, blogger scientifico e insegnante
Luca Di Fino, ricercatore TD Dip. Fisica, Università Tor Vergata
Aldo Piombino, blogger scientifico
Simone Angioni, chimico, Università di Pavia, Segretario Associazione Culturale Scientificast
Marzia Bandoni, esperta e-learning
Martino Benzi, ingegnere
Paolo Bianchi, blogger scientifico, Associazione Culturale Scientificast
Marco Casolino, Primo Ricercatore INFN e Dip. Fisica, Università Roma Tor Vergata
Pellegrino Conte, professore associato di Chimica Agraria, Università degli Studi di Palermo
Carlo Cosmelli, docente di Fisica, Dipartimento di Fisica, Università Roma Sapienza
Marco Ferrari, giornalista scientifico
Mario Genco, Dibattito Scienza
Milena Macciò, Dibattito Scienza
Silvano Mattioli, Dibattito Scienza
Marco Messineo, fisico, Dibattito Scienza
Silvia Onesti, Elettra-Sincrotrone Trieste
Daniele Oppo, cronista free lance e blogger
Giuseppe Perelli, studente di dottorato in Scienze Computazionali e Informatiche
Lisa Signorile, biologa e blogger scientifica
Fabrizio Tessari, Dibattito Scienza
Luca Vanini, studente in Ingegneria Meccanica
Bruna Vestri, blogger
Veronica Zaconte, fisico
Ignazio Verde, primo ricercatore, CRA – Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma

Un breve approfondimento
Le idee di Giampaolo Giuliani non sono così originali e rivoluzionarie come certa stampa afferma: sulle relazioni fra emissioni di radon e terremoti ci sono diversi studi in molte aree sismiche del mondo, da Taiwan all’Islanda, passando per la California. Tutte le principali riviste scientifiche specializzate ne hanno prima o poi parlato. Che non sia propriamente una novità lo dimostrano le prime tracce in bibliografia, che risalgono al 1967. In California il sistema fu usato regolarmente per un po’ di tempo negli anni ’70. Ci furono dei riscontri per un paio di eventi nel 1979, ma poi il metodo è stato sostanzialmente eliminato perché la sua affidabilità era scadente; per esempio, il terremoto di Landers del 1972 fu seguito un paio di settimane dopo l’evento da anomali valori del gas e nel 1981 ci fu un brusco innalzamento dei livelli nell’area di Los Angeles, ma non accadde nulla. A Taiwan, dove vi sono aree particolarmente idonee a questi studi, sia geologicamente che climaticamente, si sono registrati diversi episodi di correlazione tra radon e sismicità. Ad esempio, la sorveglianza della faglia di Chuko ha dimostrato un aumento delle emissioni di radon prima di eventi sismici lungo quella specifica faglia, ma ancora senza raggiungere una predizione degli eventi stessi in qualche misura soddisfacente.
Il problema è che questi studi hanno dato troppi falsi positivi mettendo in evidenza quanto poco il radon sia predittivo. Una previsione è valida quando funziona, cioè quando l’evento si verifica. Una previsione è sbagliata sia se prevede qualcosa che poi non avviene (falso positivo), sia quando non prevede qualcosa che invece avviene (falso negativo). Dire che prima o poi pioverà a Roma è sicuramente una previsione che sarà confermata dai fatti, ma non può considerarsi di certo rivoluzionaria, anche se basata su osservazioni condivise.
C’è poi una differenza fondamentale fra Giuliani e queste ricerche: tutte si basano sullo studio di una singola faglia, quando invece Giuliani parla genericamente di aree. Questo è un particolare di non trascurabile importanza: prevedere un terremoto significa fare un comunicato in cui si scrive che “circa il tal giorno alla tal ora si verificherà lungo quella faglia un evento di magnitudo n il quale provocherà uno scuotimento come da cartografia allegata”. Come si può definire l’area in cui vanno presi provvedimenti di protezione civile senza sapere quale faglia si muoverà?
Ricordiamo inoltre che Giuliani non ha mai realmente previsto nulla di significativo, come dimostra un video del Marzo 2010 preparato dai ricercatori dell’INGV, grazie al quale vengono messe in evidenza tutte le sue contraddizioni: infatti non riesce, nemmeno successivamente al tragico sisma che il 6 Aprile del 2009 colpì la città dell’Aquila, a fornire una informazione coerente sulla sua presunta previsione del terremoto. Anzi, risulta agli atti che una settimana prima del fatale terremoto aquilano voleva sgomberare Sulmona a seguito dell’evento di Magnitudo 4.0 che aveva colpito la cittadina il 29 marzo 2009. Insomma, si prevede pioggia a Frascati e poi aprono gli ombrelli a Ladispoli. Che previsione è?
Siamo convinti che la ricerca sui segnali premonitori dei terremoti sia importante, ma debba essere condotta in contesti davvero affidabili, non certo sull’onda dell’emotività o della personalizzazione. Siamo tuttavia altrettanto certi che in un paese come il nostro sia più importante investire nella prevenzione, con una adeguata gestione del territorio e con norme e controlli più stringenti sul patrimonio edilizio. La lezione ci viene dal Giappone, paese con sismicità anche superiore alla nostra: costruire in maniera corretta e nei luoghi corretti vuol dire anzitutto abbattere drasticamente la perdita di vite umane, anche in caso di forti terremoti, oltre a ridurre sensibilmente i costi per la ricostruzione post-sismica. Certo che ci vogliono precise scelte politiche, e all’orizzonte non si vedono segnali confortanti.

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Terremoto all’italiana

Qualche tempo fa, come ricorderete, mi espressi sulla sentenza circa il terremoto de L’Aquila. A me non sembrava fosse un invito all’allarmismo preventivo, visto che diceva esplicitamente che i terremoti non possono essere previsti, ma a quanto pare mi sbagliavo.
È notizia di ieri notte che la gente della Garfagnana ha dormito in strada perché il comune di Castelnuovo ha diramato un’allerta terremoto, e ha invitato esplicitamente i cittadini a lasciare le proprie abitazioni. La terra, stanotte, non ha tremato.
Ora, la cosa mi stimola immediatamente una riflessione.
È ormai pacifico, o dovrebbe esserlo, che i terremoti non si possono prevedere. Si possono dare stime statistiche, ma la statistica, pur essendo uno strumento di conoscenza assolutamente fondamentale in tutte le scienze, non dà certezze, ma, appunto, stime. Quindi, diramare un’allerta del genere non ha senso. Stanotte non c’è stato il terremoto. Nulla vieta che ci sia domani, o tra una settimana, o tra un anno, o anche mai. E quindi? Teniamo la gente in strada a tempo indeterminato?
La questione è che c’è della gente che è stata condannata per non aver consigliato alla popolazione de L’Aquila di dormire per strada, o almeno così la sentenza è stata letta dal vasto pubblico. Ne consegue che adesso le persone preposte a diramare allarmi e cose del genere saranno di manica larghissima, e non ci penseranno due volte prima di consigliare di dormire fuori. Meglio il procurato allarme che l’omicidio colposo.
Il problema, comunque, è solito. Esistono modi per prevenire i terremoti, ma costano soldi, necessitano di una progettualità politica completamente sconosciuta al nostro paese, dove da anni vale il principio del tutto e subito, del domani chissenefrega. Si può costruire in modo antisismico, si può insegnare alla popolazione come reagire in caso di terremoto. Si può prevenire. Non si può prevedere.
Adesso sono curiosa di vedere che succederà stanotte. Tutti ancora in strada? E per quanto tempo?

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Ci sono cose che non capisco

Torno sull’argomento della sentenza per il terremoto de L’Aquila – peraltro, per chi non avesse colto, citando Caparezza – per due ragioni: la prima è che oggi ho trovato alcuni dei sospirati documenti, e l’altra è che la discussione è andata avanti anche su altri lidi, e ci sono cose da aggiungere al post di ieri, che, comunque, era centrato più che altro sui rapporti scienza/società.
Ho trovato il verbale della famosa riunione della Commissione Grandi Rischi, quello dal quale, secondo quando si è capito della sentenza – ricordo che le motivazioni ancora non sono state rese note, quindi da questo punto di vista siamo nel campo delle supposizioni – fa parte della “cattiva comunicazione del rischio” da parte della Commissione. Leggetela anche voi, è linkata in questo post. Ebbene, devo dire che mi pare una cosa onestissima, in cui viene specificato a chiare lettere che i terremoti non si possono prevedere, e da cui non emerge alcuna sottovalutazione del rischio. Evidentemente c’è qualcosa che mi sfugge, anche perché la famosa dichiarazione “tanti piccoli terremoti fanno scaricare l’energia” nel verbale non c’è, e dunque parrebbe un’iniziativa personale del vice capo della Protezione Civile dell’epoca, che scienziato non è. Comunque.
Il secondo elemento che si è aggiunto è il fatto che ho scoperto cos’è la Commissione Grandi Rischi. Scopro che la sua funzione principale è di fornire pareri di carattere tecnico-scientifico su quesiti del Capo Dipartimento e dare indicazioni su come migliorare la capacita di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi grazie alla consulenza di un panel di scienziati. E già qui inizio a non capire.
La prevenzione dei terremoti è effettivamente l’unica arma a nostra dispozione al momento; peccato che tale prevenzione giochi sul lunghissimo periodo, e consista principalmente nel costruire con critesi antisismici dettati dalle stime di smismicità della zona. Una cosa che, a occhio e croce, non si fa durante uno sciame sismico, ma prima. Mi sfugge dunque che senso avesse la convocazione della Commissione in quel momento in quel luogo. I terremoti non si prevedono, e quindi?
Anche sul fronte della stima del rischio, non capisco che senso avesse convocare la commissione: era o non era cosa cognita la sismicità della zona e lo stato delle costruzioni in città? Se non lo era, siamo di fronte ad un grosso problema, se lo era cosa avrebbe potuto dire la commissione, se non che in caso di una scossa forte, imprevedibile e poco probabile, anche se possibile, vista la storia della zona, sarebbe stata una strage? E a cosa serviva una cosa del genere?
Mi sembra di capire che ai membri della Commissione venga imputato di non aver consigliato alla gente di dormire fuori, ma di aver detto loro di tornare tranquillamente a casa. A parte che questo dal verbale della riunione non emerge, che senso ha far dormire la gente di fuori quando non c’è un’allerta precisa? Voglio dire, nessuno era in grado di dire se e quando ci sarebbe stata la scossa: cosa si faceva, si teneva la gente in strada a tempo indeterminato? E se poi non fosse successo niente? Tutti condannati per procurato allarme?
C’è evidentemente un problema metodologico di fondo, che è un po’ IL problema dell’Italia: che si fa tutto in emergenza. Nessuno pensa a preparare i sacchi di sale prima che nevichi, nessuno cerca di conservare il territorio prima di un’alluvione, nessuno applica i criteri antisismici prima di un terremoto. Però ci piace chiedere aiuto al momento dell’emergenza; stavolta il totem non è il santo del paese, ma la scienza, che miracolosamente doveva intervenire per rimediare ad anni e anni di condoni a caso e illegalità diffusa. E certo.
Tra l’altro, decidere se rassicurare o meno la popolazione, se evacuarla, se farla stare dove sta non spetta alla “scienza”, ma alla politica, in base ai dati forniti dalla scienza. I sismologi ti dicono come stanno le cose, poi sta a te politico prenderti le tue responsabilità e decidere cosa fare della comunità che governi. E, ancora, ricadiamo nell’ambito di ciò che la scienza può fare o non può fare.
La verità è che più mi inoltro in questa storia, più mi sembra c’entri pochissimo la scienza, tirata per la giacchetta, e molto la cattiva politica.

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Presentazione shakerata, presentazione fortunata

Questo sarà un breve post di segnalazione con una luuuuuunga introduzione…
Ieri ero a telefono con un’amica; si parlava di cose che a breve vi andrò a spiegare, quando ad un tratto sento sotto la sedia una vibrazione assolutamente inconfondibile. Ora, fin circa al 2009 una vibrazione del genere mi avrebbe al massimo fatto alzare la testa, andare curiosa in soggiorno e chiedere agli altri occupanti della casa se avevano sentito qualcosa. Solo che nel 2009 mi è capitato di svegliarmi alle 3 di notte col letto che ballava il rock’n'roll, la finestre che gemevano e la terra che rimbombava, provando un miliardesimo di quello che sentirono, quella stessa notte, le persone de L’Aquila. Da allora considero i terremoti sotto una luce completamente diversa.
Ho cacciato un urletto, sono scattata in piedi mentre la mia amica, comprensibilmente preoccupata, mi ha chiesto cosa succedeva.
“Ha tremato tutto”.
Ho alzato gli occhi al lampadario, il gesto classico, e l’ho visto vibrare. Sarà durato tutto 3 secondi a dir tanto, ma mi ha messo addosso una paura tremenda. Sono andata di là col telefono inutilmente attaccato all’orecchio, bianca come un cencio, a dire che avevo sentito il terremoto. Mia madre però non aveva sentito niente, gli altri lampadari della casa erano tutti fermi, per cui stavo per rassegnarmi all’idea di essermi immaginata tutto, che magari si era trattato solo di un camion. Breve era stato brevissimo, più simile ad un’esplosione che altro.
Poi, però, ha suonato il cellulare. Ed era Giuliano, che mi parlava dell’edificio in cui lavora che aveva tremato di brutto, di macchine cui era scattato l’allarme e di evacuazione dell’ente presso cui lavora. Poi ha chiamato anche mio padre, e lì ho capito che non si trattava di fervida immaginazione, ma di qualcosa di concreto.
Per un decina di minuti ho pensato davvero che fosse scoppiata una bomba da qualche parte, perché era stato troppo rapido. Sono anche salita sul terrazzo per vedere se c’era fumo da qualche parte. Col senno di poi non è stata una gran trovata, i terrazzi non sono esattamente il posto migliore dove andare quando c’è un terremoto. Poi, santa Adnkronos c’è venuta incontro e abbiamo capito: terremotino da 3.5 della scala Richter, epicentro tra Frascati e Monteporzio Catone, praticamente sulla verticale della scrivania del marito.
Ora, lo so che si è trattato di una scossa da nulla, so che i Colli Albani sono zona sismica, e che lì c’è addirittura un vulcano. Però, mi sento anche un po’ ridicola a dirlo, ho avuto paura. Sarò diventata più ansiosa di quanto non lo fossi prima, sarò scema, non lo so. C’è qualcosa di brutto persino nelle sgroppatine di queste zone, che per fortuna sono in genere di bassa o media intensità, qualcosa che non ti fa sentire al sicuro. E insomma, niente, poi sono uscita, ho fatto spesa, e il casino del centro commerciale preda dei saldi mi ha fatto tornare tutto sommato calma.
Ma con chi stavo parlando a telefono?
Con Rossella Rasulo, e si stava discettando del fatto che sabato 14 luglio, per gli amici sabato prossimo, ore 18.30, faremo una presentazione doppia in quel di Trevignano, un paese splendido sul Lago di Bracciano, meraviglioso lago vulcanico a nord di Roma. È l’occasione non solo per venire a conoscere queste due pulzelle, ma anche per fare un salto in un posto bellissimo. Per chi vuole venirci a sentire, ci troverete in Via Ginori Conte, nella Piazza del Comune. Vi si aspetta!

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Emilia

Era il 1962 ed era agosto. Mia madre era bambina. Ricorda che era stata una bella giornata d’estate, erano stati in gita con tutta la famiglia. Ricorda mia nonna che urlava “il terremoto, il terremoto!”, ricorda la fuga in strada, ricorda i cavalli del vicino, che sembravano impazziti. Soprattutto ricorda il rombo, che è quello che più incute terrore in tutti quelli che hanno avuto la sventura di trovarsi nel mezzo di un terremoto, ed in Italia questa sventura l’abbiamo avuta quasi tutti. Il municipio del paese venne giù di colpo davanti agli occhi di mio zio, che era poco più grande di mia madre. Dormirono tutti in tenda per un mese.
Vent’anni dopo, mia madre era già a Roma, incinta al nono mese. La cucina si mise a ballare fino a toccarle il pancione. Due giorni dopo sarei nata io, e in Irpinia, di nuovo, le case venivano giù come castelli di carte, anche a Benevento. I miei non avevano il telefono in casa, e dovettero chiamare i parenti da una cabina per sapere se stavano tutti bene, se era “stato brutto”.
Io ricordo il settembre del ’97, il terremoto in Umbria. Sentii due scosse, la prima a scuola, e ci fecero evacuare, la seconda a casa. E ricordo un lieve terremoto a Frascati, durante il mio lavoro di tesi. L’osservatorio che trema e vibra, noi che ci guardiamo stupiti. Non tutti sanno che in quella zona c’è un vulcano, il Vulcano Laziale, sotto i laghi di Albano e Nemi, un vulcano che i geologi non ritengono spento. Nelle campagne ogni tanto ancora succede che dal suolo si sprigionino nubi di gas tossico che uccidono il bestiame.
Ricordo soprattutto la notte del 6 aprile 2009, il letto che trema che per un tempo infinito, quell’orrenda sensazione di essere inchiodati ad un presente che sembra non passare mai, ad un tempo immobile, straniero nella tua stessa casa. Le imposte tintinnano, la casa geme. E il rombo. Il suono cupo della terra, viva, sotto i tuoi piedi. Il brontolio di un essere vivente.
Il terremoto fa parte della vita degli italiani. Sebbene da secoli dobbiamo farci i conti, la geologia ancora non sa prevederlo. La scienza non sa tutto, ma resta l’unico strumento che abbiamo per cercare di capire il mondo. Nel frattempo, forse sarebbe ora di fare reale opera di prevenzione. Perché, purtroppo, il terremoto non si può né sconfiggere né contrastare. Ci si può solo convivere.
Intanto, in cuor nostro, ognuno di noi, in questi giorni, ricorda e capisce.

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Guerra – Pace

Art 11 della Costituzione

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Bel modo di festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia, con una bella guerra. Perché siamo in guerra, inutile starcela a menare.
Il potere dice: era necessario per salvare la popolazione civile dai bombardamenti di Gheddafi. Sarò tarda io, ma non ho mai capito come altre bombe possano salvare i civili. E ancora: qualcosa dovevamo pur fare. Se bisognava intervenire, occorreva farlo prima e con altri mezzi: con una forza di interposizione dell’ONU, ad esempio, che non si schierasse a favore dell’uno o dell’altro schieramento, ma che semplicemente separasse i contendenti, e magari imponesse elezioni e vigilasse su di esse.
Così semplicemente facciamo quel che è già stato fatto in Iraq: togliamo un dittatore che non ci sta più simpatico per metterci…chi? Chi ci mettiamo? Vedo profilarsi all’orizzonte quel che è già successo a Iraq e Afghanistan: il caos più totale, l’ingovernabilità, per altro ad un tiro di missile da noi.
Senza contare l’ipocrisia del tutto. Perché non andiamo a intervenire anche in Bahrain? Anche lì sparano sulla popolazione. La situazione è diversa. Perché?
E vi dico di più: io l’ho letto il trattato che sancisce i rapporti diplomatici tra Italia e Libia, e ha ragione Gheddafi, l’abbiamo violato. Ma Gheddafi è un dittatore sanguinario. E allora perché ieri gli abbiamo stretto la mano, l’abbiamo invitato da noi con la sua tenda e gli abbiamo offerto cinquecento fanciulle alle quali potesse delirare? Perché abbiamo stretto un accordo con lui?
Questa era la rivoluzione dei libici, espressione di una parte della sua popolazione, e come tale doveva continuare. I dittatori li abbattono i popoli che opprimono, è così che deve funzionare. Adesso è solo un’altra guerra che porterà altro sangue, altra confusione, altra instabilità.
Le immagini che vedo oggi in tv sono le stesse che vidi ventuno anni fa, quando ero ancora una bambina. Era il 1990 e c’era la Guerra del Golfo. Non è cambiato niente.

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Benché i giornali inizino già a dimenticarselo, il Giappone permane in una situazione di estrema prostrazione e di emergenza, e non solo per la questione Fukushima, ma soprattutto per il terremoto e lo tsunami. Io penso ancora a Tokyo, ci penso da dieci anni.
Lara Manni ha promosso questa iniziativa: si tratta di un blog che contiene al momento sessanta racconti scritti da professionisti e non. Alcuni sono stati redatti per l’occasione, e parlano in qualche modo del Giappone, altri no. Quel che vi chiediamo è di fare un’offerta a Save the Cildren, che in questo momento si sta occupando anche di Giappone. Donate quel che volete, anche pochissimo, ma, se potete, fatelo.
Due parole sul mio racconto. Non è stato scritto per l’occasione, ma è una cosa che avevo buttato giù nel 2007 per I Confini della Realtà. L’idea è ancora più vecchia. Mi venne in mente un giorno in aereo: stavo iniziando a sconfiggere la mia paura di volare, ma ancora non mi sentivo esattamente tranquilla a volare. Come sapete, nell’antologia poi ci finì Nulla Si Crea, Tutto Si Distrugge, e questo racconto qui finì nel cassetto. Mi è venuto in mente appena sono stata contattata per questa iniziativa. L’ho rimesso a posto sabato, ho riscritto alcune parti, ho completamente cambiato la scansione degli eventi e infine l’ho spedito. Non so se sia adeguato o meno all’occasione, visto che non parla né di Giappone né di terremoti, ma in qualche modo non ha mai smesso di parlarmi dal 2007, chiedendomi di essere messo a posto, e di essere letto. Mi appartiene molto, quando e se lo leggerete capirete perché.
Intanto, grazie a tutti.

Autori per il Giappone

P.S.
Non ce l’ho detto esplicitamente, ma ovviamente sono ben graditi i commenti sul racconto, eh? :)

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