Di recente ho letto un libro straordinario. In verità è in generale una buona annata, ho infilato molti bei libri di recente, ma di questo vi parlo non solo perché è molto bello, ma perché lo trovo necessario. Si chiama Lui è Tornato, di Timur Vermes. La trama è presto detta: Hitler si risveglia ai nostri giorni. Ha viaggiato nel tempo. Anche se sono passati quasi settant’anni dalla sua morte, però, non è molto cambiato, e il suo obiettivo rimane uno solo: il potere assoluto per sé e per la Germania. Cambiano solo i mezzi: stavolta, Hitler si imporrà con la televisione, diventando, udite udite, un comico. La sensazione di dejà-vu che molti di voi avranno è dovuto al fatto che la cosa, ahimé, è estramamente plausibile.
Innanzitutto, il libro è divertentissimo. Per ragioni di trama e sviluppo, lo associo ad un altro libro straordinario:
A Volte Ritorno. Lì tornava Gesù, qui sostanzialmente il diavolo, ed entrambi gli autori scelgono la via dell’umorismo e della satira per spiegarci questi ritorni.
Lui è Tornato è un libro appassionante, divertente, e la cosa non è affatto scontata, visto che tutto è raccontato dal punto di vista di Hitler, che parla in prima persona. Pensateci: l’autore riesce a farci appassionare ad un personaggio come Hitler, che, nell’immaginario contemporaneo, rappresenta la più forte incarnazione del male assoluto. Ed è proprio dalla sensazione di straniamento che si prova all’idea di parteggiare per Hitler che nasce la riflesione. Perché Lui è Tornato non è solo un libro divertente e appassionante: è soprattutto una riflessione spietata sui nostri tempi e sul rapporto tra masse e capo carismatico.
Ho letto un paio di interviste di Vermes, e lui sostiene che sostanzialmente la Germania non ha ancora fatto davvero i conti col suo passato nazista. La vulgata racconta di un Hitler cattivo che ha preso il potere con la forza, e addossa al dittatore tutta la responsabilità dell’accaduto. Peccato che Hitler divenne cancelliere con mezzi democratici, e che nessun dittatore può rimanere al potere senza l’appoggio di una fetta consistente della popolazione.
Ecco, Vermes svela il legame oscuro tra dittatore e folla, rivela a noi stessi un desiderio tremendo che ci abita tutti, quello di abbandonarsi completamente alle farneticazioni del Capo, che ci libera dal peso del dover pensare con la nostra testa e ci dà una descrizione del mondo rassicurante. Certo, il nazismo rappresenta per il popolo tedesco una ferita, e dunque la sua rinnovata affermazione non avviene così, senza qualcosa che renda sopportabile il ritorno di certi simboli. Pian piano la popolazione si riabituaall’idea di un Fhürer, al saluto nazista e alle deliranti teorie della razza grazie all’idea che, tutto sommato, sia solo ironia, che quello di Hitler sia un gioco. Pensateci: funziona davvero così. I contenuti più aberranti sono stati proposti recentemente sotto la patina della “libertà di satira”, e sono in tanti quelli che di fronte ad un Borghezio che disinfetta i vagoni del treno dove siedono le prostitute ride, dicendosi che è una provocazione, e intanto si dice che sotto l’eccesso c’è comunque un fondo di verità. Ecco, quando si fa così si scherza col fuoco. Negli anni ’30 molti pensavano di poter neutralizzare Hitler, e non lo prendevano molto sul serio quando diffondeva la sua ideologia. Hitler li ha schiacciati tutti.
L’Hitler del libro, come quello reale, del resto, non è un grand’uomo: è un poveretto che ciancia di cose che non capisce, prigioniero della sua delirante logica. Ma ha una sola, straordinaria capacità, e l’intelligenza per usarla: conosce la psicologia delle masse, e sa affascinarle. La chiave del suo trionfo sta tutta qua. Hitler fa leva sui sentimenti più oscuri che ci abitanto, sul desdierio di farci solo gli affari nostri, di schiacciare chi non ci piace, nell’illusione di poter bastare a noi stessi. La patina di civilizzazione che ricopre la nostra società è sottilissima, e Hitler la spazza via. Sotto, c’è ancora il razzismo, l’odio, il desiderio di appartenere a qualcosa, anche qualcosa di aberrante, ma che dia un senso superiore alle nostre vite.
Il percorso dell’Hitler di Vermes è terribilmente plausibile, e c’è gente che dopo il ’45 l’ha compiuto tutto con successo. Occorre essere vigilanti, perchè le società democratiche sono assai più vulnerabili di quel che si creda e basta poco per cadere. Vermes questo ce lo mostra chiaramente, spietatamente: sessant’anni di pace non bastano per far penetrare a fondo una vera cultura democratica. Più gli anni passano, più ci dimentichiamo come è potuto accadere quel che è successo, e le tecniche di manipolazione delle masse si affinano sempre più, in forme che spesso non siamo neppure in grado di riconoscere.
Io questo libro qua lo farei leggere nel scuole. S’impara di più su Hitler, il nazismo e la democrazia qua che in tanti libri di storia. Soprattutto Vermes decostruisce il mito, che è il primo passo per non farsi affascinare del demoagogo. Hitler è un populista, le sue capacità iniziano e finiscono nel saper tenere in mano la folla. Eppure basta. Perché siamo sin troppo sensibili al fascino della moltitutdine, all’idea che esista qualcuno in grado di dirci senza ombra di dubbio cosa è giusto e cosa è sbagliato. Perché forse la follia, ricorda Vermes nelle parole di Peter Ustinov, è l’assenza di dubbi, ed è una follia molto, molto comtemporanea.
Consigliatissimo.
Bonus
In quel di Cava, una settimana fa, ho fatto un’intervista coi ragazzi di Isola Illyon: eccovela qua. Io mi sono divertita molto a farla, spero vi divertirete anche voi a vederla
.